DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA”…
Giordano Stabile per “la Stampa”
Nella foto dei tre uomini che decideranno le sorti di Israele nelle prossime settimane, il presidente Reuven Rivlin, Bibi Netanyahu e Benny Gantz, ce ne era uno che non sorrideva. Ed era Gantz. L' occasione era la cerimonia in ricordo di Shimon Peres, uno dei padri della patria, scomparso nel 2016.
Netanyahu, che l' aveva sconfitto nel 1996, l' ha citato come possibile esempio per il prossimo governo quando ha ricordato che, nel 1984, il leader laburista si era messo d' accordo con il rivale Yitzhak Shamir in un esecutivo di unità nazionale, con rotazione alla carica di premier. Un esperimento durato quattro anni.
Questa è in sostanza l' intesa che il leader del Likud ha offerto ieri. L' ha fatto in maniera plateale, quando ha invitato Gantz a un incontro, subito: «Vediamoci oggi stesso e diamo un governo al Paese». L' ex generale ha però fiutato una trappola. Prima dell' offerta Netanyahu si è blindato con un accordo pre-trattative assieme ai tre partiti di destra alleati. Formano un blocco unico di 55 seggi che «King Bibi» vuol far pesare, soprattutto di fronte al presidente Rivlin, per ottenere i primi due anni di premiership, da cedere in seguito al rivale. O forse no.
«Nessuno si fida più di Netanyahu», hanno fatto sapere i consiglieri di Gantz. Poi è arrivata la risposta del leader. Un no secco. Blu e Bianco, il suo partito, ha replicato «è la formazione politica con più seggi. Netanyahu non è riuscito a ottenere una maggioranza. Costruiremo un governo ampio e liberale in grado di rispondere alle richieste del popolo. Non subiremo alcun diktat. Sarò io a condurre le trattative».
Un tono militaresco che nasconde molte preoccupazioni. Rivlin e Netanyahu si amano poco, ma sono politici di lungo corso, e dello stesso partito, il Likud. Il presidente spinge per un' intesa di unità nazionale dallo scorso aprile, dopo il primo stallo alla Knesset. Ieri, alla cerimonia in ricordo di Peres, ha ribadito che chiederà a tutti i partiti «come intendono dare un governo a Israele il prima possibile». Segno che non accetterà i tatticismi che hanno avvelenato il clima per mesi dopo le elezioni del 9 aprile.
Questa volta Gantz ha due seggi in più di Netanyahu, 33 a 31, mentre ad aprile erano pari, 35 a 35. Il blocco di centrosinistra ha 57 seggi, che però includono i 13 della Lista araba, decisiva nella sconfitta del premier. Il centrodestra ne ha 55 e Yisrael Beitenu di Avigdor Lieberman 8. La ripetizione del voto non ha aiutato il premier.
Nel 2015 aveva un blocco di 48 deputati di centrodestra laici, più 13 seggi dei religiosi. Lo scorso 9 aprile è passato a 44 laici e 16 religiosi. Martedì ha ottenuto soltanto 39 deputati laici e 17 religiosi. Un' erosione continua. Difficile che ci riprovi una terza volta. Fra due settimane dovrà affrontare l' audizione presso l' ufficio del Procuratore generale Avichai Mendelblit.
Rischia il processo in tre casi di corruzione e abuso d' ufficio.
Gli serve un colpo di scena. Analisti come Amor Harel non escludono una guerra. Già nel 2012 Netanyahu ha puntellato così la sua maggioranza, con l' ingresso di Kadima durante un' operazione a Gaza. Una provocazione da parte di Hezbollah o della Jihad islamica potrebbe innescare un conflitto per certi versi provvidenziale.
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