CHE FINE FARA’ SNOWDEN, ORA IN ESILIO A MOSCA, SE PUTIN E TRUMP VANNO D’AMORE E D’ACCORDO? SARA’ ESTRADATO IN NOME DEI NUOVI EQUILIBRI GEO-POLITICI? L’HACKER AMERICANO PER ORA E’ TRANQUILLO: “SE VOGLIAMO UN MONDO MIGLIORE, NON POSSIAMO SPERARE IN OBAMA E NON DOBBIAMO TEMERE TRUMP”

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Marta Serafini per “il Corriere della Sera”

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«Se mi fossi preoccupato per me a quest'ora sarei ancora alle Hawaii». Per mesi si è trincerato dietro un lungo silenzio rotto solo dalla richiesta di grazia a Obama. Non ha detto quasi nulla mentre Assange prendeva a testate la campagna di Hillary Clinton. E non ha praticamente fiatato mentre il mondo lo metteva sullo stesso piano del fondatore di WikiLeaks. Ma ora Edward Snowden, il whistleblower, autore delle rivelazioni che tre anni fa hanno dato il via al Datagate, torna sulla scena.

 

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Tranquillo, con il sorriso e gli occhi tristi di sempre, intervenendo in video-collegamento da Mosca dove vive dal 2013 con un permesso di soggiorno di tre anni (data di scadenza 2017), dopo la vittoria di Trump ha spiegato di non temere l'estradizione dalla Russia agli Stati Uniti, dove è accusato di spionaggio e dove rischia la pena di morte. «Se vogliamo un mondo migliore, non possiamo sperare in Obama e non dobbiamo temere Trump», ha spiegato venerdì scorso. Ma se lui non pare preoccupato c' è chi invece lo è.

 

SNOWDEN FILMSNOWDEN FILM

«Putin ora potrebbe decidere di restituire il regalo di Natale ricevuto tre anni fa», spiega al Corriere Luke Harding giornalista del Guardian , ex corrispondente dalla Russia, espulso da Mosca per le sue critiche al Cremlino. Harding è l' autore di «Snowden, la vera storia dell' uomo più ricercato del mondo» (Newton Compton editore), libro che arriva domani nelle librerie italiane e da cui è tratto l' omonimo film di Oliver Stone, in uscita nelle sale italiane il 24 novembre. Oltre trecento pagine che ricostruiscono la vita di un uomo in fuga.

 

edward snowdenedward snowden

Lo stesso che, piaccia o meno, ha cambiato la storia portando alla luce il più grande sistema di sorveglianza di massa. «Volevo raccontare Snowden in modo che fosse interessante per tutti, dai bambini in Brasile ai manager di Milano», continua Harding. Ne viene fuori che Snowden è «un geek, ma non un ragazzo di sinistra che vuole vedere bruciare il mondo».

 

Snowden è Verax - questo uno dei suoi pseudonimi -, un oracolo e una fonte soprannaturale, secondo l'uso che di questa parola facevano Cicerone e Orazio. E l'antitesi di Mendax, nickname usato da Assange. È il figlio di un guardiamarina, che dopo l'11 settembre decide di arruolarsi, perché vuole servire il suo Paese.

 

snowden bandiera americanasnowden bandiera americana

«Le sue condizioni fisiche erano buone, ma non era adatto a fare il soldato: era miope, con -6.50/-6.25. Inoltre aveva anche dei piedi molto esili», scrive Harding. «I civili di Fort Benning ci hanno messo tre quarti d'ora a trovarmi un paio di anfibi che mi andassero», racconterà Snowden stesso.

 

Per Harding è grazie a quella breve esperienza che Snowden viene reclutato dall'intelligence. Non è laureato, non ha un diploma. Ma non gli serve essere James Bond, basta solo fare domanda per una «posizione come specialista informatico». E lui è bravo coi computer. Fa carriera. Passa in Svizzera dove ha accesso alle prime informazioni riservate su Prism, il sistema di intercettazione dell'Nsa che accede a email, post di Facebook e chat.

 

IL BUSTO DI EDWARD SNOWDEN A BROOKLYNIL BUSTO DI EDWARD SNOWDEN A BROOKLYN

Poi si trasferisce in Giappone e infine alle Hawaii dove diventa contractor per la Booz Allen Hamilton. «Si definiva un patriota», sottolinea Harding. Snowden ha sempre spiegato di non aver mai voluto danneggiare gli Stati Uniti quando si è imbarcato per Hong Kong per incontrare Laura Poitras e Gleen Greenwald e consegnare nelle loro mani i documenti segreti dell'Nsa. «Si stava lasciando alle spalle tutto: la carriera, la fidanzata (che poi lo avrebbe raggiunto a Mosca, ndr), la casa. Non era una scelta semplice».

 

Da quel giorno all'hotel Mirai molta acqua è passata sotto i ponti. La presidenza Obama è sopravvissuta al Datagate ma ha dovuto cedere il passo a uno dei presidenti più controversi di tutti i tempi. Putin sembra aver deciso di rispondere agli attacchi informatici degli Usa, prima cyber potenza dal mondo. E lui, il whistleblower , diventato suo malgrado attore - nel film di Oliver Stone compare in un cameo - è ancora lì, alla sbarra.

 

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«Spia», «venduto», «hacker al soldo di Mosca». Questi sono gli epiteti con cui è tuttora dipinto dai suoi detrattori. «Non chiedete a me perché sono a Mosca. Chiedetelo al Dipartimento di Stato Usa», ripete da dietro gli occhiali spessi. «Ma Snowden non è una spia. È uno dei più grandi eroi dei nostri tempi», conclude Harding. E questi sono tempi in cui gli eroi servono. Nei film, nei libri. Ma soprattutto nella realtà.