DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Elena Dusi per “la Repubblica”
Sedicimila e ottocento scosse più tardi la terra si è spezzata di nuovo. Da quel 24 agosto che distrusse Amatrice e i paesi circostanti con un terremoto di magnitudo 6.0 sono passati due mesi e una lunga scia di tremori. Ieri sera, una trentina di chilometri più a nord, i sismografi sono tornati a scuotersi, toccando prima magnitudo 5.4 alle 19:10, poi magnitudo 5.9 alle 21:18. Gli eventi di ieri e quelli del 24 agosto sono sicuramente collegati, spiegano fin da subito gli esperti.
Lo stillicidio dello sciame di assestamento dopo Amatrice era stato lungo, ma fino a ieri aveva seguito “un comportamento da manuale”. Anche se le scosse stavano calando in numero e intensità, però, nessuno aveva mai escluso che si potesse verificare il cosiddetto “effetto domino”. La faglia sotterranea che si era attivata il 24 agosto poteva aver “caricato di energia” una faglia adiacente, mettendola in condizioni di rompersi da un momento all’altro.
È quel che è avvenuto ieri sera. I geologi non sono sicuri se a spezzarsi sia stata una nuova faglia o l’estremità settentrionale di quella vecchia. «Le due faglie sono in qualche modo collegate, ma hanno anche un elemento di separazione, altrimenti si sarebbero rotte insieme il 24 agosto» spiega Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e direttore del Centro nazionale terremoti. «E meno male che è andata così» aggiunge Stefano Salvi, sempre dell’Ingv. «Se si fossero spezzate contemporaneamente avrebbero generato un terremoto ancora più forte».
AMATRICE - GLI SFOLLATI NELLA TENDOPOLI
Come ad Amatrice, i due terremoti di ieri hanno dato la stura a uno stillicidio di scosse secondarie. «Sì, ora ci aspettiamo un nuovo sciame» conferma Amato. Solo nella prima parte della notte si sono contati una trentina di sismi. «Gli eventi di oggi — ha commentato a sismografi ancora caldi Massimo Cocco dell’Ingv — ha perturbato ulteriormente la crosta terrestre. Nelle prossime ore sono possibili altre scosse, che potrebbero sommarsi a quelle del proseguimento della perturbazione del 24 agosto».
Il “doppio colpo” non è d’altronde una novità in sismologia. «È già successo in passato che terremoti di energia importante come quelli del 24 agosto abbiano generato altri eventi di forte magnitudo» spiega Warner Mazzocchi dell’Ingv. «È avvenuto ad esempio nel 1976 in Friuli, dove tre mesi dopo la prima scossa ce ne fu un’altra. E ancora nel 1997 nelle Marche. In Emilia Romagna il sisma del 20 maggio 2012 fu seguito da un’altra scossa di magnitudo simile, nove giorni più tardi».
La stessa Us Geological Survey descrive l’Appennino Centrale come una sorta di labirinto, con faglie sismogenetiche — cioè instabili e dunque capaci di generare terremoti — che si susseguono ogni pochi chilometri. «Quante sono? Non le possiamo certo vedere. Ne veniamo a conoscenza nei dettagli solo dopo che si sono attivate, cioè all’indomani di un terremoto» spiega Concetta Nostro dell’Ingv.
Ad Amatrice, ad esempio, fra i 20 e i 30 chilometri di faglia si sono spezzati all’improvviso. Mille chilometri cubi di terra sono improvvisamente crollati, di mezzo metro in alcuni punti e di un metro in altri. Il suolo a livello dell’epicentro si è abbassato di 80 centime- tri, come hanno testimoniato i satelliti nei giorni successivi. Il rischio che un evento così imponente avesse attivato altre faglie vicine non era mai stato considerato remoto. L’Aquila nel 2009 (magnitudo 6.3), Colfiorito nel 1997 (6.0), Norcia nel 1979 (5.8), Gualdo Tadino nel 1998 (5.1) sono solo i principali anelli della catena dei terremoti recenti in queste regioni.
All’origine del “domino” che a cadenze abbastanza regolari provoca distruzione sulle montagne dell’Italia centrale c’è la rotazione in senso antiorario degli Appennini. Abruzzo, Umbria e Marche si spostano alla velocità di 1-3 millimetri all’anno verso nord-est. Lo stivale che si gira “stira” l’Appennino e comprime la Pianura Padana, che infatti è stata colpita nel 2012.
«Milioni di anni fa — spiega Salvi — le nostre catene montuose si sono formate per effetto della pressione della placca africana contro quella europea. Oggi assistiamo a un rilassamento di questi sforzi. In alcuni punti le placche addirittura hanno iniziato ad allontanarsi. Le fratture ereditate dalla fase di compressione ora si trovano nella condizione opposta. Questo provoca una situazione molto ma molto frastagliata».
Aggiornando in continuazione la mappa delle faglie sismogenetiche e monitorando gli spostamenti della crosta terrestre con i gps, oggi i geologi sono in grado di sapere dove, e con quanta forza, un terremoto colpirà. Il dato che ancora manca alla loro equazione — e presumibilmente continuerà a farlo ancora per anni — è il momento esatto in cui la terra si spezzerà.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA…
DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…