LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Il cielo sopra Pechino si è colorato di giallo scuro, quasi ocra, per la sabbia trasportata da una tempesta di vento arrivata dalla Mongolia Interna. I vecchi pechinesi saggi ricordano che questi fenomeni sono tipici all'inizio della primavera, tra marzo e aprile, ma l'Ufficio meteorologico della capitale ha rilevato che quello di ieri è stato il più violento da dieci anni. Alla gente è stato consigliato di chiudersi in casa, centinaia di voli sono stati cancellati. Il vento nella sua corsa dalla Mongolia si è lasciato dietro una cinquantina tra morti e dispersi.
pechino con cielo normale e inquinato
A Pechino il risultato è stato una «tempesta perfetta», perché la sabbia del deserto del Gobi si è unita all'inquinamento che da un paio di settimane ha ripreso forza stendendo una cappa grigia.
Le immagini di Pechino postate sul web hanno riportato in auge l'hashtag #Airpocalypse, che per anni ha accompagnato i dati sull'inquinamento dell'aria. Molti netizen hanno creato su Weibo meme di film catastrofici, facendo marciare mostri distruttori tra i grattacieli; è stato arruolato anche Harrison Ford, protagonista del distopico «Blade Runner», sovrapposto alla visione allucinante e reale del palazzo di vetro della tv statale avvolto nella polvere sporca.
Nella realtà, i contatori portatili della qualità dell'aria, di cui da anni i cittadini della classe media pechinese si sono dotati, hanno riportato sui loro schermi la desolante scritta: «Beyond Index», al di là della scala di rilevamento. Fino a quando hanno funzionato, hanno registrato 791 particelle di Pm 2,5 per metro cubo d'aria (la concentrazione accettabile sarebbe 25). Anche il Pm 10 ha battuto un record, salendo 180 volte oltre il livello pericoloso per i polmoni.
Un brutto risveglio per il governo, che dopo aver sprofondato la Cina nella crisi ecologica con la corsa forsennata all'industrializzazione, dal 2014 si è impegnato a restituire alle masse cieli blu. Negli ultimi 6 anni, almeno nella zona di Pechino, è stato ridotto drasticamente l'uso del carbone per riscaldamento e le fabbriche più obsolete e inquinanti sono state spostate di alcune centinaia di chilometri, nella provincia dello Hebei.
È sceso in campo più volte anche il presidente Xi Jinping: «Dobbiamo comprendere che cieli azzurri, acque chiare e montagne verdi sono importanti come miniere d'oro e d'argento», ha detto con toni poetici ancora la settimana scorsa. In effetti, dal 2014 a Pechino il sole sbuca più spesso.
Ma ora la «green economy» sbandierata dal Partito-Stato è tornata in second'ordine di fronte alla necessità di spingere la ripresa dopo i lockdown da Covid-19 del 2020. Gli ultimi dati sulla produzione industriale in Cina dicono che tra gennaio e febbraio la crescita è stata del 19% rispetto agli stessi mesi del 2019. La stampa però se la prende con il vento eccezionale, quasi che fosse una «variante mongola».
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