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Stefano Zurlo per “il Giornale”
BERGOGLIO A SORPRESA NELLA MENSA VATICANA
Sorpresa e scandalo per gli antibergogliani: il Natale non è un santino buonista. Anzi. Non c'è Natale senza Gesù. I regali, le luci, e pure le formule sentimentali buone per tutte le stagioni sono solo un contorno, ma la festa ha un solo perché: l'arrivo del Salvatore su questa terra. Qualcuno non se l'aspettava: Bergoglio che tuona contro le mode alla Bergoglio, prende le distanze da un cristianesimo timoroso e sconfessa di fatto le riduzioni del suo magistero a questo o quell'aspetto. Questa volta il Papa parla forte e chiaro sul significato del Natale e non lascia spazio a interpretazioni sartoriali, vestite sull'attualità.
No, il Natale è il giorno di Gesù, anche se il mondo dimentica la verità più semplice: «Assistiamo a una specie di snaturamento del Natale in nome di un falso rispetto di chi non è cristiano». Altra sorpresa, il pontefice che secondo i tradizionalisti sarebbe troppo accomodante, perennemente genuflesso verso le altre culture e religioni, il Papa presunto terzomondista, non è disposto ad annacquare in nome di un vago ecumenismo la forza dei Vangeli.
Anzi, Bergoglio va all'attacco: chi camuffa o nasconde la propria identità non può dialogare con gli altri. E l'identità del Natale sta tutta nella figura del Bambino venuto al mondo 2mila anni fa, nella notte di Betlemme: «Senza Gesù non c'è Natale. E se al centro c'è lui, allora anche tutto il contorno, cioè i suoni, le luci, le varie tradizioni locali, compresi i cibi caratteristici, tutto concorre a creare l'atmosfera della festa».
Non il contrario: si fa festa perché è nato Gesù, il figlio di Giuseppe non è solo una bella statuina in un presepe pagano. Tutto il buonismo alla maniera di Bergoglio viene contraddetto dal vero Bergoglio. E neanche la predica all'Udienza generale del mercoledì può essere catalogata come un atto d'accusa contro il consumismo. No, le parole del Papa non si fermano alla superficie ma toccano la questione decisiva: senza Gesù il Natale è solo un'illusione.
«Se togliamo lui - prosegue Bergoglio - la luce si spegne e tutto diventa finto, apparente». Nei giorni scorsi il Papa aveva ricordato che Maria e Giuseppe non trovarono posto in albergo a Betlemme e aveva aggiunto che è «Gesù a darci la cittadinanza». Quel discorso, arrivato mentre s'incendiava la disputa sullo ius soli, era stato letto nel recinto italiano come un segnale politico inequivocabile. La conferma di un Bergoglio schierato a sinistra e pronto a infilare profughi e immigrati in ogni ragionamento.
Non è cosi. Il Papa spiega che Gesù è venuto per i peccatori, i deboli, gli ultimi, i naufraghi ai bordi della ricchezza. Ma prima ancora mette Gesù al centro di tutto il suo pensiero: è Cristo a portare il Natale e la speranza che il Natale accende in tutte le case. Per questo Francesco introduce la categoria dell'avvenimento, caro a tanta tradizione e ripreso da don Luigi Giussani, uno dei maestri del Novecento.
Le parole del Papa acquistano, se possibile, un peso specifico maggiore per il fatto di essere rivolte ai gruppi di fedeli arrivati da Siria, Iraq, Terra Santa e Medio Oriente. Luoghi che sono una somma di contraddizioni e aspirazioni irrisolte, luoghi in cui Gesù porta il dialogo. Non la resa.
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