DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Cristina Degli Esposti per Il Giorno - La Nazione – Il Resto del Carlino - www.quotidiano.net
IL CERCHIO si stringe: chi ha aiutato Igor nella sua latitanza - almeno quella delle ultime settimane - avrà presto gli investigatori alle calcagna. Perché l' incidente, l' altra sera sul pick-up rubato all' allevatore ucciso, che ha fermato la sua fuga inguaia e non poco Norbert Feher.
Nell' abitacolo la Guardia civil ha trovato il suo zaino e dentro quello che i carabinieri volati venerdì in Spagna speravano di trovare: un cellulare, un tablet, un pc e alcune chiavette usb. Bingo. Tutti i contatti del serbo sono lì dentro, tutti i suoi movimenti: le vecchie utenze note agli inquirenti non erano più state usate da marzo.
IGOR VACLAVIC ARRESTATO IN SPAGNA
Per i carabinieri, coordinati dal pm Marco Forte, sono molteplici i possibili fiancheggiatori del 36enne di Subotica che in questi quasi nove mesi di fuga possono avere avuto un ruolo.
ALCUNI anche inconsapevolmente, solo per avergli dato un passaggio (ma potrebbe avere percorso molti tratti a piedi). Altri invece, ad esempio, potrebbero aver acquistato per suo conto i cellulari e le sim di cui era sempre dotato.
Una ventina i nomi rimasti ancora al vaglio, meno però quelli che potrebbero avere avuto un ruolo attivo. E ai quali sarà possibile contestare un' accusa in giudizio. Parte di questi - nell' elenco ci sono parenti, ex compagni di carcere, conoscenti e criminali - sono già stati sentiti, nei mesi a sommarie informazioni. Altri non sanno nemmeno di essere sotto la lente.
Nello zaino c' era anche dell' altro: quattro pistole. Due sono le Beretta rubate agli agenti uccisi l' altra sera. E due potrebbero essere la 'dote' portata dall' Italia. Perché quando Igor scompare nel nulla ha con sé la Smith&Wesson rubata alla guardia giurata di Consandolo, a fine marzo e la pistola di Marco Ravaglia, la guardia provinciale ferita nel conflitto a fuoco nel Mezzano, l' 8 aprile, in cui morì Valerio Verri.
Due pistole e una quarantina di colpi, mentre il fucile l' aveva rotto il 1° aprile, nella colluttazione con Davide Fabbri a Budrio. Una perizia balistica stabilirà inoltre se la pistola che sparato in una fattoria il 5 dicembre, ferendo un fabbro e un anziano, sia una di quelle in suo possesso. Oggi i carabinieri effettueranno sopralluoghi nei luoghi della mattanza spagnola, alla ricerca di indizi. Gli stessi che di solito Igor lasciava nei covi usati nella zona rossa o nei suoi luoghi d' appoggio stabile.
CHI chiamava Igor? In questi mesi gli inquirenti non avrebbero mai intercettato una telefonata diretta del serbo con qualcuno. Ma diversi contatti, di vario tipo. Tracce informatiche e di traffico telefonico che portavano in Spagna e in Austria, dove in quest' ultimo Paese è possibile acquistare schede non intestate.
A Madrid si trovavano amicizie del serbo che disponevano anche di un paio di appartamenti. A Valencia vecchie 'fiamme' di Igor con le quali però i contatti erano datati.
A Malaga un vecchio compagno di cella e contatti con precedenti del mondo della droga. Mentre in Francia conduce una pista di documenti falsi. Ma è dalla Serbia dove i carabinieri hanno avuto gli indizi maggiori, da quei parenti che riuscivano ad avere informazioni su di lui tramite mediatori, incontrati di persona. In pieno stile latitante di lungo corso.
NELLA SPAGNA TERRORIZZATA DA IGOR «SANGUE E RUBERIE TUTTE LE NOTTI»
Nicoletta Tempera per Il Giorno-La Nazione – Il Resto Del Carlino – www.quotidiano.net
EL VENTORRILLO è una scritta in blu sbiadita su una cascina diroccata. Tutt' intorno è il deserto.
Strade sterrate, aride, battute dal vento, arbusti bassi e secchi, vecchi casolari senza più pareti, né padroni. Sembra la Mesa, questo angolo di Spagna dove si muove solo la polvere, alzata dal passaggio dei fuoristrada della Guardia civil. La polizia spagnola, come otto mesi fa i carabinieri nella Bassa, pattuglia l' accesso ai sentieri che portano alla finca dell' ultimo atto della saga di sangue di Norbert Feher.
Igor el ruso, come lo chiamano qui, ora è chiuso in una camera di sicurezza nella vicina cittadina di Teruel. Questa mattina sarà sottoposto all' equivalente iberico della convalida. Giovedì sera, erano da poco passate le 19, il killer serbo del barista di Budrio Davide Fabbri e del volontario di Portomaggiore Valerio Verri ha sparato a bruciapelo al proprietario del Mas del Saso, José Luis Iranzo, e ai due poliziotti dell' equipaggio 'Roca', specializzato nel contrasto ai furti nelle proprietà agricole, Victor Romero e Victor Jesus Caballero, che erano con lui. E ieri, per tutta la giornata, il personale della Scientifica ha setacciato la cascina.
FEHER, nella sua instancabile peregrinazione latitante, aveva trovato in questo vecchio complesso il suo ultimo rifugio. Isolato, lontano dalla strada poco trafficata che conduce da Andorra ad Albarate de Arzobispo. Dieci minuti di auto separano i due pueblitos.
E Igor, da almeno un mese, sopravviveva qui, in questo fazzoletto di terra. Si nascondeva nelle case disabitate, rubava di notte cibo e vestiti. Si comportava come sapeva, come aveva già fatto, per anni, nella Bassa tra Ferrara e Bologna. Realtà diversissime, l' Aragona e l' Emilia, ma per tanti versi famigliari. I canali e la nebbia non sono il vento e la sabbia. Ma le tante case sperdute tra le campagne, vissute solo come appoggi per il lavoro agricolo o come residenza per le vacanze, sono le stesse.
COME la piccola villetta di Almozara, su Rio Martin, nascosta da un canneto, tra collinette di terra rossa e sassi. Qui, lo scorso 5 dicembre, un uomo ha sparato al proprietario di casa, Moreno, e al fabbro che lo aveva accompagnato perché da qualche giorno la serratura non funzionava. «Da almeno una decina di giorni c' erano furti frequenti nelle case qui intorno», racconta Samuel, un amico di Moreno. «Eravamo preoccupati, ma non avevamo idea. Pensavamo fosse un ladro comune. Poi ha sparato in pancia a Moreno e anche al fabbro, lo ha colpito al braccio». Un assassino, scambiato per un ladro di polli. Ma ancora, dieci giorni fa, non era Igor. «Non avevamo paura, perché non sapevamo».
Lo ripetono ad Albalate e Andorra, dove nel pomeriggio, nella piazza di fronte alla cattedrale di Nuestra Senora de la Natividad una folla piange, ma in un silenzio pesante e composto, il suo concittadino Iranzo. I funerali dei due agenti della Guardia civil ci sono già stati, nella mattina. È uno strazio collettivo. Un déjàvu che parla un' altra lingue, ma porta le stesse lacrime.
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