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Giuseppina Manin per il Corriere della Sera
cleopatra giulio cesare in egitto
Dopo averle provate un po' tutte, presentarsi a lui come guerrigliera in tuta mimetica, poi nei casti veli di un' ancella, infine avvolta in una tunica di finissimo lino intarsiata d' oro da regina del deserto qual è, Cleopatra non sa più che fare per impressionare Cesare.
E allora una sera lo invita nel suo palazzo, lo fa stendere su morbidi sofà e gli proietta su grande schermo alcuni momenti dei suoi passati fasti cinematografici. Da quelli in bianco e nero di Cecil DeMille con Claudette Colbert in audaci reggiseni liberty, a quelli in technicolor di Vivien Leigh, occhi verdi da gatta e sfoggio di effetti speciali da far vacillare il budget faraonico del film sceneggiato da G.B.
Shaw. E naturalmente Liz Taylor, la più kolossal delle Cleopatre, 4 ore e 10 minuti di fasti e roventi scene d' amore sul set e pure fuori.
Robert Carsen, ideatore della nuova produzione del Giulio Cesare in Egitto di Händel, dal 18 alla Scala con la direzione di Giovanni Antonini, non viene meno alla sua fama di cinefilo appassionato già collaudata tre anni fa, stessa ribalta, con una Fanciulla del West omaggio a John Ford.
«Le Cleopatre di Hollywood hanno segnato per sempre il nostro immaginario e persino quello della protagonista dell' opera händeliana, che pur portandosi dietro la sua storia non può prescindere dal mondo di oggi» spiega il regista canadese, tra i pochi miracolosamente in grado di conciliare innovazione e tradizione lirica.
Così la vicenda del libretto, Cesare che sbarca in Egitto per inseguire Pompeo, lo scontro con Tolomeo, l' incontro con la sua più astuta sorella Cleopatra, ci sarà tutta.
«Ma il passato richiama inevitabilmente il presente. Le due guerre civili dell' opera, quella di Cesare contro Pompeo e quella di Cleopatra contro Tolomeo, rimandano agli infiniti conflitti del Medio Oriente di oggi. Siamo in Egitto, Paese tra i più dilaniati, scenario di conflitti sanguinosi».
La testa di Pompeo gettata in scena ad apertura di sipario non può non evocare altre, recenti, teste mozze. Tolomeo come l' Isis? «Nessun riferimento specifico, se non quello a un Occidente che occupa militarmente un mondo a lui sconosciuto pensando di essere portatore di civiltà quando il vero barbaro è lui. Per questo non ho voluto dare connotazioni specifiche nè alla scena nè ai costumi. Cesare è un generale di un esercito straniero che si ritrova in un deserto di sabbia da dove affiorano muri sbrecciati con dei geroglifici. Per lui indecifrabili come la cultura egizia».
ROBERT CARSEN giulio cesare in egitto
Un grande affresco senza fronzoli di esotismo. I rari cenni, un triclinio ornato di leoni dorati, una tinozza per l' immancabile bagno di Cleopatra nel latte d' asina, sono ironiche strizzate d' occhio del regista. Che soprattutto concede a Cleopatra quel che è di Cleopatra: un ricco guardaroba.
Danielle de Niese, il soprano australiano che la interpreta, sfoggerà dodici mise diverse, tra cui un négligé rosa trasparente orlato di struzzo, rubato all' armadio di Doris Day. «Quella che Händel ci racconta non è solo una storia di seduzione ma di potere e di solitudine. Davanti alle ceneri di Pompeo, Cesare medita sull' effimero dell' esistenza intonando l' aria Alma del gran Pompeo». A interpretarla il controtenore Bejun Mehta, al suo fianco Sara Mingardo, Cornelia, e Philippe Jaroussky che debutta alla Scala come Sesto Pompeo.
Prima tappa del progetto händeliano voluto da Pereira, Giulio Cesare in Egitto doveva trovar seguito in Semele e Ariodante , protagonista sempre Cecilia Bartoli. Che però, all' annuncio che il sovrintendente non sarebbe stato riconfermato, ha dato inatteso forfait.
«Una solidarietà che mi lascia perplesso, mi sembra piuttosto un pretesto... Io non ho mai pensato di lasciare, non credo che avrei aiutato Pereira». E di Meyer che pensa? «Che sarà un buon sovrintendente. Tra le sfide che lo aspettano quella varata da Pereira, aprire la Scala non solo all' opera».
Danielle de Niese comunque non deluderà. «Con lei ho già fatto L' incoronazione di Poppea a Glyndebourne e Agrippina a Vienna, un' ottima cantante e in più molto bella. Una Cleopatra credibile in tutti i sensi».
Per questo, annuncia Carsen, l' anno prossimo il secondo titolo non sarà più Semele ma proprio Agrippina . Quanto a lui, dopo Milano lo aspettano a Roma e a Venezia. «Nella capitale metterò in scena Idomeneo di Mozart, alla Fenice Don Carlo . Tre opere in Italia, un bel exploit di fine anno».
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