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Elena Dusi per “la Repubblica”
Santiago Mendoz il bimbo piu obeso della Colombia
Non tutte le calorie sono state create uguali. Ci sono quelle associate a sostanze nutrienti, come le proteine o i grassi, il calcio o le vitamine. E quelle “vuote”, che ci danno soltanto energia e ci fanno ingrassare, se di energia abbiamo già fatto il pieno. Lo zucchero – che comunque è una fonte di energia – è però anche il maggiore imputato tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia che non siano più del 5% delle calorie giornaliere, pari a circa 50 grammi e 5 cucchiaini da tè.
Santiago Mendoz pesa come un bimbo di sei anni
Stiamo parlando non di zuccheri di frutta, verdura e latte, che non danno particolari problemi di obesità e sono comunque associati a nutrienti. Ma dei cosiddetti “zuccheri liberi” che vengono aggiunti agli alimenti e alle bevande sotto forma di saccarosio (lo zucchero da cucina), miele, sciroppi o altri dolcificanti provocando eccesso di peso, diabete e carie, ma anche – meno intuitivamente – fegato grasso, ipertensione, trigliceridi e malattie cardiovascolari.
Non è un caso che per milioni di anni l’uomo sia vissuto addolcendo la sua vita solo con frutta e – raramente – miele (i primi consumatori “del sale dolce” in Europa furono i crociati). Quando ancora non esistevano bar e pasticcerie, nel nostro cervello iniziò a svilupparsi quel meccanismo che lega il consumo di sostanze dolci a una sensazione di piacere, dal momento che le calorie dello zucchero nei tempi antichi aumentavano energie e probabilità di sopravvivenza.
Ma quello che nella preistoria era scarso, oggi è diventato fin troppo disponibile. E il meccanismo del piacere legato alla dolcezza ha finito, in questa nostra epoca di abbondanza, per ritorcersi contro di noi. Che troppo zucchero faccia male è affermazione risaputa.
Oggi, però, sta avvenendo un accerchiamento di questo “nemico della salute” da parte di ricercatori e nutrizionisti: un puntare il dito contro i cristalli bianchi accompagnato dalla – relativa – rivalutazione di altri presunti killer del nostro benessere. Con conseguente cambio di decisione dei nutrizionisti.
contro la tassa sugli zuccheri
Non è un caso che il 7 gennaio scorso il Dipartimento della Salute del governo Usa abbia rivisto le sue linee guida con i consigli alimentari per gli americani: ha eliminato il tetto di consumo dei grassi, pur continuando a sconsigliare quelli saturi di fonte animale e invitando a preferire le carni magre rispetto a quelle rosse. E ha cancellato le restrizioni per i cibi con il colesterolo, sdoganando il consumo delle uova.
Ma non ha usato clemenza nei confronti di sale e zuccheri liberi, additandoli come i responsabili di obesità e di altre malattie croniche; e raccomandando per la prima volta che gli zuccheri non superino il limite del 10% delle calorie giornaliere (attualmente la media negli Usa è del 13%). Per rispettare il consiglio, gli americani dovrebbero rinunciare a circa il 20% della loro dolcezza, tagliando due milioni di tonnellate all’anno di zuccheri e sciroppi.
Le nuove raccomandazioni segnano una svolta rispetto agli anni ’80, quando si iniziarono a promuovere diete povere di grassi, finendo con l’incentivare la vendita di cibi magri ma carichi di zucchero e il consumo di carboidrati, spesso raffinati. «Queste nuove indicazioni - commenta Valerio Nobili, che si occupa di malattie epatiche e del metabolismo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma - sono corrette, i danni degli zuccheri sono peggiori di quelli dei grassi e una Coca Cola fa male più delle patatine fritte.
Gli zuccheri infatti, oltre a favorire diabete e fegato grasso, quando vengono metabolizzati producono acido urico, grande nemico della salute del cuore. La vecchia dieta mediterranea, povera di zuccheri e più ricca di carboidrati resta il consiglio migliore». Fra i più grandi appassionati di alimenti dolci, come è intuitivo, ci sono i bambini.
In Italia, ha mostrato lo studio europeo Idefics del 2014, i bambini fra 2 e 9 anni consumano intorno a 90 grammi di zucchero al giorno (quasi 400 calorie), in linea con i loro coetanei europei e solo poco al di sotto degli americani. In Gran Bretagna, secondo l’organizzazione governativa Public Health England, i bambini tra 4 e 10 anni consumano in dodici mesi l’equivalente del loro peso in zucchero.
Per cercare di capire chi sia il più cattivo fra zuccheri e grassi, i pediatri dell’Università della California a San Francisco hanno escogitato un esperimento ad hoc, pubblicato a fine ottobre 2015 sulla rivista Obesity. Hanno preso 43 ragazzi tra i 9 e i 18 anni – tutti messi piuttosto male dal punto di vista del peso, del fegato, dell’ipertensione e dei trigliceridi – e li hanno invitati a eliminare per dieci giorni ogni zucchero libero.
Poiché lo scopo non era far perdere peso ai ragazzi, ma verificare quali calorie siano più dannose, ai volontari è stato chiesto di sostituire le calorie “dolci” con un numero equivalente di calorie “salate”. I ragazzi potevano dunque rimpinzarsi di patatine fritte, hamburger, pizze e panini.
la fila per il bancomat dei dolci
Il risultato è stato chiaro: nonostante una dieta ben lontana dall’ideale, è bastata una settimana e mezza senza zucchero per migliorare i valori di pressione sanguigna, trigliceridi, colesterolo e funzionalità del fegato.
«Il nostro studio – ha commentato Robert Lustig, pediatra dell’Università della California particolarmente agguerrito nei confronti delle sostanze dolcificanti, autore del libro Fat chance e del documentario su YouTube Sugar: the bitter truth – ha dimostrato che lo zucchero è dannoso per il nostro metabolismo non per le sue calorie o per gli effetti sulla bilancia. Lo zucchero è pericoloso perché è zucchero».
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