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Luca Fazzo per www.ilgiornale.it
Finisce con una condanna decisamente più mite di quanto aveva chiesto la Procura della Repubblica, ma è comunque una condanna: ed è una sentenza quasi inedita, perchè da un lato colpisce pesantemente gli autori di una inchiesta giornalistica, e dall'altro macchia (anche se con la sospensione condizionale) la fedina penale di uno dei più grandi imprenditori italiani, quel Bernardo Caprotti che a oltre novant'anni siede ancora saldamente sulla plancia di comando di Esselunga.
E che della polemica con il principale rivale, le Coop, ha fatto un suo cavallo di battaglia personale, accusando il colosso della distribuzione rossa di occupare spazi sul territorio grazie alle protezioni politiche. Anche la vicenda per cui oggi Caprotti è stato condannato a sei mesi di carcere per diffamazione, mentre il direttore di Libero Maurizio Belpietro e l'ex inviato del quotidiano, Gianluigi Nuzzi, ora conduttore di Quarto Grado, sono stati condannati a dieci mesi per calunnia, nasce all'interno del lungo scontro tra Esselunga e Coop.
Caprotti è stato accusato di avere "finanziato" l'inchiesta che nel 2010 portò Libero a pubblicare alcuni report di due titolari di un'azienda di sicurezza privata, secondo cui Coop Lombardia spiava i propri dipendenti. Secondo la Procura. Caprotti si sarebbe sdebitato facendo poi lavorare per Esselunga i due investigatori.
Le indagini hanno poi dimostrato che lo spionaggio non esisteva. E la Procura ha incriminato Caprotti e i due giornalisti non solo per diffamazione e calunnia, ma anche per la ricettazione del materiale proveniente dai due investigatori: un precedente pericoloso per la categoria della stampa. Ma questa accusa è stata fatta cadere oggi dal giudice Chiara Valori, che ha assolto tutti gli imputati dalla seconda accusa.
Anche a Nuzzi come a Caprotti è stata concessa la condizionale mentre la pena inflitta a Belpietro è stata convertita in libertà controllata, che potrebbe impedirgli di lasciare il comune di residenza.
La Coop non si era costituita parte civile; lo avevano invece fatto due manager del colosso rosso citati nelle inchieste di Libero, Maurizio Salvatori e Daniele Ferrè, quest'ultimo assistito dall'avvocato Giacomo Lunghini, cui gli imputati dovranno versare un risarcimento da quantificare in un altro processo in sede civile: a meno che la sentenza di oggi non decada nel frattempo grazie all'appello che i difensori si ripromettono di presentare.
Esselunga
bernardo caprotti esselunga
maurizio belpietro
GIANLUIGI NUZZI
COOP COOPERATIVE
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