RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giuseppe Guastella per corriere.it
La confusione si alterna alla lucidità nell’interrogatorio di Alberto Genovesedavanti ai pm milanesi che lo accusano di aver drogato e violentato una modella di 18 anni nel suo attico a due passi dal Duomo di Milano. È il 18 novembre, a 12 giorni dall’arresto il mago del web diventato milionario con le startup racconta di come si è rovinato la vita con la droga, quella che gli fa sentire le «voci» nel cervello e gli ha fatto fare cose «che non mi sarei mai sognato di fare». Alla prima violenza indagini e denunce ne aggiungeranno altre cinque.
«Non nuocerò alle donne»
«Penso che questo processo mi possa dare la possibilità di dimostrare che non nuocerò più alle donne e alla collettività», dichiara riflettendo sulla corte dei miracoli che lo ha assecondato per anni e che ora sospetta fosse attratta più dal suo denaro che dalla sua amicizia, come le ragazze che andavano a «Terrazza sentimento» e che è convinto «fossero tutte prostitute», a partire dalla modella 18enne. «Non capisco se ci fosse una sorta di macchina succhia-soldi intorno a me e questa cosa mi fa stare male».
Interrogatorio fiume
Nelle cinque ore e mezza di domande e risposte i suoi avvocati (Luigi Isolabella e Davide Ferrari) chiedono un rinvio per le cattive condizioni dell’imprenditore dovute al carcere e all’astinenza. Lui, pur cedendo talvolta alla disperazione, continuerà a rispondere ai pm Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro come «dimostrazione di buona volontà», ma chiedendo «pazienza e comprensione» perché «il mio è il cervello di un tossicodipendente» e «sono tormentato dall’incapacità di distinguere la realtà dalla finzione». Le «allucinazioni uditive» lo tormentano da un anno e mezzo. Le sente «attraverso il respiro o il battito cardiaco, o da una mano che passa sulla stoffa, dai condotti dell’aria condizionata, dal rumore del movimento delle suole delle scarpe sul pavimento». Non si è mai rivolto a un medico. Solo in carcere ha capito che potrebbe essere legato alla cocaina.
«Ho iniziato a pippare»
C’è un prima e un dopo nella sua vita. Il confine è l’agosto del 2015, quando «ho cominciato a pippare». Due anni dopo smette di lavorare. Di fronte ai pm che vogliono approfondire quello che è accaduto a casa sua tra il 10 e l’11 ottobre, le dichiarazioni di Genovese sembrano più razionali.
Dice di avere «ricordi molto confusi», ma rivede loro due a letto che si drogano durante un amplesso con momenti di tenerezza. L’accusa, basandosi su una ventina di ore di video che dettagliano lo stupro, sostiene che Genovese avrebbe stordito la ragazza con una droga diversa da quella presa da lui, abusando di lei anche quando lo implorava di smettere. Ricostruzione opposta quella dell’imprenditore il quale dice che la modella gli avrebbe proposto: «Dammi 3.000 (euro, ndr) e puoi fare tutto quello che vuoi».
Questo lo aveva reso felicissimo al punto da chiamarla la sua «idola»: «Ho preso i soldi dal comodino e glieli ho contati. Lei è andata in bagno, credo a contarli. Ricordo che è tornata dal bagno nuda e con la borsetta mi ha detto “eh, eh”. Allora sono andato nello studio, ho preso un’altra manciata di soldi, forse una mazzetta intera di 10.000». «Lei si è stupita dicendomi “figuriamoci se non hai mai pagato una prima”. Io cerco di illudermi che non ci sia una correlazione diretta tra il fatto che faccio loro dei regali e il fatto che stanno con me», spiega. Le propone altri 500 euro «se si fosse fatta legare» e se avesse urlato, «ma non tanto da essere sentita dal condominio». Di questi colloqui e movimenti al momento non c’è riscontro negli atti dell’accusa.
«Ero terrorizzato, era minorenne»
Con il passare delle ore, sorgono in lui dubbi sull’età della ragazza perché teme sia minorenne. Rovista nella sua borsetta senza trovare certezze tra i documenti di identità. «Ero terrorizzato perché avevo fatto sesso con una prostituta minorenne», dichiara. Per questo «ho bruciato i soldi con un cannello da cucina». Dice di aver invitato la modella ad andare via. È l’inizio di quella che definisce la sua «tragedia».
Quando nei giorni successivi viene a sapere che la modella è maggiorenne, inizialmente si stente «sollevato». Per darle ciò che le deve, manda alla ragazza 8.000 euro tramite Leali. «Uno dei ricordi più dolorosi per me in carcere è stato sentire da Daniele di stare tranquillo, che tutto era a posto, che i soldi non li aveva voluti, che anzi sarebbe venuta in vacanza assieme a noi, che tutto era risolto».
Invece la ragazza lo aveva denunciato appena uscita da Terrazza sentimento a una volante della polizia fermata in strada. Genovese dice che quella era la «punizione» per non aver pagato.
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