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Cesare Giuzzi per il "Corriere della Sera"
Il referto medico parla di contusioni a uno zigomo, alla tempia e una serie di ecchimosi su tutto il corpo. La prognosi dei medici del pronto soccorso è stata di pochi giorni. Ma il calvario di Beatrice (il nome è di fantasia) è durato mesi. E continua, nonostante le tre «bulle» siano state denunciate dai carabinieri. Adesso vive sull' appennino Reggiano, nella casa del compagno della madre.
Non vuole tornare a Bagnolo in Piano, e soprattutto è terrorizzata dall' idea di riprendere la sua vita di studentessa a Reggio Emilia. Perché, e lo ha detto in lacrime il padre della ragazzina al maresciallo di Bagnolo in Piano, Beatrice non riesce più neppure a prendere sonno.
Questa storia di bullismo tutta al femminile non ha come sfondo contesti familiari disagiati o quartieri problematici. Ma un gruppo di ragazze di 15, 17 e 18 anni che vivono nei dintorni di Reggio e che frequentano gli istituti tecnici Motti e Tricolore nella cittadina emiliana. Tutto inizia la scorsa primavera quando la vittima, 16enne, inizia a frequentare alcune coetanee che dopo la scuola si ritrovano in piazza della Vittoria.
Una di loro, 18enne di origini turche, la prende subito di mira. Beatrice ha la colpa di essere una bella ragazza, e il fidanzato della 18enne (all' epoca ancora minorenne) ne subisce il fascino. Succede così che Beatrice venga vessata dalla ragazza e dalle sue amiche di 15 e 17 anni. Insulti e minacce e i primi schiaffi. La vittima decide di allontanarsi dalla compagnia, ma questo non basta.
Il fidanzato lascia la 18enne e questo, nonostante Beatrice non abbia alcuna intenzione di frequentarlo, peggiora le cose. Due, in particolare, gli episodi contestati dai carabinieri nella loro segnalazione alla Procura dei minori di Bologna. Il primo risale al 15 giugno scorso. Una delle amiche contatta con una scusa Beatrice e le dà appuntamento a Reggio Emilia. Ma quando la ragazzina arriva in stazione, a Bagnolo Soave, si trova davanti l' intero gruppo.
Viene aggredita a calci e pugni: «Ti uccidiamo. Torniamo con altri e vedi come va a finire». L' aggressione viene segnalata dalla famiglia ai carabinieri e partono le prime indagini. Il secondo episodio è della fine di luglio. Stavolta l' incontro è casuale, in piazza della Vittoria.
Beatrice viene circondata, picchiata e le ragazze tentano di strapparle la borsetta. Alla fine riusciranno solo a prendere il portafoglio che sarà ritrovato (vuoto) dalla polizia. Da qui l' accusa di rapina aggravata (dai futili motivi) e molestie.
I carabinieri riescono a risalire alle ragazze grazie all' identificazione di un cellulare, usato dal fratello della 18enne. Poi attraverso le foto pubblicate sui profili Facebook (le giovani, con riferimenti velati alle aggressioni, si vantavano sui social) gli investigatori creano un album per comparare le immagini delle sospettate che vengono riconosciute e identificate. Il timore è che del gruppo facciano parte anche un' altra ragazza e un ragazzo. Ma soprattutto che ci siano altre vittime delle «bulle» che non hanno trovato la stessa forza di denunciare.
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