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NOTA DEL COMUNE DI AMATRICE CONTRO CARLO CRACCO
Una crociata gastronomica così accesa non si vedeva da tempo. A lanciarla, dai suoi canali social ufficiali, è il Comune di Amatrice, la cittadina dell'alto Lazio che vanta la paternità di uno dei piatti italiani più famosi al mondo: l'amatriciana appunto, che a quel comune incastonato nello splendido scenario dei Monti della Laga deve non solo il nome ma anche il sapore unico.
Tanto speciale da diventare protetto dell'amministrazione locale che da anni si batte per diffondere gli ingredienti della versione originale. A profanare la "sacra" ricetta ci ha pensato però uno degli chef più celebrati e famosi d'Italia. Durante la trasmissione di Canale5 "C'è posta per te", lo chef ha rivelato quello che sarebbe il segreto per la perfetta riuscita del piatto, ovvero l'aglio in camicia.
carlo cracco con la moglie rosa fanti
Pronta la risposta del Comune di Amatrice che in una nota con tanto di errore - nell'hashtag utilizzato Cracco diventa Gracco - fa sapere: "Ricordiamo che gli unici ingredienti che compongono la vera amatriciana sono guanciale, pecorino, vino bianco, pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino".
E poi aggiunge: ''Siamo sicuri che da parte del celebre chef sia stato un "lapsus", vista la sua storia professionale ed anche la sua capacità di stare al gioco, pubblicizzando una nota marca di patatine. Ribadendo che siamo certi della buona fede del noto chef, siamo convinti che lo stesso abbia comunque piena libertà di inserire "l'aglio in camicia" nel sugo da lui preparato, e siamo ancora più convinti che tale sugo potrà anche essere buono, ma non lo si può chiamare Amatriciana".
CARLO CRACCO PRESENTA IL SUO LIBRO NELLA LIBRERIA ARION A ROMA
E per concludere c'è anche l'invito rivolto al cuoco: "Il Comune di Amatrice sarà ben lieto di ospitare lo chef Carlo Cracco nei luoghi dove ha avuto origine il "primo" piatto più famoso al mondo". Amatrice non è nuova a battaglie sulle tradizioni e in passato il sindaco Sergio Pirozzi era finito sulle pagine dei quotidiani per aver difeso la reputazione del suo comune dall'utilizzo dispregiativo del termine "all'amatriciana"
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