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Teresa Ciabatti per "Vanity Fair"
«Dark è morto», dice Arturo Bruni in arte Dark Side, ex componente della Dark Polo Gang, il gruppo trap di maggiore successo degli ultimi anni: dischi d’oro, di platino, e una recente serie tv su di loro.
«Dark è morto, da oggi esiste Side Baby», ripete Arturo, ufficializzando così la sua uscita dalla Gang. Sconcerto dei fan in Rete, ipotesi: hanno litigato? questioni di donne, questioni di soldi? vent’anni, e avere tutto: fama, ricchezza, possibilità di continuare con un nome sicuro (Dark Polo), quando Dark Side dice basta. Lui prosegue da solo.
Perché?
«Ho avuto un brutto periodo che mi ha allontanato dal gruppo. Durante questa pausa ho capito che volevo prendere un’altra direzione, artisticamente più personale».
Ovvero?
«Il successo mi ha fatto sentire una responsabilità, il rischio di mitizzare le droghe e in qualche modo condizionare le persone. Se nei testi si inneggia alla droga, la gente può pensare che sia una cosa da provare».
Confine finzione/realtà?
«Anche a livello privato ero arrivato a un punto in cui sentivo di dover cambiare».
Che punto?
«Basso».
Basso quanto?
«L’inferno».
Lo descriva.
«Episodi di blackout totale. Facevo cose, mi è capitato di fare dei danni, rompere cose, e il giorno dopo di non ricordarmi niente. Tutto per abuso di droghe mischiate a farmaci».
Quando ha iniziato a fare uso di droghe?
«Ho iniziato con antidolorifici e benzodiazepine. Oxycontin, Rivotril, è molto frequente. Ci sono ragazzi che partono dai farmaci per arrivare all’eroina. Altri che rimangono ai farmaci ma a dosi altissime».
In che modo reperiva i farmaci?
«Da quattro, cinque anni li spacciano i pusher. Roba che viene data sotto prescrizione medica, difficile da avere senza».
Il massimo toccato con i farmaci?
«60 Xanax in un giorno».
Che succede con 60 Xanax?
«Non sei più cosciente di quello che fai».
L’episodio che le ha fatto dire basta?
«Milano. Dovevo andare a dormire da un’amica. Ero completamente fatto di Xanax, e ho cominciato a girare, non sapevo più dov’ero. La mia amica, che non mi vedeva arrivare, è venuta a cercarmi. Mi ha cercato per due ore».
E?
«Mi ha trovato sotto casa. Mi ero perso in uno spazio di duecento metri. E non avevo più la valigia, non sapevo dove l’avevo lasciata. Dentro, vestiti e gioielli per un valore di diverse migliaia di euro».
A quel punto decide di disintossicarsi?
«Non ne sono ancora uscito, è una lunga strada. Di recente sono stato in clinica».
Come si è sentito?
«Mi angosciava stare chiuso in un posto. Giocavo alla Playstation, dormivo. Dormivo molto, perché ero sedato».
Quindi?
«Ho pensato che se la droga mi aveva portato lì, non volevo più avere a che fare con lei. Mi vergognavo. Ecco sì: mi vergognavo. E ho scritto una canzone su quello che provavo in quel momento».
side e wayne della dark polo gang
Medicine, il singolo che ha appena pubblicato solo su Soundcloud, disponibile gratuitamente?
«Quello».
Nella traccia dice: «Il suicidio non lo contemplo ma ci penso spesso».
«In un certo periodo è stato un pensiero costante, una lotta nella testa. Ma si può vincere».
arturo bruni con il padre francesco
Sempre nel testo, lei dice: «Mamma scusa, se sono come sono», come Ghali che parla della madre in Cara Italia («Se non piaci a mamma, tu non piaci a me», o «Mi dici: ascolta tua mamma»). Nei testi e nella vita della nuova generazione di rapper ricorrono spesso le madri, perché?
«A differenza dei padri, loro non perdono mai fiducia nei figli».
Vi sentite ancora molto figli, come dice lei: «Da ragazzino in piedi sul letto» (o come Ghali: «Perché sono ancora un bambino, un po’ italiano, un po’ tunisino»).
«In bilico».
La giovinezza è?
«Non lo so, sono giovane».
L’infanzia?
«Quando puoi ancora dire quello che sogni di diventare senza che nessuno ti consideri un coglione».
Ai bambini piace tanto il rap, motivo?
«Perché usa un linguaggio semplice e diretto come il loro. Che non vuol dire superficiale».
Cosa ha scoperto durante i giorni di ricovero?
«Intanto di avere degli amici, persone che fanno il tifo per me. A differenza di altri. Ci sono persone che hanno sempre fiducia in te anche quando sbagli. Nessuno è una causa persa».
I membri della Dark Polo le sono stati vicini?
«Avevano altro da fare».
Rancore?
«Mi hanno sopportato tante volte, riconosco di essere stato molto faticoso».
Il futuro?
«Sto lavorando al nuovo album. Ho molta voglia di fare, e di far vedere».
La differenza con le canzoni del passato?
«Le nuove tracce sono più introspettive, più su cose mie personali».
Riferimenti artistici?
«Gente longeva tipo Jovanotti, Vasco Rossi, Fabri Fibra, Morgan. Artisti che si sono ricreati, e non sono mai rimasti fermi».
Ascoltando British, la nuova canzone della Dark Polo senza di lei, è corretto dire che loro abbiano scelto una strada più commerciale?
«Massimo rispetto, ma è un tipo di progetto in cui in questo momento non mi riconosco».
Che concetto c’è dietro British?
«Non lo so».
Perché i membri della Dark Polo hanno dichiarato di aver appreso dai social della sua uscita dal gruppo?
«Non ho idea, in realtà era una cosa nell’aria da tempo».
Nelle canzoni della Dark Polo i marchi sono centrali. Si parla di Gucci, Rolex. Continueranno a essere centrali per Side Baby?
«Nella mia nuova fase artistica mi distanzio dal materialismo, o comunque i marchi non rappresentano il messaggio».
Niente più abiti firmati?
«Mai detto questo».
Lei viene da una famiglia borghese, sobria. Reazione quando è tornato a casa col primo Rolex?
«Il primo me lo hanno regalato i miei per la maturità».
Per cosa hanno protestato allora?
«Quando ho comprato una collana da novemila euro. Hanno avuto una crisi di nervi, mi hanno detto che era immorale, che non avevo rispetto dei soldi».
Avevano ragione?
«Dal loro punto di vista».
Oggi ricomprerebbe la collana da novemila euro?
«Sì».
Dark Side è morto davvero?
«È una lunga strada, esattamente come uscire dalla droga. Da Dark Side a Side Baby. Fino ad Arturo, il giorno in cui sarò solo Arturo. Di nuovo Arturo».
Che significa congedarsi da un se stesso passato?
«Crescere, credo. Ed è una sorpresa».
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