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Claudio Marincola per “Il Messaggero”
Si sblocca il ddl di riforma della Rai. Al punto che la prossima settimana il provvedimento che detta la nuova governance dell’azienda potrebbe essere già discusso e quella seguente votato in Aula. Un’accelerazione improvvisa frutto di un accordo politico tra i democrat e Forza Italia. Punto di svolta è la figura del presidente di garanzia scelto dal cda e confermato dalla commissione parlamentare di Vigilanza che in questo modo manterrebbe un ruolo meno defilato.
É il risultato di un’intesa non scritta, un accordo che a qualcuno ha fatto subito tornare in mente i corteggiamenti che precedettero il patto del Nazareno. La chiave di volta, dicevamo, è stata l’approvazione ieri mattina in commissione Lavori pubblici del Senato dell'emendamento Gasparri-Minzolini-Gibiino in cui si dice che la Vigilanza avrà l’ultima parola sulla nomina del presidente(serviranno due terzi).
DIALOGO
youth con gasparri e giovanardi by spinoza
Approvato l’emendamento-svolta la strada si è fatta in discesa. Il sottosegretario Giacomelli, che ha le deleghe alle Comunicazioni, a metà mattinata già sprizzava ottimismo. Fino a sbilanciarsi e dire che «in un paio di settimane il percorso a palazzo Madama si potrebbe concludere». «Il governo sulla riforma Rai - avrebbe poi aggiunto in serata Giacomelli - sta seguendo fino in fondo il percorso parlamentare ascoltando i suggerimenti di tutta l’opposizione per migliorare il testo e questa scelta sta dando i suoi frutti».
Molto più incerto resta il cammino alla Camera visti i mal di pancia accusati all’interno al pd e il rischio che il contagio si espanda. Il testo nella nuova versione non dispiace a Maurizio Gasparri perché ribadisce «due principi» già contenuti nella legge che porta il suo nome, «la funzione di controllo del Parlamento» e quella della commissione di Vigilanza», funzione, «più volte ribadita dalle sentenze della Corte Costituzionale».
Il presidente della Rai, dovendo avere il consenso dei due terzi della commissione non potrà essere espressione di una semplice maggioranza parlamentare e avrà compiti per lo più di rappresentanza e istituzionali.
PUNTI FERMI
I democrat non hanno ceduto su tre punti: 1) i pieni poteri dell’ad; 2) i criteri di nomina; 3) la trasformazione dell’azienda in una Spa “normale”. Sul resto dibattito aperto. Al punto che oggi verrà approvato con ogni probabilità un emendamento presentato dal grillino Cioffi che modifica l’articolo 5, lettera 2, comma B, riducendo le deleghe al governo.
L’ex vice presidente della Vigilanza Salvatore Margiotta si complimenta «per l’ottimo lavoro della Commissione e di Giacomelli» e per la «disponibilità all’ascolto. Ma c’è chi, come il dem Michele Anzaldi storce la bocca, vede nelle modifiche al testo una riduzione dei poteri dell’ad, «uno dei pilastri del progetto». In questo modo, prevede Anzaldi, segretario della Vigilanza, il presidente di garanzia diventerà «l’ennesimo terreno di scontro e di contrattazione tra i partiti che la riforma vuole accompagnare fuori dalla Rai».
GLI INCOMPATIBILI
Il relatore del ddl Raffaele Ranucci si è mosso in tutti questi giorni con cautela. Una scelta che finora ha pagato. Gasparri (FI) all’inizio ha puntato i piedi annunciando una pioggia di emendamenti ma non si è vista ombra di ostruzionismo. Il via libera all’emendamento del grillino Cioffi stabilisce che i due membri del cda designati dal Consiglio dei ministri vengano scelti «seguendo i criteri e le modalità di nomina degli organi delle società controllate direttamente o indirettamente dal ministero dell’Economia».
gianfranco vissani e raffaele ranucci
Fuori chi è in conflitto di interesse o di cumulo di cariche in società concorrenti della Rai». Regolata infine anche la nomina del membro espresso dai dipendenti Rai che dovrà essere «titolare di un rapporto di lavoro subordinato da almeno 3 anni consecutivi».
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