DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
Monica Serra per "La Stampa"
Gabriel Robert Marincat sharon
Quel che è accaduto davvero dietro i muri giallini e le persiane di legno di una palazzina bassa a Cabiate nel Comasco nessuno, forse, lo poteva immaginare. Non i soccorsi, che lunedì 11 gennaio invano hanno provato a salvare la piccola Sharon Barni, bimba di un anno e mezzo che al loro arrivo respirava appena. Non i carabinieri e i magistrati, che però non hanno creduto alla versione dell'unica persona in casa con lei: il compagno della madre. Gabriel Robert Marincat, muratore romeno di 25 anni, diceva che Sharon si era fatta male con una stufetta mentre giocava. La piccola è morta poco dopo l'arrivo in elisoccorso all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo.
Ieri Marincat è finito in carcere. È stato lui, per l'accusa, a massacrare di botte fino a ucciderla. Sul corpicino sono stati trovati lividi e ferite che testimonierebbero maltrattamenti inferti dall'uomo anche prima dell'11 gennaio. Ma l'autopsia ha anche rivelato che il "patrigno" avrebbe barbaramente violentato la bambina qualche giorno prima della morte. Una verità sconcertante che ha spinto la procura, guidata da Nicola Piacente, a chiedere e ottenere l'ordine di custodia nel giro di ventiquattrore. Troppo grave la condotta, «indice di una grande pericolosità sociale».
Per non parlare del timore che il 25enne, ormai allontanato dalla compagna che aveva iniziato a dubitare di lui, potesse fuggire, magari in Romania. Cacciato da casa, Marincat si era trasferito dai suoi parenti nella vicina Lentate sul Seveso. Ma gli investigatori da giorni gli stavano addosso. Approfondimenti ora saranno disposti anche sulla mamma di Sharon, barista di 24 anni che quel lunedì era uscita dal mattino per andare a lavorare. Perché le vessazioni del compagno sulla piccola andavano avanti da qualche tempo.
È lungo l'elenco delle ferite (su labbra e naso) e dei lividi (alla fronte, agli zigomi, sotto il mento, sulle spalle, sull'orecchio, su braccia e gambe della bambina) trovati dai medici.
Alcuni più datati e sicuramente non compatibili con cadute accidentali o piccoli incidenti domestici. Maricat abitava in quella casa da un paio di mesi. Qualche volta, quando era al lavoro, la donna gli chiedeva di badare alla figlia.
I carabinieri della compagnia di Cantù hanno acquisito i molti messaggi che la coppia si è scambiata nel giorno della morte della piccola. Alle 16.30 il 25enne ha detto alla compagna che Sharon si era fatta male giocando: si era tirata addosso una stufa appoggiata sulla scarpiera. Che aveva pianto, poi si era calmata e si era rimessa a giocare. La compagna però era sempre più preoccupata.
Un'ora più tardi Marincat le ha scritto che la piccola dormiva tranquilla. Solo alle 18.30 le ha detto che Sharon, distesa sul divano, aveva un respiro strano, affannato. La donna spaventata ha chiesto aiuto alla madre, che abita nella stessa corte. La nonna si è precipitata ma per la bambina non c'era più niente da fare: era ferita alla testa, priva di sensi, aveva vomitato. Solo dopo il suo arrivo, il 25enne ha chiesto aiuto ai soccorsi. Ma la storia dell'incidente è sembrata da subito una messinscena.
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