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Fabrizio Peronaci per il “Corriere della Sera - Roma”
Dopo oltre 32 anni, cala il sipario. L’inchiesta su uno dei gialli più famosi del Novecento - il rapimento della figlia del messo pontificio di Karol Wojtyla, finita in un torbido intrigo che mobilitò le cancellerie di mezzo mondo, chiamò in causa il terrorista turco Agca e fu inquadrato nei bagliori della Guerra Fredda poi vinta, da protagonista, anche dal pontefice polacco - si conclude con un nulla di fatto.
La notizia è trapelata ieri a mezzogiorno: il gip Giovanni Giorgianni ha respinto le opposizioni alla richiesta di archiviazione del caso di Emanuela Orlandi e dell’altra quindicenne scomparsa (Mirella Gregori), presentata dal procuratore Giuseppe Pignatone in dissenso con Giancarlo Capaldo, il magistrato che più di ogni altro ha investigato sul doppio giallo. Tutti prosciolti i sei indagati.
Si tratta dei supertestimoni Sabrina Minardi, ex amante del boss «Renatino» De Pedis, e Marco Accetti, il fotografo che si è autoaccusato del sequestro (sostenendo di aver agito per conto di una fazione vaticana contraria alla politica di Wojtyla), di Pietro Vergari, ex rettore di S. Apollinare (da cui nel 2012 fu rimossa la tomba dello stesso De Pedis) e di tre elementi della banda della Magliana, tra i quali Sergio Virtù, l’autista di «Renatino» indicato come colui che si occupò degli spostamenti della giovane Orlandi.
L’archiviazione consegna dunque ai libri di storia (che in taluni casi già ne parlano) il più famoso dei cold case italiani. Non ci saranno altre indagini sulle due ragazzine rapite, che oggi avrebbero 47 anni, a meno che la Cassazione non disponga diversamente o non emergano fatti nuovi (ad esempio una testimonianza che fornisca una prova-regina).
Alla prima ipotesi ha fatto riferimento ieri il fratello di Emanuela. «Non ci arrendiamo, valuteremo con i nostri legali le azioni da intraprendere e anche il ricorso in Cassazione - ha commentato Pietro Orlandi -. Rinnovo l’appello a papa Francesco perché ci aiuti ad arrivare alla verità».
Nelle 63 pagine del provvedimento, il gip ha svolto un lungo riepilogo della vicenda, per concludere: «Gli accertamenti probatori acquisiti nelle indagini non sono provvisti della consistenza, neppure indiziaria, necessaria a sostenere l’accusa in giudizio e a giustificare un vaglio dibattimentale».
Il fratello di Emanuela Orlandi
Il materiale investigativo accumulato, aggiunge Giorgianni, «non ha mai acquistato un sufficiente grado di coerenza, precisione e concordanza». Tra gli indagati che hanno contribuito a rendere nebuloso il quadro viene collocato Accetti, nonostante sia stato lui a fornire il flauto che la famiglia ha riconosciuto come quello di Emanuela: «La sua personalità è caratterizzata da smania di protagonismo».
Meno drastico il giudizio sull’altra superteste e sul presunto coinvolgimento della banda della Magliana. Le perplessità riguardano essenzialmente «l’incapacità della Minardi di fornire informazioni precise ai fini dell’individuazione del luogo del disfacimento del cadavere».
L’inafferrabile enigma sulla «ragazza con la fascetta» (datato 1983) va così ad aggiungersi agli altri gialli «storici» sui quali la magistratura romana ha di recente alzato bandiera bianca: dall’omicidio Pasolini (1975) alla scomparsa di Ettore Majorana (1938). Sul caso Orlandi-Gregori, l’impegno di almeno due generazioni di magistrati non è valso ad acquisire elementi sufficienti a sostenere, in una Corte d’assise, né la pista dei ricatti riconducibili a una lotta tra fazioni ecclesiastiche al tempo della Guerra Fredda, né quella dell’estorsione da parte della «mala», che aveva interesse a recuperare i soldi prestati allo Ior dopo il crack del Banco Ambrosiano.
E ieri sera, nella marea di commenti di delusione riversati sui social network (specie nella pagina Fb aperta da Pietro Orlandi) spiccava una nota di giubilo. Era il messaggio scritto da Carla De Pedis, la vedova del boss ucciso nel 1990, poi celebrato come «Dandi» criminale in film e fiction di successo: «Questa dovrebbe essere una bella giornata anche per gli Orlandi.
Emanuela Orlandi a sinistra scomparsa a anni e De Pedis depedis
Finalmente un Giudice cestina tutta l’immondizia, non badando neanche alla differenziata. La cestina e basta. Ma come si faceva a credere ad una Minardi, tossicodipendente e prostituta... E non mi pronuncio su Accetti: a me i romanzi di fantasia non piacciono...»
emanuela orlandi ppEmanuela Orlandigenitori emanuela orlandi
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