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1 - UN ALTRO RAGAZZO FU DROGATO E SEGREGATO DAL KILLER PER GIOCO
Estratto dall'articolo di Grazia Longo per “la Stampa”
C'è un sopravvissuto alla furia alimentata dallo sballo di due giorni di cocaina. Già un mese fa Marco Prato - arrestato insieme a Manuel Foffo per aver torturato e ucciso Luca Varani dopo un coca party lungo 48 ore - si è rinchiuso nel suo appartamento a piazza Bologna insieme a un trentenne cocainomane come lui, riempiendolo di botte.
In quella circostanza la vittima di calci e pugni è stato salvato grazie alla madre che, preoccupata per la sua sparizione, si è rivolta al 112. Una mossa disperata, dettata dal fatto che tutti gli amici del figlio contattati al telefono avevano spiegato di non essere insieme a lui. Tutti tranne uno.
Marco Prato, appunto. Il bel ragazzo gay, 29 anni, pr di feste nel giro omosessuale che conta nella capitale. A differenza degli altri, Prato non ha mai risposto alle incessanti chiamate della madre disperata. Di qui la decisione di quest' ultima di rivolgersi ai carabinieri.
La scoperta nella casa dello sballo è stata devastante: Marco Prato e l' amico trentenne completamente strafatti e quest' ultimo gonfio di botte. È stata presentata una denuncia per lesioni personali, che però è stata sorprendentemente ritirata.
[…]
2 - LE COLTELLATE IN GOLA PER NON FAR URLARE LUCA
Fulvio Fiano e Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
Che significato ha avuto nella mente dei due assassini quel coltello conficcato (e spezzato) nel cuore del 23enne Luca Varani quando già era morto? L' imitazione di un rituale? E quale sostanza hanno assunto assieme alla cocaina (e all' alcol) tale da scatenare un istinto animalesco e deliri di altro tipo? Insieme con i dettagli del massacro (sui quali ha cominciato a far luce l' autopsia) altri interrogativi restano sospesi attorno all' omicidio di venerdì al quartiere Collatino.
La certezza inquietante è che poteva toccare a chiunque diventare la vittima delle torture di Manuel Foffo e Marc Prato. I due hanno girato a lungo per Roma senza trovare un «profilo» giusto o un luogo appartato per caricare in auto qualcuno. Varani era in questo senso la vittima perfetta. Debole e manipolabile di carattere, abituato a frequentazioni border line, tanto da rispondere prontamente all' invito via messaggio e all' offerta di 100 euro inviata dai killer.
Sul suo corpo - è il responso dell' autopsia completata ieri dal medico legale Giovanni Ciallella - i due si sono accaniti: una martellata in testa per stordire Luca e un primo fendente alla gola per impedirgli di gridare (la ferita si rivelerà poi decisiva). Numerosi tagli fatti con due lame diverse, una quindicina di coltellate e ancora martellate per frantumargli le mani. Infine quella lama - un coltello a serramanico - piantata nel cuore (estratta solo in sede autoptica), come in un rituale esoterico.
Quanto dura la mattanza? Qualche minuto, un' ora al massimo. Nel palazzo di via Igino Giordani, riferisce un inquirente, «c' è ancora oggi un forte odore di sangue». Ancora da svolgere invece, gli esami tossicologici: il pm li ha disposti sulla vittima e sui carnefici per capire cosa avessero assunto. Prato sarebbe un consumatore abituale di «droghe carnivore», sostanze sintetiche che possono scatenare gli istinti più bestiali.
E ancora: i due torturatori sapevano cosa avevano acquistato dai pusher convocati a domicilio - almeno due, uno albanese - e già identificati dai carabinieri del Nucleo operativo? Il timore è ora che nella Capitale giri una partita di droga in grado di scatenare comportamenti violenti. Certa anche la presenza, prima dell' omicidio, di altri due ragazzi, Giacomo e Alex, anche loro saranno interrogati.
