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Francesco Bellavista Caltagirone
Teodoro Chiarelli per “la Stampa”
Lo scandalo del porto turistico di Imperia non esiste. Almeno secondo il tribunale di Torino dove si è tenuto il processo. Assolto, perché il fatto non sussiste, l’imprenditore romano Francesco Caltagirone Bellavista, principale imputato. Prosciolti dalle accuse di truffa aggravata e abuso d’ufficio anche gli altri nove imputati. Due sole le condanne, a otto mesi di reclusione e a 300 euro di ammenda. Per conoscere le motivazioni della sentenza, a dir poco clamorosa, bisognerà aspettare 90 giorni.
La vicenda giudiziaria era esplosa il 5 marzo 2012 con l’arresto di Caltagirone Bellavista: l’imprenditore, 75 anni, fu arrestato mentre usciva dal municipio di Imperia. Restò in carcere nove mesi. A più riprese, nonostante l’età, gli furono negati gli arresti domiciliari: fu respinto anche un ricorso in Cassazione. I giudici ritennero ogni volta che ci fosse il rischio che inquinasse le prove. Ieri, alla lettura della sentenza, l’imprenditore ha abbracciato a lungo i suoi legali.
Camillo e Francesco Bellavista Caltagirone
«Non ho parole per i giudici - ha commentato - Sono contento che in Italia ne esistano così. La cosa peggiore mentre ero in carcere è stata che la Procura di Imperia mi abbia impedito la difesa, con un accanimento contro imputati innocenti».
Raggiunto telefonicamente, Caltagirone ostenta tranquillità: «Sto festeggiando con i miei figli». Ed ha ancora elogiato la corte torinese presieduta dal giudice Cristina Domaneschi. «Non ho sentimenti di vendetta. Sono orgoglioso di essere stato giudicato da tre giudici donna di grande onestà intellettuale. Hanno deciso sulla base dei fatti, senza pregiudizi».
Diverso il discorso sul pm di Imperia. «Contro di me c’è stato accanimento. Non solo per la sofferenza dei 9 mesi di carcere. Mi hanno pesato l’impossibilità di difendermi e l’ingiustizia della custodia cautelare. E ogni volta si opponevano alla scarcerazione in maniera pregiudiziale».
Nel processo di Torino, quella della difesa di Caltagirone Bellavista è stata una vittoria su tutta la linea. Il pm Giancarlo Avenati Bassi, che aveva chiesto 8 anni per Caltagirone Bellavista e la condanna per gli altri imputati, aveva anche presentato istanza di sequestro a fine di confisca di beni per 50 milioni della società Acquamare, la costruttrice del porto, di cui l’imprenditore detiene il 33% delle quote.
BELLAVISTA, PRIMA E DOPO LA GALERA
Anche questa richiesta è stata respinta con tutto il resto. Per l’accusa i costi per realizzare il Porto turistico di Imperia erano lievitati a 140 milioni, ma l’opera non era stata neppure collaudata, con decine di proprietari di posti barca che avevano investito migliaia di euro senza nulla in cambio. Per la realizzazione del porto fu costituita una società ad hoc, la Porto d’Imperia spa, di proprietà per un terzo del Comune, per un terzo di un gruppo di imprenditori facenti capo all’ex ministro di Forza Italia Claudio Scajola, e per un terzo dalla Acquamare, controllata da AcquaMarcia. Le accuse a Scajola vennero archiviate il 7 gennaio 2013.
FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE
La procura di Imperia ha sempre sostenuto che Acquamare avrebbe cagionato un ingente danno patrimoniale (oltre 100 milioni) alla Porto di Imperia spa, dunque anche al Comune e al Demanio. Durante la requisitoria il pm di Torino Avenati Bassi aveva definito quella del porto di Imperia «una truffa colossale» per il Comune di Imperia e per lo Stato». Ora Caltagirone dice: «Sono disponibile a concludere i lavori».
SCAJOLA CON BELLAVISTA CALTAGIRONE TAGLIA IL NASTRO ALLAVVIO DEL CANTIERE DEL PORTO
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