FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Viviana Mazza per “Il Corriere della Sera”
Non c’è stata discriminazione: è il verdetto raggiunto ieri dai giurati — sei uomini e sei donne — in uno dei processi più discussi di Silicon Valley.
Ellen Pao, ex junior partner 45enne, ha trascinato in un tribunale di San Francisco il fondo di investimento speculativo «Kleiner Perkins Caufield & Byers», noto per aver finanziato agli inizi aziende high-tech come Google e Amazon. Dopo quattro settimane di processo e tre giorni di deliberazioni, otto giurati su 12 hanno dato ragione alla società di «venture capital», ma gran parte della stampa americana, da una costa all’altra, ha sottolineato che la sconfitta di Ellen Pao è tutt’altro che una vittoria per lo status quo nel mondo dei fondi di investimento e della Silicon Valley in generale.
Figlia di immigrati cinesi (il padre professore di matematica), forte di tre lauree ottenute in università Ivy League (ingegneria a Princeton, giurisprudenza e poi business a Harvard), Pao è stata assunta nel 2005 da Kleiner Perkins come capo dello staff di John Doerr, il socio più noto, ma poi licenziata nel 2012. Lei sostiene di non essere mai diventata «senior partner» perché donna, di essere stata punita perché si era lamentata e di aver subìto frequenti discriminazioni: esclusa da incontri con imprenditori nel fine settimana, da cene di lavoro (una delle quali con Al Gore perché «le donne uccidono l’atmosfera», come scrisse un socio via email), oggetto di regali inappropriati (un libro di poesie erotiche), fatta sedere in fondo alla stanza anziché intorno al tavolo come gli uomini. La difesa invece ha dipinto un quadro diverso, affermando che l’unico nemico di Ellen Pao erano le sue stesse capacità.
Il suo caso comunque ha fatto discutere l’America — e non solo «gli addetti ai lavori» — su un problema in cui si riconoscono diverse donne. Ellen Pao non otterrà il risarcimento milionario che aveva chiesto, ma sul New York Times Farhad Manjoo l’ha definita una «disrupter» — paragonandola agli imprenditori che inventano un nuovo prodotto o un modo di fare affari che sconvolge il mercato (e spesso all’inizio non vengono «capiti»).
C’è chi sostiene che la sua decisione di andare in tribunale, anziché per esempio di chiedere un risarcimento senza grande pubblicità, farà storia per le donne nel mondo del lavoro, come avvenne con la denuncia di molestie sessuali avanzata da Anita Hill nel 1991 contro il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas. «Anche lei non ebbe la meglio, ma aprì un dibattito pubblico su un tema fino ad allora discusso solo in privato» .
È anche vero che, mentre una ricerca del Babson College mostra che nei fondi di investimento le socie sono appena il 6% (in calo rispetto al 10% nel 1999), da Kleiner Perkins sono il 20%. Ma uno studio di Harvard sostiene che 6 su 10 delle impiegate nel settore si sentono svantaggiate perché donne.
Nel mondo high-tech poi non è la prima volta che viene sollevata la questione delle discriminazioni e della mancanza di diversità (sessuale oltre che etnica): dal «#GamerGate» (gli abusi online contro le donne nell’industria dei videogiochi) al risarcimento per molestie ottenuto da una ex dipendente di Tinder. A Silicon Valley le donne occupano l’11% delle posizioni esecutive e, sulle differenze retributive, tema di battaglia per Patricia Arquette come per Hillary Clinton, è «scivolato» anche l’ad di Microsoft Satya Nadella: suggerì a chi vuole il cambiamento che è meglio fidarsi del sistema («Non chiedere più soldi dà un buon karma»).
Pao, sposata con un finanziere di Wall Street il cui hedge fund è in bancarotta (Kleiner voleva includerlo nel caso ma il giudice ha rifiutato), madre di una bambina di sei anni, ora è amministratore delegato di Reddit. Per ringraziarla c’è chi ha lanciato su Twitter l’hash-tag #ThankYouEllenPao. Ma ci sono altre due cause in ballo e una è proprio contro Twitter: l’ingegnere Tina Huang, che ha dato il via a una class action, denuncia che le promozioni sono arbitrarie e favoriscono gli uomini. L’altra riguarda Facebook, dove l’ex manager Chia Hong dice di essere stata «discriminata, molestata e punita» per ragioni di genere e di razza .
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