Dopo le cinque ore del primo interrogatorio, Foffo sarà chiamato oggi a rispondere alle domande del gip Riccardo Amoruso per la convalida del fermo a Regina Coeli. Come lui Prato, che ha però il vantaggio di conoscere già la versione fornita dal complice al momento di costituirsi. «Manuel era in stato confusionale. Se emergerà uno stato di infermità mentale chiederemo che sia certificata», dice il suo avvocato Michele Averardo.
3 - LA MATTANZA E L'SMS AL FRATELLO «VIENI, C' È ANCHE UN TRANS»
Fulvio Fiano e Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
Come predatori girano nella notte in cerca della vittima perfetta (i tracciati gps riveleranno dove). Ma Manuel Foffo e Marc Prato non trovano chi fa al caso loro. Finché contattano il malcapitato Luca Varani. «Quando è entrato in casa ci siamo guardati negli occhi ed è scattato un clic: era lui la persona giusta». È questo uno dei passaggi chiave dell' interrogatorio di Foffo davanti all' incredulo pm Francesco Scavo.
Con Prato mette a suo agio la vittima, la fa bere, scioglie un farmaco nel suo bicchiere, gli indica il bagno: «Ti vogliamo pulito, fatti una doccia». Una conferma della premeditazione. E quando Luca finisce di lavarsi, mezzo nudo, in preda ai conati di vomito per quello che ha bevuto, con Marc gli annuncia che per lui è finita: «Abbiamo deciso di ucciderti».
È l' inizio delle torture: «Durante le fasi della nostra aggressione Luca non è mai riuscito a resistere alle violenze. L' aggressione è avvenuta sia in bagno sia in camera da letto, precisamente sul pavimento», racconta Foffo. Il suo cadavere resta infatti a terra, vicino al letto dove gli assassini passano la notte di venerdì, anche se poi sabato pomeriggio i carabinieri lo troveranno sul materasso, avvolto in un lenzuolo.
Forse pronto per essere portato via. Prima di arrivare al Collatino, i killer mandano a Luca una raffica di messaggi. Uno anche al fratello di Manuel, Roberto, scritto da Marc che si era impossessato del telefono dell' amico. «Vieni, c' è anche un trans», digita alle 7.30 di venerdì. Roberto richiama Manuel per rimproverarlo: «Ma che c... dici?», e riattacca.
Non si rende forse conto che il pr italo-francese è in preda al delirio. Manuel sostiene di aver detto a Marc di non inviare più sms, «ma lui ha continuato a prendere il mio telefono e a utilizzarlo».
«Non sapevo che Marc aveva chiamato Luca, ma (lui) lo stesso è entrato in casa anche se non ricordo il momento esatto - ricorda Foffo -. La sua presenza era normale data la precedente presenza in casa di altre persone». Di due di queste ci sono già i nomi, «Alex Tiburtina» e «Giacomo», un milanese, come sono memorizzati sullo smartphone di Manuel.
APPARTAMENTO IN CUI E STATO UCCISO LUCA VARANI
Il primo «che avevo conosciuto mesi fa in pizzeria sulla Tiburtina, quando gli pagai un pezzo di pizza e ci scambiammo i numeri di telefono. Quando è venuto a casa eravamo sì sotto l' effetto della cocaina ma mantenevamo la lucidità, mentre quando è venuto Luca sia io che Marc eravamo molto provati dall' uso prolungato di cocaina».
Il secondo ospite partecipa alla festa mettendo a disposizione il suo bancomat con il quale Prato preleva parte dei 1.500 euro usati per comprare la droga.
«Marc è gay. Io sono eterosessuale - continua Foffo - Questa è la seconda volta che incontravo Marc. Lui ha un interesse per me, cosa che mi ha manifestato». I due si conoscono durante una festa a Capodanno. Si drogano: «C' è stato del sesso orale. La cosa mi ha dato fastidio e non volevo sentirlo più». Ma Marc ha girato un video e con quello tiene sotto ricatto Manuel.
