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Micol Passariello per “il Venerdì - la Repubblica”
Nel 1960 il Mali proclamava la sua indipendenza, dopo circa un secolo di colonizzazione francese. Quello che è seguito non è stata esattamente una favola a lieto fine: la presidenza di Modibo Keita è diventata presto regime, e il Paese è scivolato in una serie di disastrose iniziative economiche e politiche. Ma l' indipendenza ha comunque portato alla gente del Mali una ventata di euforia che, tra gli anni 60 e 70, ha trasformato la nazione nella culla della dolce vita africana.
Una bella testimonianza di quel periodo l' ha lasciata Malick Sidibé (Leone d' oro alla carriera nel 2007), riuscendo a catturare nei suoi scatti e nel docufilm Dolce Vita Africana l' ottimismo e lo spirito di rinnovamento del Paese. Presentato in prima visione oggi alla Somerset House di Londra, il lavoro fa parte dell' ampia retrospettiva Malick Sidibé: The Eye of Modern Mali (fino al 15 gennaio), dedicata al grande fotografo nato nel 1936 in un villaggio sperduto del Mali e scomparso lo scorso aprile.
Nel film e nelle immagini esposte rivive la sbornia d' entusiasmo dei primi anni d' indipendenza. L' energia della vita notturna, i nightclub, le strade affollate. Vestiti eleganti, tacchi alti, giovani sorridenti e volti pieni di speranza.
«Mentre i ragazzi si divertivano e facevano festa nei locali sulle rive del Niger e nei tanti bar che spuntavano in giro per la città, Malick sfrecciava con la sua Vespa da un angolo all' altro della capitale per scattare foto» racconta il suo amico e collaboratore André Magnin. Il ritmo incalzante della "Malian roots music", colonna sonora della mostra, aiuta a ricreare lo spirito del tempo e la Nightlife in Bamako.
Ovvero, come spiegava il fotografo, «una città energica e vitale, dominata dall' esuberanza della gioventù africana, che ho voluto ritrarre mentre viveva la sua epoca più significativa, di passaggio sociale e culturale». È un Mali spensierato e rock' n'roll quello di Sidibé, lontanissimo da quello che il Paese - ostaggio dei fondamentalisti islamici e della guerra civile - è via via diventato.
Scorrendo i suoi ritratti sembra ancora di sentire fruscio di abiti, risate e soprattutto tanta musica. Diceva il fotografo, music feed us, la musica ci nutre. Peccato che i ribelli islamisti del nord nel 2012 l' abbiamo vietata imponendo la sharia.
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