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QUELLA DROGA CHIAMATA FACEBOOK - ROGER MCNAMEE, TRA I PRIMI INVESTITORI DELLA SOCIETÀ, TORNA A SPARARE A ZERO SUL SOCIAL NETWORK DEFINENDO "I SUOI CONTENUTI VIOLENTI E RAZZISTI COME COCAINA PER GLI UTENTI" – "C’È UN’INDICAZIONE PRECISA DI NON RIMUOVERLI: SONO COME DROGA PER LE PERSONE ALLE QUALI POI VENGONO RIFILATE INSERZIONI PUBBLICITARIE” – “SE CENSURI TROPPO GLI UTENTI PERDONO INTERESSE…”

DAGONEWS

 

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Roger McNamee, tra i primi investitori della società di Mark Zuckerberg, torna a lanciare accuse, questa volta sottolineando come Facebook consenta il mantenimento on line di contenuti pericolosi perché si rivelano “cocaina” per gli utenti del social network.

 

McNamee ha lanciato una nuova stoccata a Zuckerberg, sottolineando che «ha dato indicazioni precise per far sì che anche i contenuti orrendi siano lasciati on line.

 

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Tra questi anche le immagini di un bambino picchiato, video che mostrano atti di autolesionismo e propaganda razzista. Se censuri troppo, le persone perdono interesse».

 

Le accuse arrivano dopo che un reporter sotto copertura, del team di “Dispatches” di Channel 4, è stato informato su come funziona la censura sul social da un moderatore che si occupa di gestire i contenuti on line: «Se inizi a censurare troppo, le persone perdono interesse per la piattaforma.

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Si tratta di fare soldi alla fine della giornata». Nel filmato il moderatore racconta che i video cruenti e violenti sono autorizzati a rimanere sul sito a patto che non siano accompagnati da una descrizione.

  

Mr McNamee, in seguito, ha dichiarato: «Dal punto di vista di Facebook questo è come  crack per gli utenti. Contenuti estremi e pericolosi che attraggono gli utenti più coinvolti sulla piattaforma. Facebook ha capito che era auspicabile che le persone trascorressero più tempo sul sito anche per far sì che vedessero le inserzioni pubblicitarie».

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Richard Allan, un portavoce di Facebook, ha dichiarato: «Siamo fortemente in disaccordo sul fatto che chiudere un occhio sui contenuti violenti sia nel nostro interesse. Creare un ambiente sicuro in cui persone da tutto il mondo possano condividere e connettersi è fondamentale per il nostro modello di business.

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Se i nostri servizi non sono sicuri, le persone non condivideranno e nel tempo smetteranno di usarli». E sui contenuti del programma Dispatches, Allan ha aggiunto: «È chiaro che parte di ciò che viene mostrato nel programma non riflette le politiche o i valori di Facebook e non soddisfa gli alti standard che ci aspettiamo. Dove abbiamo commesso degli errori, abbiamo agito immediatamente».

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