«Non ricordo se la prima volta che siamo usciti di casa eravamo armati - rivela ancora -. La vera intenzione di fare del male a qualcuno è stata però con Luca. Anche in passato avevo avuto un momento in cui avevo l' intenzione di fare del male a qualcuno e altre volte ho fatto uso di droga, ma non mi ha mai dato quel tipo di atteggiamento». E all' avvocato confida: «Ho fatto una cosa terribile. Mi sento morto dentro».
4 - LUCA, ALTRI 22 SCAMPATI ALLA TRAPPOLA
Federica Angeli e Francesco Salvatore per “la Repubblica”
Ventitré messaggi identici inviati dai telefonini di Manuel Foffo e di Marco Prato ad altrettanti ragazzi per invitarli all’appuntamento con la morte nell’appartamento al Collatino. Solo Luca Varani ha risposto a quel rendez vous del 4 marzo andando in via Giordani. Ma nel mirino dei due studenti killer erano entrate altre 22 persone: 22 giovani che hanno rischiato di fare la fine del 23enne adottato da una benestante famiglia romana. Perché ormai il loro progetto di uccidere doveva essere portato a termine: «Volevamo capire cosa si prova a uccidere, avevamo voglia di fare del male a qualcuno».
L’avevano cercata per strada «la persona a cui far del male », ha confessato Foffo ai carabinieri della compagnia Piazza Dante 24 ore dopo aver torturato e ucciso Luca. Ma in strada non avevano trovato l’occasione giusta: una via era troppo illuminata, nell’altra c’era troppa gente, ha raccontato agli inquirenti lo studente di giurisprudenza. Quindi, quando rientrano in casa, si mettono attorno a un tavolo e cominciano a mandare sms ad amici e conoscenti. Il primo che dà conferma e si presenta è Luca.
L’esame autoptico, durato due giorni, ha confermato quanto riportato nella confessione, ovvero l’elemento della tortura. Al giovane sono state recise con una lama le corde vocali, per impedirgli di gridare, ferite da taglio (almeno una quindicina) sono state rilevate sull’addome e poi la pugnalata mortale e profonda al cuore.
Tanto profonda che soltanto nel corso dell’autopsia, e non durante l’ispezione del medico legale arrivato nell’appartamento del Collatino, è stato possibile estrarre il coltello. «È stata quella pugnalata a provocarne il decesso», è il verdetto contenuto nei referti. Ciò significa che, come ha dichiarato Manuel Foffo, fino a quel colpo e nel corso di tutte le torture Luca Varani era vivo e, «ha sofferto davvero molto».
Oltre all’esame capillare dei telefonini dei due assassini, i militari del nucleo investigativo di via In Selci stanno lavorando sulla qualità della cocaina sequestrata e di cui hanno fatto uso Foffo e Prato. «Hanno due percorsi di vita completamente diversi e sono due persone differenti — spiegano gli inquirenti — vogliamo capire se quella droga fosse tagliata con qualche sostanza particolare che ha scatenato tutta questa furia omicida».
Proprio per questo motivo, mentre nei laboratori dei carabinieri sono già cominciate le analisi, i militari sono anche sulle tracce dello spacciatore che ha ceduto 1.500 euro di cocaina ai due assassini, che oggi verranno interrogati dal gip Riccardo Amoroso e dal pubblico ministero Francesco Scavo nel carcere di Regina Coeli. «Manuel Foffo è profondamente pentito di quello che ha fatto — sostiene il suo legale, Michele Andreano — Mi ha detto: avvocato, sono morto dentro, aiutami a spiegare questa storia».
La linea difensiva, per ora, punta tutto sull’incapacità di intendere e di volere dei due trentenni al momento del fatto. «Valuteremo la perizie psichiatriche e nel caso chiederemo l’infermità mentale. Se sarà possibile dimostrare scientificamente che in quei due giorni di follia non si rendevano conto di quello che facevano, è evidente che non si può avere un riconoscimento della responsabilità penale. Se invece la perizia dovesse dimostrare che, pur avendo assunto cocaina e bevuto alcolici a quei livelli, avevano degli sprazzi di lucidità l’ipotesi della premeditazione e dell’omicidio volontario c’è tutta».
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