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Eleonora Capelli per la Repubblica
Voleva allattare il suo bimbo di cinque mesi davanti alle opere del pittore Wolfango, in mostra a Bologna, ma si è sentita dire che non era possibile a causa del «divieto di introdurre cibi e bevande».
La vicenda raccontata da Chiara Cretella, quarantenne assegnista di ricerca dell’università di Bologna, è solo l’ultimo caso che solleva il tema dell’allattamento in pubblico. La neomamma, che analizza le politiche di genere all’università, si è scontrata con la dura realtà che i suoi studi cercano di indagare.
«Ero a un convegno a Palazzo d’Accursio, sede del Comune, e volevo sedermi nella saletta dove è allestita la mostra per allattare mio figlio - spiega Chiara - ma mi è stato detto che non potevo per il divieto di introdurre cibi e bevande. Il papà di mio figlio si è un po’ alterato, io ho preferito lasciar perdere, ma se bisogna nascondersi per allattare vuol dire che la maternità non è più un valore».
L’amministrazione comunale ieri sera è corsa ai ripari, chiarendo che il personale della mostra è quello di una ditta esterna, che l’addetto in realtà non voleva far sedere la signora di fianco alla cassa (anche se l’ingresso è gratuito) e che «tutte le mamme che allattano sono le benvenute a Palazzo d’Accursio ».
Ma Chiara Cretella e il suo bimbo non si sono sentiti proprio così lo scorso 14 dicembre, quando hanno dovuto cercare in fretta e furia un’altra sala, aiutati da una volontaria e da una consigliera comunale del Pd accorsa per sbrogliare la questione. Non si tratta, secondo la mamma del piccolo che reclamava il latte, di un “difetto” dell’istituzione comunale, che anzi è «un esempio eccellente in Italia dal punto di vista delle pari opportunità», ma dell’«impreparazione di un singolo », che mette in luce un problema culturale ampio e radicato.
«Io devo portare mio figlio con me al lavoro perché il bando per l’asilo nido ci sarà solo in giugno - spiega la neomamma l’allattamento al seno è consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità, eppure io non posso praticarlo se non ci sono le condizioni oggettive. La mentalità che c’è dietro questi gesti è quella di un mancato sostegno alle mamme, l’allattamento per noi non è più un gesto familiare».
Piccoli gesti, incidenti quotidiani, come quello riportato da Raffaella Sottile, una mamma di Imperia, che dopo essere stata allontanata da un ristorante ha deciso di lanciare la petizione «Allattamento è... ovunque lo desideri». Sulla piattaforma change. org la sottoscrizione che chiede un legge a difesa delle mamme che allattano in pubblico ha già superato le 26 mila firme.
Una battaglia che accomuna la quotidianità delle mamme in giro per il mondo, dalla ricercatrice universitaria alla fotomodella. La sudafricana Candice Swanepoel, per anni sulle passerelle con la biancheria di Victoria Secret’s, è stata criticata per aver pubblicato su Instagram la foto di suo figlio che prende il latte. «Mi è capitato di sentire il bisogno di coprirmi, vergognandomi di dover allattare mio figlio in pubblico ha scritto nel post che accompagna lo scatto - eppure nessuno dice niente delle mie foto artistiche in topless».
Un concetto che la bolognese Cretella traduce così: «Oggi il seno può essere solo quello di plastica, delle pubblicità e dei corpi continuamente esposti, ma non quello di un gesto che richiama un bisogno primordiale e quindi deve rimanere nascosto ». Persino la modella Bianca Balti venne criticata sui social per aver pubblicato le foto insieme alla figlia Mia di un anno attaccata al seno, e da mamma reagì con molta durezza.
Del resto per le neomamme che vogliono liberamente visitare mostre ed esposizioni vale la lezione delle donne di Madrid, che nel 2007 manifestarono pacificamente allattando i loro figli al Prado, dopo che una di loro era stata allontanata dalla sala della Maya Desnuda. Oppure vale il consiglio di una lettrice: «Io allatto dove voglio - dice Silvia - poi se qualcuno non è d’accordo, gli lascio in braccio mia figlia urlante per un paio di minuti».
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