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Fabrizia Malgieri per www.corriere.it
In principio fu un brevetto realizzato dall’ingegnere e inventore statunitense Chuck Hull nel 1986, il quale – dopo aver introdotto per primo il concetto di stereolitografia (tecnica che permette di riprodurre oggetti tridimensionali a partire da dati generati da un software) – ha ufficialmente dato inizio a quella tecnologia che oggi conosciamo come più semplicemente “stampa 3D”.
Con l’evolversi della tecnologia e con l’introduzione di tecniche e materiali sempre più performanti, la stampa 3D ha subito un impulso significativo negli ultimi anni, anche perché, con la riduzione dei costi delle stesse stampanti 3D, gli stessi prezzi di produzione di componenti e pezzi di ricambio si sono ridotti drasticamente, dando vita ad un mercato particolarmente fiorente che ha interessato i settori più variegati.
Tra questi, c’è anche il redditizio settore della produzione di «sex dolls» e appena poche settimane fa, una delle aziende leader chiamata Doll Sweet (DS) ha presentato un nuovo metodo di sviluppo per i suoi "sex bot" al VR Expo di NanChang City in Cina, volto a ridurre drasticamente i loro costi e aumentarne la produzione.
L’uso della stampa 3D per ridurre i costi di produzione
Se prima dell’incremento della stampa 3D, la produzione di questi «sex toys» aveva un costo particolarmente elevato, in quanto si affidava ad un processo di modellazione legato a stampi e calchi, grazie a questa nuova tecnologia DS Robotics (la divisione dedicata di Doll Sweet) è ora in grado di riprodurre le parti di queste bambole in modo drasticamente più veloce. Infatti, velocizzando il processo di catena di montaggio, aumenta la produzione e i robot risultano, di conseguenza, meno costosi non solo per chi li realizza, ma anche per l’utente finale.
BAMBOLA DEL SESSO VERSIONE SAILOR MOON
Tratti realistici, ma qualche limitazione
Affinché questi robot abbiano un aspetto più realistico rispetto alle bambole tradizionali, alcune loro componenti, a partire dal volto, vengono dunque realizzate con la stampa 3D. Tuttavia, i clienti di DS Dolls non potranno fare richiesta di una replica del viso di una persona reale o di una celebrità. Gli acquirenti, infatti, potranno scegliere il volto da applicare alla propria bambola solo da un gruppo di modelle consenzienti, questo per evitare che vengano utilizzate i tratti di donne reali che non abbiano dato il loro consenso.
Questo nonostante la stampa 3D abbia compiuto importanti passi avanti in altri settori per creare repliche umane quasi identiche, ma è senza dubbio una scelta molto importante per preservare la privacy e l’identità reale di donne che non abbiano concesso esplicita autorizzazione alla riproduzione.
Lo scheletro robotico della bambola viene a sua volta modellato su un corpo reale per replicare movimenti umani realistici, anche se DS Robotics non è al momento intenzionata ad applicare questa tecnologia ai suoi sexbot. Tale scheletro, infatti, è in fase di sviluppo per i robot usati come hostess per l’accoglienza in esercizi quali negozi e ristoranti. Infine, DS ha già fatto sapere che offrirà maggiori dettagli su questo progetto, a partire da una sua possibile data di lancio, nel corso del prossimo anno.
Il futuro "a basso costo" grazie alla stampa 3D
Se fino ad oggi la realizzazione di questi prodotti è sempre stata particolarmente onerosa, ci sono ottime possibilità che con l’utilizzo della stampa 3D i sexbot si avviino addirittura verso una produzione di massa, diventando più accessibili alla clientela. Di certo, il caso di una compagnia come DS - che dà vita a produzioni molto costose - dimostra quale possa essere il valore aggiunto nell’uso e nell'applicazione di questa tecnologia, capace non solo di ridurre i suoi costi avvalendosi di una produzione in serie prima impensabile, ma anche di dare vita a creazioni molto realistiche e praticamente identiche agli originali. Ma in questo caso, ovviamente, solo ed esclusivamente con il consenso delle dirette interessate.
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