DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
berlusconi ai 95 anni del padre di sgarbi
Anche il reato di «ingiuria» diventa semplice «illecito civile». Le agenzie di stampa battono la notizia poco dopo le 13. Conviene sentire un esperto. Telefonare a Vittorio Sgarbi. E lui risponde subito, con la voce che conoscete - rapida, brusca e insieme complice - pienamente ristabilito dopo il piccolo intervento chirurgico di un mese fa. «Che succede?» (s’intuisce un allegro vociare di sottofondo, da tavolata che fa bisboccia) .
Succede che un decreto del Consiglio dei ministri ha depenalizzato il reato di «ingiuria»... «No, scusi... Può ripetere?». L’ingiuria non è più reato. L’hanno deciso, poco fa, a Palazzo Chigi. «Ma è una notizia bellissima!» (a questo punto, il professor Sgarbi allontana il telefonino dalla bocca e dà l’annuncio alla comitiva.
berlusconi ai 95 anni del padre di sgarbi
«Avete capitooo? Le "ingiurie" non sono più reato, niente, fine, tutto depenalizzato! E certo che è sicuro! Ho in linea il Corriere...». Il vociare aumenta. Poi, distintamente, si sente uno che urla: «A stronzo!») .
Professore, chi è stato?
«Ah ah ah! E certo ora può urlarlo tranquillamente, tanto non può succedergli niente...».
Professore, chi è stato?
«Aspetti... ora le passo la persona che mi ha insultato...».
(Dopo qualche secondo) .
«Eh, un po' di gioia non guasta quando si accolgono certe notizie...».
Presidente Berlusconi...
«Buongiorno...».
Buongiorno a lei.
«Questa depenalizzazione mi sembra proprio una buona cosa un po' per tutti... Ma, naturalmente, lo è un po' di più per il nostro caro amico Vittorio, che è stato uno dei più perseguitati d'Italia...».
Sono a Ro, vicino Ferrara, in casa Sgarbi: festeggiano il compleanno di Giuseppe, il padre di Vittorio. «Berlusconi ha voluto farci un regalo... - il professore s'è rimpossessato del telefonino -. E però un bel regalo è anche questa notizia. Mi sembra una decisione molto civile quella presa dal governo: e lo dico io, dall'alto della mia esperienza di imputato... Perché, accusato di "ingiurie", ho dovuto affrontare oltre 400 processi e guardi, le dico, ho fatto i calcoli: tra avvocati e condanne avrò speso circa 3 milioni di euro...».
Caso famoso: 30 mila euro versati a Marco Travaglio per la frase: «Siamo un grande Paese con un pezzo di merda come te»; e poi altri 35 mila quando - qualche mese dopo - precisò: «Mi correggo. Travaglio non è un pezzo di merda. È una merda tutta intera».
Tribunali al lavoro per anni, su «ingiurie» così. Uffici bloccati, udienze rinviate, sentenze - spesso - mai arrivate.
marco travaglio vittorio sgarbi
Racconta il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che è stato il primo ad essere citato a giudizio per «ingiuria» pubblicata su Twitter: «Ebbi uno scambio di cinguettii sulla "trattativa Stato-mafia" con un ricercatore universitario. Il quale, poi, pubblicò il tweet che gli avevo spedito in privato. La vicenda si trascina da quasi tre anni... Detto questo, se avessi citato tutti quelli che mi hanno offeso nell'ultimo ventennio, sarei ricco...» (il tweet di Gasparri: «Ignorante presuntuoso fai vomitare»).
Nel 2006, sul quotidiano l'Unità , il professor Alberto Asor Rosa spronò il popolo progressista a «zittire gli urlatori», teorizzando che l'«ingiuria» è qualcosa di destra.
E allora Massimo D'Alema che definì Berlusconi «barbaro» e «buffone»? Per non parlare di Palmiro Togliatti, che i suoi avversari li chiamava «pidocchi».
Certo non sempre sono scattate le denunce (Umberto Bossi accettò di farsi descrivere da Gianfranco Fini come un «ubriaco» e Fini, a sua volta, fece finta di niente, quando Bossi lo identificò come uno «stracchino nero»): e comunque, quando pure le denunce sono scattate, spesso hanno avuto esiti sorprendenti.
Il 19 febbraio del 2011, tre giovani del centro sociale «Gabrio» andarono a disturbare il volantinaggio organizzato dalla Lega in un mercato rionale di Torino. C'era anche Mario Borghezio, gli urlarono: «Fascista, assassino, razzista». Denuncia, processo, assoluzione. «Certi epiteti - stabilì il tribunale - sono diventati linguaggio comune nella politica».
Anni prima.
Era il 1993, Francesco Rutelli candidato a sindaco di Roma. Un giornalista chiama Bettino Craxi, già in Tunisia. Lei, Presidente, per chi voterebbe? E lui: «Per Rutelli». Rutelli commenta dicendo che Craxi preferirebbe vederlo in galera.
Passa qualche tempo, e Stefania Craxi, figlia di Bettino, incontra Rutelli in un ristorante. «Sei un grandissimo stronzo!». Denuncia, processo, condanna: a pagare 50 mila euro. Che, però, la Craxi riesce a farsi rateizzare. E, sul retro di ogni bollettino postale, alla voce «causale», scrive: «Per aver dato del grandissimo stronzo a Francesco Rutelli».
L'aneddotica, sul tema dell'«ingiuria», è infinita.
Per restare in politica: c'è tanta robaccia - tipo il deputato grillino Massimo Felice De Rosa che dice ad alcune colleghe del Pd: «Le donne entrano in Parlamento perché fanno p...» - e tanta roba sorprendente. Anche vecchia di un secolo.
Per dire: Benito Mussolini, prima di diventare Duce, se riteneva di essere stato ingiuriato, impugnava la sciabola e sfidava a duello. Alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia, il pomeriggio del 29 marzo 1915, a Milano, in una villa alla Bicocca di Niguarda, affrontò il deputato socialista Claudio Treves, che apparteneva all'area pacifista.
vittorio sgarbi maurizio costanzo show
Dopo 25 minuti di combattimento, i padrini - su consiglio dei medici presenti - suggerirono di porre fine allo scontro. Ma i due non ne vollero sapere.
Alla fine, ebbe la peggio Treves: ferito all'avambraccio, alla fronte e all'ascella.
Per Mussolini, un taglio all'orecchio.
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