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Paolo Berizzi per “la Repubblica”
«Se nostro figlio ha sbagliato, ha sbagliato molto di più chi lo ha ucciso. Per questo chiediamo e vogliamo giustizia. Una giustizia giusta». Nelle campagne del distretto di Kurbin, sulla costa adriatica nord-occidentale dell’Albania, si vive (male) di agricoltura.
Otto abitanti su dieci — di quelli che ancora non hanno fatto le valigie — lavorano la terra e qui la terra, la descrive un italiano che ci ha lavorato, «ricorda, in quanto a miseria, i latifondi borbonici».
Mark Gjoni e sua moglie Marie, 48 anni, da Gojan. Contadini come i genitori, come i nonni, come saranno i figli. Sei figli. Gjergi era il terzogenito. Con la sua calibro 38 il pensionato Francesco Sicignano (accusato di omicidio volontario) l’ha centrato al cuore mentre cercava di rubare nella villetta di Vaprio D’Adda.
Adesso parlano i genitori del ventiduenne albanese. Rispondono alle domande di Repubblica attraverso l’avvocato Francesco Mongiu del foro di Monza, il legale a cui la famiglia Gjoni si è affidata come parte offesa.
Oltre al dolore straziante, qual è il vostro stato d’animo?
«C’è incredulità e rabbia. La rabbia di chi non capisce e vuole sapere. È umano, di fronte a una morte così. Chiediamo due cose: di potere riabbracciare nostro figlio. E di avere giustizia.
Ci affidiamo alle autorità italiane. Siamo certi che i magistrati e i giudici sapranno dirci la verità su quanto è accaduto. Non abbiamo nessun sentimento di vendetta verso quell’uomo (Sicignano, ndr). Ma se ha sbagliato deve pagare ».
Che cosa sapete di quello che è successo quella notte a Vaprio d’Adda?
«Sulle prime ci avevano detto che per sbaglio era partito un colpo ad un poliziotto. Poi invece ci hanno detto la verità. Che Gjergi era entrato in quella casa, che un uomo l’ha ucciso per difendersi, che gli ha sparato al cuore ed è morto sul colpo. Aspettiamo di capire se le cose sono andate davvero come dice il padrone di casa».
Chi vi ha avvisato?
«Nostro nipote. Poi la polizia. È stato terribile».
Da quanto non vedevate vostro figlio?
«Da un anno e mezzo. Era rientrato in Albania (dopo essere stato colpito da un decreto di espulsione del Viminale nel 2103, ndr). Ma qui di lavoro non ce n’è. E così era tornato a stare in Italia »
Aveva precedenti penali per furto. Sapevate quello che faceva Gjergi in Italia, come viveva, che rubava nelle case?
IL FIGLIO DEL PENSIONATO CHE HA UCCISO IL LADRO
«No. Quello che sapevamo era quello che ci aveva raccontato lui. E cioè che lavorava. Noi gli credevamo. Abbiamo anche un nipote che fa il cuoco a Firenze da tanti anni, si trova bene con il lavoro, è stimato e apprezzato. Nostro figlio può avere certamente sbagliato, fatto cose brutte. Ma non doveva morire così, non è giusto».
È entrato in una casa di notte per rubare.
«Se lui ha sbagliato, e ha sbagliato, ancor di più ha sbagliato chi lo ha ucciso in quel modo».
Dalle prime indagini è emerso che vostro figlio non era armato, che aveva in mano una torcia elettrica, che era scalzo e che potrebbe essere stato colpito a distanza con un proiettile che ha seguito una traiettoria dall’alto verso il basso. Un colpo esploso non all’interno dell’appartamento — dove non c’era sangue — ma sulle scale. Che cosa pensate?
«Per ora non vogliamo dire niente. Abbiamo fiducia nel nostro avvocato. Saranno i magistrati a ricostruire quei momenti, e il processo stabilirà la verità. Chiediamo giustizia attraverso la legge. Ci siamo rivolti a un legale per averla, e anche per riavere presto a casa il corpo di Gjorgi».
Per la giustizia italiana vostro figlio era un topo d’appartamento. Per voi che ragazzo era?
«Un ragazzo sempre allegro, scherzava con tutti, affettuoso in famiglia e generoso con gli amici: se aveva in tasca anche pochi soldi li divideva con loro. Era venuto in Italia perché il lavoro della campagna non bastava per tutti ed altro lavoro in paese non lo trovava ».
Verrete in Italia?
«Verremo, se necessario, per il processo. Non siamo mai usciti dal nostro paese, siamo una famiglia povera che mantiene i figli con il lavoro nei campi. Questa tragedia è devastante per noi e da qui tutto è ancora più difficile ».
Avete mai subito furti o rapine?
«No, mai. Viviamo in un piccolo paese di campagna dove ci conosciamo tutti».
Un furto o una rapina in casa, soprattutto di notte, può far perdere la testa alla vittima che la subisce. O no?
«Se nostro figlio ha sbagliato doveva essere arrestato e punito dalla legge. Ma non
ucciso con un colpo al cuore».
Volete dire qualcosa al pensionato che ha sparato e ucciso vostro figlio?
«Sarà la sua coscienza a dirgli se può dormire tranquillo e non avere rimorso per aver ucciso un ragazzo. Solo la sua coscienza gli dirà se può guardare in faccia figli e nipoti senza provare vergogna ».
Non avete detto che chiedete solo giustizia?
«Certo. Chiediamo una giustizia giusta. Ma se la giustizia dovesse sbagliare — e potrebbe succedere — la coscienza parlerà in silenzio a questa persona. Gli dirà se è un uomo o un assassino, se potrà addormentarsi senza sensi di colpa o se si rigirerà nel letto».
Questa mattina sul corpo di Gjergi Gjoni sarà eseguita l’autopsia (alla quale assisterà anche Enrico Risso, il medico legale nominato dall’avvocato Mongiu, ndr). Un passaggio i cui esiti, inevitabilmente, orienteranno l’indagine. Dice Mongiu: «I genitori di Gjergi, pur nel loro dolore, hanno dato una lezione di dignità a certi politici italiani che stanno strumentalizzando questa atroce vicenda per rincorrere voti».
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