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Guerra libica alla Farnesina. Le dimissioni a sorpresa del very powerful segretario generale, Michele Valensise, hanno scatenato anzitempo una guerra tra tribù per la successione allo scranno più alto della nomenclatura diplomatica.
Una guerra senza esclusione di colpi a cui assiste impotente il ministro dai modi gentili, Paolo Gentiloni, non avvezzo a situazioni di guerriglia e che sta coinvolgendo non solo le strutture apicali del ministero ma anche i quadri intermedi. Si formano le bande, che parevano sparite e sono aperte le iscrizioni a questa o a quella lista di comando.
Ad aprire il fuoco Elisabetta Belloni, attualmente capo di gabinetto del ministro, moglie di un ex ambasciatore di rango e cugina di un noto ex boiardo delle autostrade, che certamente oggi siede in una posizione nella quale è facile organizzare il supporto alla sua nomina e influenzare il ministro.
Da tempo ha espresso la volontà di assurgere alla carica di segretario generale (ma sperava di essere ministro dopo la Mogherini), non nasconde il piacere per i microfoni e le telecamere, già dal tempo in cui guidava l’Unità di Crisi e rivendica la posizione ad una donna, la prima nella storia delle feluche italiane. I suoi detrattori le rimproverano la pigrizia di una carriera tutta nel Palazzo, mai in prima linea in ambasciate all’estero o in incarichi diplomatici di rilievo.
Un ruolo amministrativo, dunque, che mal si concilia con l’incarico di segretario generale, che deve dialogare e negoziare con i suoi pari nel mondo preparando il lavoro del ministro e del premier, con un piglio di autorevolezza tale da essere rispettato dagli ambasciatori nostrani e dai colleghi esteri.
L’altro candidato è Sebastiano Cardi, attuale ambasciatore italiano all’Onu, a cui va il merito di un lavoro di uncinetto per ricamare attorno all’Italia il ruolo di membro permanente dell’Onu, la vera cabina di regia delle strategie globali. E’ un ambasciatore di esperienza, già vicesegretario generale, riconosciuto dai colleghi e stimato dalla diplomazia internazionale. Da un po’ di anni fuori dall’Italia potrebbe non godere degli agganci giusti per raggiungere l’obiettivo.
Un terzo candidato è Quito Terracciano, riconosciuto come il miglior ambasciatore del Sistema Italia nel mondo, come ha mostrato nella sua esperienza a Madrid e oggi a Londra. Brillante e simpatico ha tutte le carte in regola per il ruolo di numero uno della Farnesina, ma potrebbe anche trasferirsi a New York all’Onu al posto di Cardi.
Tra i scalpitanti anche Giandomenico Magliano, ambasciatore a Parigi, che punta a trasferirsi a Londra. Quindi Pierfurby Casini, come presidente della commissione esteri del Senato, che suggerisce Sebastiani.
Ma in corsa c’è soprattutto Cesare Ragaglini, attualmente a Mosca, che è da un pezzo nelle grazie di Renzi, che lo voleva già a Bruxelles, un “uomo forte” pronto a realizzare la volontà del premier di ristrutturare la rete diplomatica. Ma c’è l’opposizione del duplex Gentiloni-Belloni, col ministro degli Esteri che ha pensato bene di affidarle un doppio ruolo: capo di gabinetto e segretario generale, come ai tempi di Vattani. Oppure nominare come capo di gabinetto l’attuale vice Baiano.
Contro il tandem Gentiloni-Belloni – va detto – che vibra un sondaggio tra le feluche che addebita al 60 per cento la nomina esecranda del politico Calenda ad ambasciatore proprio al dimissionario Valensise in combutta con la Belloni (che non ha pensato bene di mollare la poltrona).
E se alla fine Renzi nominasse un esterno alla Calenda?
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