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Dory D’Anzeo per "la Nazione - Arezzo"
Piera Maggio contro lo Sgargabonzi, alias Alessandro Gori. La madre di Denise Pipitone, la bambina scomparsa nel 2004 a Mazara del Vallo, era ieri ad Arezzo per l’inizio del processo che vede imputato lo scrittore comico aretino, accusato di diffamazione.
I fatti risalgono al 2014 quando Gori, per presentare lo spettacolo che avrebbe dovuto portare in scena al Circolo Aurora, ha pubblicato su Facebook frasi come «Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, nuovo volto del spot Lerdammer» oppure «Stasera al supermercato ho visto la signora Piera Maggio, mamma di Denise Pipitone, la bambina scomparsa qualche anno fa. Così sono andato a riempirmi il carrello con un sacco di roba e gliel’ho portato, dicendole: ...E non voglio più vedere quel faccino triste», per citare alcune delle parole incriminate.
DENISE PIPITONE PIERA MAGGIO 2
A Gori viene imputato anche di aver pubblicizzato il suo spettacolo con una locandina dove c’era scritto «Curiosità pruriginose su Denise Pipitone con diapositiva e Simmenthal e Giovanni Falcone il Renato Rascel dell’antimafia».
Frasi che hanno fatto sobbalzare Piera Maggio, difesa in aula dall’avvocato Cristian Rosa, delegato dal legale Giacomo Frazzitta: ieri durante l’udienza ha raccontato davanti alla giudice Isa Salerno di aver percepito un’offesa diretta a lei e alla figlia, leggendo quei post.
piera maggio a chi l'ha visto 2
Il procedimento è stato rinviato al 19 novembre per sentire il testimone dell’accusa, tra l’altro un volto noto ad Arezzo perché si tratta di Sergio Nenci, meglio noto come Cico, in qualità di legale rappresentante del Circolo Aurora.
A Nenci sarà chiesto perché ha ritenuto di non ospitare più lo spettacolo previsto nel noto circolo Arci di piazza Sant’Agostino. La rappresentazione, infatti, non si è mai tenuta perché la signora Maggio, attraverso il legale Giacomo Frazzitta che ne ha assunto la rappresentanza anche in questo procedimento, era intervenuta subito con una diffida.
LO SGARGABONZI - JOCELYN UCCIDE ANCORA
«L’intento di Gori – spiega il suo legale Niki Rappuoli – non era affatto quello di diffamare né la signora Piera Maggio né la figlia Denise. Il messaggio era tutt’altro, voleva essere una critica nei confronti del sistema televisivo che strumentalizza il dolore di una madre per la scomparsa di sua figlia».
Una critica, fa notare Rappuoli, già espressa da altri osservatori: «Stamattina (ieri per chi legge) in udienza ho prodotto un articolo di Aldo Grasso in cui si parla appunto del circo mediatico scatenato attorno al caso, auspicando almeno che il cinismo dei media possa portare almeno ad avvicinarsi alla verità.
Il senso delle frasi del mio assistito è lo stesso, solo che Aldo Grasso è un giornalista, mentre Gori è uno scrittore comico con il gusto del paradossale e del black humor, perciò si è espresso secondo il registro che gli è più congeniale».
A dimostrazione della tesi difensiva, Rappuoli ieri mattina ha depositato il libro «Jocelyn uccide ancora», scritto proprio da Gori, per inquadrare meglio il filone al quale appartengono le frasi scritte dallo Sgargabonzi. Un passaggio sul quale ha insistito anche Alessandro Gori davanti al pubblico ministero Bernardo Albergotti nell’interrogatorio di due anni fa.
Su tutto il procedimento pende la scure della prescrizione, che scatterà a gennaio. Se, invece, il processo sarà celebrato, Rappuoli annuncia come testi a difesa: «Alcuni professori universitari ed esperti in materia letteraria, di diversa provenienza, che hanno letto e percepito il contenuto del post incriminato, fanno parte di quella ‘intelligenza’ di natura letteraria e culturale del nostro Paese e potranno riferire la continenza di queste espressioni nell’ambito di una certa cifra letteraria». Un altro capitolo dell’eterna diatriba sui confini tra satira e diffamazione.
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