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Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Prima no, poi ni, ora sì: al terzo giorno dello scandalo David Cameron ammette di avere beneficiato del fondo offshore creato da suo padre e rivelato dai Panama Papers. Dopo almeno quattro diverse dichiarazioni, in cui ogni volta, direttamente o tramite i suoi portavoce, ha detto qualcosa di più, adesso il primo ministro riconosce di avere avuto azioni nel fondo di suo padre Iain Cameron e di averle vendute nel 2010 “per 31 mila sterline” (circa 40 mila euro) quattro mesi prima di entrare nel suo incarico a Downing street per un desiderio di totale trasparenza.
«Ho pagato normalmente le tasse sui dividendi di quella quota», ha affermato il leader conservatore in un’intervista appositamente concordata con la rete televisiva Itv, «e non ho nulla da nascondere».
Eppure finora qualcosa ha nascosto, dicendo prima che i suoi investimenti sono “una questione privata”, poi dichiarando di non avere – al tempo presente – azioni o titoli da nessuna parte e ora confessando che in effetti in passato li aveva, per la precisione dal 1997 al 2010, proprio nel Blairmore Investment Trust, il fondo su cui suo padre non ha pagato un penny di tasse per trent’anni.
«Sono stati giorni difficili», ha detto nell’intervista, ma le difficoltà per lui non sembrano affatto finite. Cameron ha infatti ammesso di non sapere se le 300 mila sterline (400 mila euro) ereditate alla morte del padre provenivano dal fondo off-shore: «Mio padre non c’è più e non posso chiederglielo », si è giustificato.
Sua madre tuttavia è viva ed è come minimo ingenuo pensare che un leader politico del suo spessore non sapesse nulla sugli affari del padre. Nell’intervista in tivù si è rimangiato un’altra presa di posizione: il rifiuto di pubblicare la propria dichiarazione dei redditi, che a questo punto promette di pubblicare, sebbene non abbia ancora specificato quando. E intanto gli interrogativi nei suoi confronti continuano.
Il Guardian pubblica una lista di “10 domande a cui il premier deve rispondere”, il Financial Times rivela una lettera inviata dal premier all’Unione Europea per difendere il mantenimento di scappatoie fiscali che la Ue voleva chiudere e il deputato laburista John Mann chiede che Cameron si dimetta: «Siamo chiaramente di fronte a un cover-up, il primo ministro ci ha ingannati, non può rimanere al suo posto».
Dopo la caduta del premier islandese Gunlaugsson, ora è dunque l’inquilino di Downing street a tremare: ha già tutta l’ala euroscettica del suo partito contro sul referendum di giugno sulla Ue, il sindaco di Londra Boris Johnson mira apertamente alla sua poltrona e i bookmaker accettano scommesse sulle sue dimissioni.
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