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Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
Una furia cieca, un’esplosione di violenza che sembra raccontare molto di più del possibile impeto omicida di un rapinatore. Chi ha ucciso Maria Luisa Fassi, la tabaccaia di Asti massacrata a coltellate sabato mattina, si è accanito contro di lei con ferocia. L’ha colpita per quaranta-quarantacinque volte con un coltello largo 4-5 centimetri e lungo almeno 20. Le ferite erano così tante che in alcuni punti non è stato nemmeno possibile distinguerle l’una dall’altra.
La dottoressa che ieri ha eseguito l’autopsia, Rita Celli, ha voluto fare un sopralluogo nella tabaccheria per rendersi conto degli spazi nei quali Maria Luisa è stata costretta a difendersi, per capire meglio come ha affrontato il suo assassino nel tentativo di salvarsi, fino all’ultimo.
Molte delle ferite sono infatti «da difesa», sui gomiti, le mani, gli avambracci. Segni evidenti della lotta furiosa fra Maria Luisa e il suo aggressore che andando via l’ha creduta sicuramente morta mentre invece il suo cuore si è fermato molte ore dopo, in ospedale.
A questo punto, con le certezze che vengono dall’autopsia, sembra più difficile che l’ipotesi di una rapina finita nel sangue regga la scena di questo delitto. La logica e il profilo criminale del killer, tracciato dagli esperti in queste ore, non suggeriscono la reazione spropositata di chi chiede soldi senza ottenerli, nemmeno nel caso che si pensi (come si è immaginato finora) a un tossicodipendente o a uno psicopatico.
Piuttosto tutto sembrerebbe indicare l’azione di qualcuno che aveva nei confronti di lei un profondo rancore personale. Qualcuno capace di quella brutalità raccontata tante volte dalla cronaca nei casi di femminicidio. Uno spasimante respinto, per esempio.
«È una delle piste che stiamo seguendo» conferma il pubblico ministero Luciano Tarditi. Se è questa la strada giusta verso la soluzione del delitto «allora dobbiamo mettere nel conto l’idea che lei conoscesse chi l’ha uccisa» spiega uno dei trenta investigatori che stanno lavorando al caso, compresi gli uomini del Reparto Crimini Violenti del Ros.
La pista di un corteggiatore respinto porta con sé anche l’ipotesi di una tentata violenza sessuale. Nessun elemento che lo confermi ma, anche questa, per gli inquirenti «è una possibilità che spiegherebbe la strenua difesa di lei e potrebbe aver scatenato la rabbia cieca dell’aggressore, soprattutto se davvero lei lo conosceva».
Il passare dei giorni rischia di stabilizzare psicologicamente l’assassino, di farlo ragionare sulle mosse che potrebbero salvarlo o depistare le indagini. In un certo senso, quindi, quest’inchiesta è anche una corsa contro il tempo. E per ora non sono sciolti nemmeno i nodi fondamentali: il movente ancora aperto su più scenari, certo, ma anche l’arma del delitto che non si trova nonostante quintali di spazzatura setacciata e ricerche ovunque. Poi sembrano deludenti le immagini delle telecamere sulle quali si era fatto tanto affidamento: sono state sequestrate tutte quelle girate nel raggio di un chilometro dal luogo del delitto ma pare che finora non abbiano dato i risultati sperati.
MARIA LUISA FASSI CON LA SORELLA
Quella che avrebbe potuto registrare l’omicida in fuga riprendendolo da vicino (è a un metro dall’ingresso della tabaccheria) non ha in memoria nessun frame utile perché lui non è passato sotto il suo occhio scappando.
È andato dalla parte opposta e in quella direzione la telecamera più vicina è a 300 metri, anche quella senza riprese utili. Perciò adesso si dovranno mettere assieme le immagini di tutte le altre, più lontane, tracciare una mappa con gli spostamenti delle figure che si vedono passare e incrociare quei frame con le celle telefoniche che sabato mattina erano nella zona.
Già questo sarebbe sufficiente ad allungare i tempi e a complicare le indagini. Ma gli accertamenti da eseguire sono molti di più. Per esempio quelli dei Ris di Parma sull’impronta di un piede o sui reperti biologici recuperati nella tabaccheria, soprattutto sul sangue (potrebbe esserci quello di chi l’ha uccisa). E ancora: sono da analizzare tutti i dati dei tabulati telefonici di Maria Luisa nelle ultime settimane e in particolare negli ultimi giorni. I primi controlli sembrano però escludere che il suo telefono cellulare riveli dettagli utili agli inquirenti.
La quantità di lavoro e lo schieramento di forze messe in campo per arrivare alla soluzione del caso sono imponenti. Il fallimento, in questa caccia all’uomo, non è previsto.
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