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BEVI E GODI CON CRISTIANA LAURO! COME SE LA PASSANO I PRODUTTORI DI VINO? FINALMENTE ARRIVANO GLI ORDINI, MA NON SI RIESCE A EVADERLI PER MANCANZA DI MATERIALI. IL VETRO E’ INTROVABILE. SCARSEGGIANO ANCHE I CARTONI PER GLI IMBALLAGGI, LE CAPSULE E LE ETICHETTE. MANCA LA CARTA - E SUI RITOCCHI DEI LISTINI IN ITALIA SCATTA IL LINCIAGGIO...
Cristiana Lauro per Dagospia
Che brutta stagione stanno affrontando i produttori di vino in Italia! Dopo un anno e mezzo di chiusure delle attività dei loro principali clienti per le restrizioni conseguenti alla pandemia, si trovano oggi in una situazione preoccupante, quasi paradossale. Sì, perché finalmente ricominciano ad arrivare gli ordini, però si fatica a evaderli per mancanza di materiali.
Partiamo dal vetro che è introvabile e a prezzi che aumentano - anche senza preavviso - con incrementi percentuali che fanno venire la permanente. Molte vetrerie hanno chiuso durante la pandemia, qualcuno è fallito, ma i costi energetici per produrre vetro non sono eliminabili. La richiesta è elevata e supera di gran lunga l’offerta. Potrei chiuderei qui il mio articolo mandandovi tutti affanvetro perché attualmente, forse, varrebbe la pena di mettersi nel settore. Ma c’è poco da scherzare.
Ma il vetro non è l’unico fra i materiali irreperibili, indispensabili per la commercializzazione dei vini. Scarseggiano anche i cartoni per gli imballaggi, le capsule e le etichette. Manca la carta in generale e molte cartiere hanno chiuso. La diretta conseguenza, tanto per cambiare, è la speculazione che razionalizza la distribuzione nel mondo.
Ovvero si sceglie di mandarla - vista la domanda in crescita esponenziale - nei mercati che assorbono il costo più alto della materia prima. Sia la carta che il vetro sono totalmente dipendenti dall’energia che è salita alle stelle. Il cartone (fondamentale per gli imballaggi e le spedizioni) subisce una trasformazione della carta, attraverso una macchina che aggiunge - pertanto - costi ulteriori di energia.
Le spese sono lievitate in maniera insostenibile per i produttori di vino (non solo per loro), ma gli aumenti di listino sono banditi da distributori, e-commerce, grossisti e anche dal dettaglio. In compenso i vini francesi sono cresciuti con percentuali che sfiorano il 20% e nessuno batte ciglio. Ma questo è un altro capitolo, benché mi senta in dovere di fare presente ai lettori che non esista un solo locale a Parigi - né in tutta la Francia - che ricambi tanta esterofilia, squisitamente italiana.
La tragedia della pandemia ha messo in campo tanti soldi da parte dei governi il cui impiego ha generato molta domanda con conseguente strozzamento logistico e poi si è sommata la questione dell’aumento del gas e del petrolio.
Ricapitolando, le cause possono essere riconducibili principalmente alla continuità del problema generato da due anni di pandemia che hanno bloccato molte unità produttive un po’ ovunque, in aggiunta al disagio della logistica che ha creato una malattia speculativa nel trasporto dei container in giro per il mondo. Una bolla dall’impatto devastante con le pesanti conseguenze di un’evitabile aumento dell’inflazione, già in atto in tutto l’Occidente.
C’è tanta speculazione perché è vero che gli aumenti alla produzione sono elevati, ma è altrettanto vero che restano inferiori a quelli effettivi percepiti.
Tornando al mio settore che è principalmente enologico, senza la pretesa di poter risolvere questo brutto guaio, dico che i produttori di vino devono necessariamente aumentare i prezzi di listino e non farsi prendere per la gola da chi ufficialmente difende il consumatore finale, ma effettivamente bada solo ai suoi interessi. Io vedo tanta speculazione.
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BOTTIGLIE DI VINO
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