IL TRISTE FINALE DI OGNI INIZIATIVA WOKE: FALLIRE! – LA LEWES FC, CLUB INGLESE FAMOSO PER ESSERE “LA SQUADRA PIÙ WOKE DEL MONDO”, È SULL’ORLO DEL CRAC DOPO AVER DECISO DI PAGARE UOMINI E DONNE ALLO STESSO MODO – LA SQUADRA HA BISOGNO DI 120MILA STERLINE PER ARRIVARE A INIZIO STAGIONE – UN MODELLO CHE È DIVENTATO INSOSTENIBILE NEL GIRO DI POCHI ANNI, VISTI GLI INFERIORI INCASSI DERIVATI DAL CALCIO FEMMINILE…

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Da www.ilnapolista.it

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Sembrava l’utopia perfetta, e invece rischia di diventare l’ennesima parabola di belle intenzioni finite a carte bollate e appelli disperati. Il Lewes FC, club inglese semi-sconosciuto ma finito sotto i riflettori per aver preso a pagare uomini e donne allo stesso modo, oggi è sull’orlo del baratro. Mancano 120.000 sterline per arrivare a inizio stagione, sono sul lastrico. Ovviamente ci dedica un lungo pezzo il conservatore Telegraph, non senza un malcelato godimento: la squadra “woke”, la chiamano.

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Otto anni fa il club del Sussex lanciava “Equality FC” – racconta il giornale inglese – un manifesto calcistico che prevedeva stipendi uguali per uomini e donne, risorse paritarie, sponsor etici. Ma tra la retorica e il bilancio c’è un abisso, e ora la squadra che predicava l’uguaglianza rischia di chiudere bottega. Per capire come siamo arrivati fin qui, bisogna tornare al 2008, quando il Lewes rischiava già il fallimento.

 

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All’epoca fu salvato da un gruppo di tifosi – i “Rooks125” – che ne presero la gestione in stile comunità hippie. Nessun oligarca, nessun fondo qatariota: solo passione, qualche benefattore e una spruzzata di ideologia. La svolta arrivò nel 2017 con l’annuncio shock: stessi stipendi per la squadra maschile e quella femminile. Un piccolo club di settima divisione diventava così il faro progressista del calcio mondiale. L’iniziativa fece scalpore, portò sponsor (Kappa, Marsden, le compagnie di bus locali), e un sacco di buona stampa.

 

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Il modello woke

Nel frattempo la squadra femminile volava in Championship, mentre quella maschile arrancava. I costi crescevano. Gli incassi no. E chi pagava? I dirigenti, con prestiti generosi poi “dimenticati”. In totale, oltre 2 milioni di sterline pompati a forza nel sistema per tenere in piedi la baracca paritaria. Una cifra che nemmeno il Dripping Pan, lo stadio da 3.000 posti, sede addobbato di statue di piratesse bisessuali, riusciva a giustificare.

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Uno dei primi a mollare fu Barry Collins, ex salvatore e poi deluso militante. “Sono entrato in un club di calcio, me ne vado da un partito politico”, scrisse. Il mantra dell’uguaglianza era diventato un dogma che schiacciava ogni discussione: o eri con la causa, o fuori. La verità è che competere in Championship costa. Troppo. La squadra femminile era diventata più cara di quella maschile, e i fondi della Fa (mezzo milione l’anno) sono evaporati con la retrocessione. Il tentativo di vendere il ramo femminile a Mercury 13 – fondo globale con la vocazione del mecenate – si è arenato.

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L’ultimo appello del club è stato un grido d’aiuto, firmato Joe Short, consigliere in carica: senza quei 120.000 pound, la prossima stagione sarà una rincorsa alla retrocessione, altro che promozioni etiche. Ma niente paura: l’Equality FC non si tocca.