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Antonio Grizzuti per “La Verità”
Non capita spesso che una tutta d' un pezzo come la cancelliera Angela Merkel faccia autocritica. E invece quello recitato ieri di fronte ai membri del Bundestag sulla gestione della pandemia suona esattamente come un mea culpa. «Non siamo stati abbastanza attenti, né sufficientemente veloci», ha ammesso parlando ai deputati tedeschi, «non abbiamo chiuso la vita pubblica quando c' erano i segni di una seconda ondata e gli avvertimenti di vari scienziati». Tradotto, la politica ha commesso degli errori.
Forse illusi dalla mortalità piuttosto blanda sperimentata fino alla fine dell' estate, la Germania si è seduta troppo presto sugli allori. Oggi, per contro, la paura legata alla diffusione delle mutazioni del coronavirus ha convinto il governo a prolungare il lockdown almeno fino al 7 marzo prossimo e, notizia di ieri, a introdurre controlli alla frontiera con la Repubblica Ceca e il Tirolo. «La Baviera e la Sassonia hanno chiesto al governo di catalogare queste zone come particolarmente colpite dalle varianti», ha spiegato ieri il ministro dell' Interno Horst Seehofer.
Per effetto dell' ultimo blocco, i casi in Germania sono in calo ormai da circa un mese. Nelle ultime settimane, la media mobile dei contagi si è più che dimezzata passando dal picco di 22.000 casi di metà gennaio agli attuali 8.400 casi. In rapida discesa anche il numero dei decessi, tornati in questo periodo per la prima volta ai livelli di metà dicembre (media mobile degli ultimi sette giorni intorno ai 550 morti).
Vietato, però, abbassare la guardia. «Gli esperti ci dicono che è soltanto questione di tempo perché queste mutazioni diventino prevalenti e prendano il posto del virus originario», perciò «dobbiamo essere molto, molto vigili per evitare di cadere nuovamente in una crescita esponenziale dei contagi». Tuttavia, la cancelliera ha assicurato che le restrizioni non dureranno «un giorno più del necessario».
party sul landwehrkanal a berlino 4
Un gioco del bastone e della carota che riflette il lungo braccio di ferro tra il governo centrale e i Lander, i quali invece chiedono a gran voce chiedono un rilassamento delle misure di contenimento del virus. Risultato, una sorta di versione moderna dell' incontro a Teano, con la riapertura dei parrucchieri al 1° marzo, e degli altri esercizi commerciali qualora il numero dei nuovi contagi dovesse scendere al di sotto dei 35 casi alla settimana ogni 100.000 abitanti. Libertà ai singoli Stati, invece, in materia di riapertura delle scuole: già dal 22 febbraio gli studenti di alcuni territori dovrebbero tornare in classe.
C' è da rilevare che il discorso pronunciato ieri da Angela Merkel non ha convinto l' opposizione e, in buona parte, nemmeno la stampa tedesca. Contestato in particolare lo scarso coinvolgimento del Parlamento. Il leader del gruppo parlamentare «Die Linke» Dietmar Bartsch ha definito «inaccettabile» il fatto che il Bundestag venga informato delle decisioni solo una volta che queste sono state già prese dal governo.
Ma anche i media non hanno risparmiato critiche all' indirizzo della cancelliera. L' equilibrato Tagesschau, pur apprezzando l' approccio, ha definito «torbida» l' analisi della Merkel, accusandola di sviare attraverso l' uso di un generico «noi» quando si è trattato di parlare apertamente degli errori commessi. Durissimo invece Die Welt, che prima rimprovera alla cancelliera di aver scaricato sugli Stati federati la colpa dell' aumento dei contagi, poi giudica blanda la sua autocritica e infine la accusa di aver messo in scena un «patetico auto-elogio». Una cosa è certa: dopo aver scansato la prima ondata, oggi Berlino si trova a fare i conti con gli sconvolgimenti - politici, economici e sanitari - causati dal virus.
angela merkel mateusz morawieckiangela merkel e ursula von der leyen
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