daniela lo verde zen

“E ORA A CHI CREDIAMO?” – VIAGGIO NELLO ZEN DI PALERMO DOVE DANIELA LO VERDE, ARRESTATA PER CORRUZIONE E PECULATO, ERA DIRIGENTE SCOLASTICA DELLA SCUOLA GIOVANNI FALCONE, UN BALUARDO DI LEGALITÀ IN UN QUARTIERE GHETTO POPOLATO DA BABY SPACCIATORI, CRIMINALI E DISGRAZIATI DI OGNI TIPO - PROGETTATO NEL 1969 DALL’ARCHITETTO VITTORIO GREGORETTI, LO ZEN 2 SI È RIVELATA UN’UTOPIA URBANISTICA DESTINATA A FALLIRE: I SERVIZI NON FURONO MAI REALIZZATI E…

Laura Anello per "La Stampa"

 

daniela lo verde 1

[…]Daniela Lo Verde, Cavaliere della Repubblica, da dieci anni anima dell'Istituto intitolato a Giovanni Falcone, adesso è agli arresti domiciliari per corruzione e peculato, così come il vicepreside. Al suo posto è stato nominato reggente Domenico Di Fatta, il suo predecessore nella scuola dello Zen: un segnale immediato per colmare la voragine che si è aperta tra i casermoni del quartiere dove il lavoro regolare non arriva al 2 per cento, l'analfabetismo tende al 5, la dispersione nella classi supera il 16. E dove adesso si inseguono le stesse parole: «E adesso a chi crediamo? Ci sentiamo traditi».

zen palermo

 

Una voragine di senso, di fiducia, di speranza nello Stato, quello Stato che soltanto nel 2011 – mezzo secolo dopo la costruzione del quartiere – ha piantato il suo fortino, una caserma dei carabinieri, tra baby spacciatori, criminali di rango e disgraziati di ogni tipo. Parliamo dello Zen 2. Perché lo Zen 1, realizzato nel 1960, in qualche modo è diventato un pezzo di città.

 

sergio mattarella daniela lo verde

Lo Zen 2, invece, è fallito come tante analoghe utopie urbanistiche piovute sul terreno come astronavi. Al punto che poco più di dieci anni fa l'archistar Massimiliano Fuksas propose di raderlo al suolo. Lo aveva progettato nel 1969 per l'Istituto case popolari il patriarca degli architetti italiani, Vittorio Gregotti, come un sistema di insulae, costruzioni basse con un cortile interno, per riprodurre i cortili del centro storico che si era svuotato l'anno precedente, con le scosse e i crolli del terremoto del 1968.

zen inchino alla caserma dei carabinieri

 

Ma la fame di alloggi scatenò ben presto la corsa alle occupazioni abusive (ancora adesso soltanto il venti per cento degli abitanti è un assegnatario regolare), i servizi non furono mai realizzati e l'utopia non tardò a diventare ghetto. A poco servì cambiargli nome, come fece l'ex sindaco Leoluca Orlando: San Filippo Neri, lo ribattezzò. Ma Zen era e Zen restò. «Un dolore per il quartiere e per la città tutta, un episodio che contribuisce a scalfire la fiducia nei confronti delle istituzioni», dicono all'unisono Zen Insieme, Bayty Baytik, l'Albero della vita e Handala, le quattro associazioni impegnate in questa terra di frontiera. Accanto a loro c'è stata a lungo Daniela Lo Verde ad accendere un faro di speranza.

 

lo zen di palermo

È stata lei a battersi per i corsi pomeridiani nella scuola che accoglie alunni dalla primaria alla media, lei a portare in gita d'istruzione gambe e occhi che non erano mai usciti dal quartiere. Lei a fare miracoli con quei fondi comunitari che secondo la procura europea avrebbe però utilizzato in modo improprio e anche a suo vantaggio, gestendo spregiudicatamente forniture e fatturazioni, oltre che attestando falsamente la presenza degli alunni ai corsi. Saranno i giudici a stabilire le responsabilità, ma Palermo ha già condannato. Un'icona non può permettersi di sbagliare.

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