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Quirino Conti per Dagospia
La Moda? Perlopiù, "sostituzioni di sostituzioni". Oltre a un’enormità di oscure interpretazioni congegnate apposta per generare corposi fatturati. La sua storia non è progredita che per "alternanze". Di pieni e di vuoti, oltre a qualsiasi altra quantificazione fosse possibile applicarle.
Ora siamo alle barbe: che, nate per "sostituire" e riempire il vuoto di chiome in ritirata, hanno finito per aggiustare maschilità traballanti o in crisi. Va ricordato che queste, prima di trasformarsi in bende di autorevolezza (scadente a ogni loro comparsa), non erano che barbariche protesi di aggressività, assimilabili alle criniere animali.
Nella nostra modernità si è tornati en masse alle barbe, più o meno consapevolmente, come in precedenza si era ricorsi a occhiali-riempitivo portati al colmo del capo: nulla più di un miraggio sostitutivo, di un inganno percettivo che dalla sommità dell’espressività del volto transita fino al mento; con un risultato finale (la somma degli effetti) che si intuisce come omologo. Similmente ai colori invertiti di una bandiera, che, accettati d’istinto, solo a uno sguardo più attento si avvertono inesatti.
Nulla di più fragile, in questa stagione, del maschile. Cosicché perfino la scalata al potere di illustri politici, un tempo “pelle di pesca”, ha sortito il proprio effetto con
barbe omeriche di supponente irruenza. Altra cosa quelle sui campi di calcio – traballanti rassicurazioni maschiliste – o quelle degli ordini religiosi: traccia e reliquia di lontani culti sindonici o omaggi formali, come nel caso dei Cappuccini, al pontefice protettore.
Di certo la corrente impetuosità femminile ha molto contribuito a questo 'infoltimento pilifero maschile, considerato una fonte pretenziosamente impositiva. Così da scongiurare ogni tentazione di intenerimento materno su volti troppo assimilabili all’infanzia. Quindi, più spesso con barbe al naturale che con barbe giocosamente disegnate come giardini all'italiana.
Per il femminile, il tema della "sostituzione" è forse perfino più evidente, poiché, essendo nelle labbra il ruolo seduttivo e dunque allusivo, questi ultimi mesi, con metà del volto necessariamente negata, hanno convinto la fascia più giovane, in blocco, a un'efficace “sostituzione” del tutto omologa.
E così, eccoci a shorts con un cavallo mai osato in precedenza. Con solo qualche millimetro di tessuto a tutela della parte più intima e nascosta. Pressoché un filamento. Con ogni deduzione, dunque, del tutto legittima; laddove chiunque, convinta del proprio scopo attivamente seduttivo (in filigrana, fecondabile), racconta di sé gran parte delle natiche e, inconsapevolmente, una potenziale disponibilità riproduttiva. Per la prima volta, nelle convenzioni comportamentali europee, pressoché ostentata.
Tempi fragilmente impudici, dunque, questi, come a Venezia nei suoi rantoli terminali: con maschi in fuga e femmine padrone. Le massime meretrici d'Europa, si diceva, cosi come i più celebri sodomiti. Ma solo per i visitatori, giacché i locali erano in tutt’altre faccende affaccendati.
In ogni caso, mentre la Moda ufficiale si affatica a diffondere con un colonialismo sperperone e anacronistico un’estetica ancora trasfigurativa (Dior ad Atene, per esempio, perfino con un finale galeotto di fuochi d’artificio), la strada come sempre intende rafforzare i ruoli più istintivamente sessuali. Terrorizzata da un inevitabile estinzione della specie.
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