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IL TERRORE PRIMO DELLO SCHIANTO - BARRICATO NELLA CABINA COL COMANDANTE CHIUSO FUORI: ANDREAS RIESCE A INGANNARE TUTTI. NON VUOLE CADERE IN PICCHIATA. SCEGLIE PIUTTOSTO UNA DISCESA «LENTA E REGOLARE. “ANDREAS APRIMI”. SILENZIO...

Anais Ginori per “la Repubblica”

 

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Da bambino sognava di essere un piccolo Icaro, immaginava di pilotare aerei grandi lassù, sopra alle nuvole, dove c’è sempre il sole. A quattordici anni aveva già imparato a guidare un aliante biposto nel circolo di Montabaur, paesino a un’ora dall’aeroporto di Düsseldorf. Ora che Andreas Lubitz di anni ne ha ventisette, si trova seduto a destra del comandante, nella cabina di pilotaggio dell’A320 di Germanwings. Ha conquistato il cielo. Sta facendo quello per cui è stato addestrato nel migliore centro di Lufthansa, superando ogni tipo di stress test.

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Piove a Barcellona quando l’aereo si alza in volo dall’aeroporto internazionale El Prat. Il comandante Patrick Sonderheimer e il copilota devono aspettare ventisette minuti sulla pista per traffico intenso. Alle 10.01 l’aereo finalmente decolla. Patrick e Andreas eseguono le procedure di rito, poi si rilassano. Hanno una conversazione che gli investigatori definiscono “gioviale”.

 

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 La giornata per loro è cominciata presto. Sono partiti alle 7.01 da Düsseldorf per atterrare nella capitale catalana poco prima delle nove. Andreas, assunto dal 2013 come copilota nella filiale low cost di Lufthansa, ha già 630 ore di volo alle spalle. Patrick ha volato dieci volte tanto. I due continuano a chiacchierare, sorvolano il Mediterraneo, alle 10.27 raggiungono quota 11.400 metri, l’altitudine di crociera, passano a sud di Tolone, danno l’ultimo messaggio ai controllori di volo di Aixen- Provence: «Direct IRMAR merci 18G». Nell’A320 si spengono i segnali luminosi delle cinture allacciate, anche i 144 passeggeri cominciano a rilassarsi, aspettando lo snack che i quattro assistenti di volo stanno preparando

la porta di cabina di un a320 come quello germanwingsla porta di cabina di un a320 come quello germanwings

 

«Prendi tu il comando». Alle 10.30 Patrick si alza per andare alla toilette. Poco prima, il comandante ha dato al copilota le coordinate per l’atterraggio previsto alle 11.55. Andreas all’improvviso si incupisce. Parla poco, diventa “laconico” secondo gli investigatori che hanno trascritto le registrazioni del Cokpit Voice Recorder (Cvr). E’ l’unico, impercettibile segnale che qualcosa in lui è già cambiato. Troppo poco per insospettire il comandante che esce.

andreas lubitz   germanwingsandreas lubitz germanwings

 

La porta della cabina di pilotaggio si chiude. Non si riaprirà mai più. Qualche minuto dopo, Patrick bussa “dolcemente” per rientrare al suo posto. Aspetta qualche secondo, non ottiene risposta. Attiva l’interfono. «Andreas aprimi». Silenzio. Il comandante digita i codici che permettono di aprire la porta in casi di emergenze, come un malore di uno dei piloti. Non funzionano. “Lock”. Andreas ha chiuso dall’interno. Ormai è solo, padrone assoluto dell’A320 e della vita di 149 persone, tra cui una scolaresca di ragazzi tedeschi che scherzano e ridono all’interno dell’aereo. Ancora non si sono accorti di nulla.

 

la plancia di comando dell airbus a320la plancia di comando dell airbus a320

Nel suo piano mortale, Andreas riesce a ingannare tutti. Non vuole cadere in picchiata. Sceglie piuttosto una discesa «lenta e regolare», attivando alle 10.31 il «flight monitoring system». Le nuvole si avvicinano. Il comandante capisce che qualcosa di irreparabile sta succedendo. «Andreas aprimi ». Ormai Patrick grida, prende a calci la porta blindata. Gli assistenti di volo si avvicinano, urlano anche loro. I passeggeri delle prime file capiscono. «Andreas apri». Silenzio.

 

Nella trascrizione del Cvr si sentono le grida del comandante e i messaggi dei controllori di volo all’interno della cabina. Da terra, i responsabili della sicurezza aerea chiedono ad altri piloti in volo di tentare di agganciare il volo 4U9525 con le frequenze radio interne. Niente. La torre di controllo di Marsiglia ordina di attivare il codice d’emergenza (7077) che in casi disperati si invia a terra tramite trasponder. Niente.

 

andreas lubitzandreas lubitz

Silenzio. Andreas non risponde a nessuno. Nell’audio del Cvr si sente solo il copilota respirare. «E’ vivo, cosciente. Ha respirato fino alla fine» dice il procuratore di Marsiglia, Brice Robin. In realtà, Andreas è già morto dentro. Non parla. Non dice niente per tutta la discesa folle dell’aereo. Vede davanti a sé le valli dell’Alta Provenza attraversate dai fiumi e, in fondo, a ormai pochi chilometri, il massiccio dei Trois-Evêchés, dove cominciano le Alpi verso l’Italia.

 

Neanche questa apparizione maestosa e terribile provoca in lui un sussulto, una reazione. Suonano gli allarmi tecnici che segnalano che l’aereo si sta avvicinando a terra. L’A320 ha funzionato perfettamente fino alla fine. I computer di volo non sono nella testa di Andreas. Mancano ormai poche decine di secondi all’impatto. Si sentono dei botti, forse l’ultimo disperato tentativo di sfondare la porta blindata con un oggetto.

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Il Cvr registra anche le urla che provengono dall’interno dell’aereo, sempre più forti. I passeggeri vedono dai finestrini le montagne avvicinarsi ma non possono fare niente per salvarsi. Sono prigionieri di Andreas e del suoi sogni da bambino che si sono trasformati in un “incubo vigile” come dicono ora gli psicologi cercando di entrare nella mente malata del copilota.

 

La trascrizione della scatola nera finisce dopo 40 minuti e 47 secondi dal momento del decollo. L’A320 urta prima una parete rocciosa. Va a scontrarsi contro il Mont Estrop, il picco più alto dei Trois-Evêchés, a una velocità di 700 km/ora. «Non sappiamo cosa abbia motivato il copilota ma c’era una volontà chiara di distruggere l’aereo» osserva il procuratore di Marsiglia. Un atto terroristico? «Al momento non possiamo definirlo così».

Cabina di un airbus a320 come quello germanwingsCabina di un airbus a320 come quello germanwings

 

Non ci sono rivendicazioni. Andreas non ha detto nulla. Un raptus provocato dal panico? «Aveva superato test psicologici, era assolutamente capace di volare solo, senza alcuna difficoltà» risponde un responsabile Lufthansa. Un suicidio? «Non uso la parola “suicidio” perché è un atto solitario e non di chi ha la responsabilità di 149 persone » precisa il procuratore Robin.

 

Sullo schianto dell’A320 ora c’è un nome e un cognome ma nessuna spiegazione. In meno di 48 ore l’inchiesta è avanzata veloce. Adesso è chiaro chi ha portato contro una montagna l’A320 di Germanwings. Resta l’interrogativo più inquietante: cosa ha spinto il giovane Andreas a bruciarsi le ali? La risposta è dentro a quell’interminabile silenzio.