fabrizio corona

COME MAI CORONA È STATO SCARCERATO, SENZA REVISIONI O GRAZIE PRESIDENZIALI? NON SARÀ CHE UN GIUDICE SCRUPOLOSO S’È ACCORTO CHE IL CASO GRIDAVA VENDETTA E SI È INVENTATO UN CAPPELLO GIURIDICO PER SCARCERARLO?

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Filippo Facci per “Libero Quotidiano”

 

FABRIZIO CORONAFABRIZIO CORONA

«Giuro che in carcere non ci tornerò più» è la prima ambigua frase pronunciata da Fabrizio Corona dopo le 15.30 di ieri, quando l’hanno scarcerato: lo riferisce il suo avvocato. Domanda: e come mai di colpo l’hanno scarcerato, senza bisogno di revisioni o grazie presidenziali? La verità: un giudice scrupoloso si è accorto che il caso Corona gridava vendetta e allora si è inventato un cappello giuridico per scarcerarlo, così come un altro giudice, a suo tempo, si era inventato un cappello giuridico per condannarlo in misura sproporzionata. Il resto è secondario, e in qualche caso ridicolo.

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Fabrizio Corona ha lasciato il carcere di Opera dopo tre anni e due mesi per andare nella comunità Exodus di Don Mazzi, questo perché il collegio del tribunale di Sorveglianza ha condiviso la necessità dell’«affidamento terapeutico» proposto dal giudice milanese Giovanna Di Rosa, che a sua volta aveva accolto un’istanza presentata dagli avvocati di Corona. A favore della scarcerazione di Corona hanno giocato anche le relazioni della Asl e della direzione del carcere.

 

Ovviamente non potrà uscire dalla comunità Exodus dove sconterà la pena residua, che è ancora lunga: tra qualche mese l’affidamento in prova sarà valutato da un collegio di giudici del Tribunale di sorveglianza che dovrà decidere se confermare o meno, portandolo da «interinale» a «permanente». Lui nel frattempo ha già fatto in tempo a scrivere sui social network: «Ho attraversato la tempesta, ho lottato fino all’ultimo è stata dura ma era necessaria. Ora si riparte. #SIPUEDE». E vabbeh.

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La verità, dicevamo: per lui si parla di «programma di recupero» e di «superare i problemi con la cocaina», e basti sapere che la cocaina non dà dipendenza se non psicologica: in ogni caso fa abbastanza ridere che dei giudici si accorgano dell’urgenza che Corona si «disintossichi» dalla cocaina dopo tre anni e passa di cella.

 

Oltretutto Corona aveva sempre negato l’uso di cocaina e dintorni: ma ecco, ultimamente ha cominciato ad ammettere qualcosa e ora emerge improvvisamente un profilo compatibile con la scarcerazione, meglio, incompatibile con la carcerazione: tutto un gioco di perizie, problemi psichiatrici, rischio di psicosi e trattamenti farmacologici. Manco fosse in galera.

 

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In concreto è il buon esito della strategia difensiva che prosegue da gennaio scorso: spiegare retroattivamente certi già noti comportamenti di Corona (gli scatti d’ira, i litigi con le forze dell’ordine, la pretesa d’impunità) come tratti di una personalità «narcisistica» e «borderline» che l’uso della cocaina avrebbe peraltro accentuato.

 

Per stare in piedi, sta in piedi: depressione e rischi suicidiari di Corona coinciderebbero perfettamente con il cosiddetto «down» psicologico di chi è abituato alla cocaina e di colpo è costretto a smetterne l’uso: ma è uno stato che probabilmente coincide con quello di migliaia di detenuti. Il problema vero era un altro.

 

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Il problema era che una delle condanne inflitte a Corona (5 anni per estorsione) impediva la concessione dei benefici di legge: ma il giudice, così pare, si è rifatta a un incrocio di sentenze della Cassazione e ha escogitato i motivi giuridici per mandarlo in comunità. Sicché ha ritenuto di poter calcolare gli usuali sconti di pena e di concludere che la galera residua era già scesa sotto i sei anni, ergo: può andare in comunità come avviene per i drogati.

 

È il caso di ricordare il labirinto giuridico che lo aveva rinchiuso in un carcere di massima sicurezza: 3 anni e 8 mesi per una fattura falsa, 1 anno e mezzo perché aveva tre banconote false, 1 anno e 2 mesi perché si è scattato una foto in cella allungando soldi al secondino, 1 anno e cinque mesi per una fotografia ritenuta estorsiva al calciatore Adriano, e poi il casus belli, quello che assomiglia tanto a un accanimento: 5 anni per analoga estorsione (fotografica) ai danni del calciatore Trezeguet.

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Accanimento, quest’ultimo, non solo perché 5 anni sono comunque uno sproposito, ma perché l’estorsione di Corona è stata inquadrata come «reato ostativo» come succede per il possesso di armi e di droga.

 

Nel caso, proporre a Trezeguet di vendergli una foto è stata vista come un’estorsione, e la presenza dell’autista di Corona è bastata per far scattare l’aggravante. Dunque niente sconti di pena, niente lavoro esterno, niente possibilità di domiciliari, niente: solo sbarre, e per più tempo, per dire, di un’Anna Maria Franzoni che è ai domiciliari per aver soltanto fatto a pezzi suo figlio, più tempo dei celeberrimi Erika e Omar, i fidanzatini che una sera uccisero la madre e il fratellino di lei: 40 coltellate alla madre, 57 al fratellino undicenne (dopo aver cercato di fargli bere del topicida) con dettagli tipo la vasca da bagno piena di sangue e le viscere del bambino appese sul tubo della doccia.

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Erika era libera dopo 10 anni, Omar dopo 9, Fabrizio Corona invece deve (avrebbe dovuto farsene) 13 senza i benefici di legge che ora, in qualche modo, sono rispuntati dal cappello a cilindro. Al solito: la magistratura italiana fa magie, o più semplicemente fa quel che vuole.

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