DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Elisabetta Rosaspina per il “Corriere della Sera”
È iniziata con una richiesta di soccorso alla polizia per due ragazze molestate nel suk di Inezgane, dalle parti di Agadir, sulla costa atlantica del Marocco. È continuata con l’arresto in flagrante delle due vittime, anziché degli aggressori. Finirà il 13 luglio con una sentenza di condanna o di assoluzione dall’accusa di oltraggio al pudore. Storia di due minigonne. E di un Paese accaldato non soltanto dal vento africano.
Le sottane di Sanaa e Siham non sono le prime, e probabilmente nemmeno le ultime, a essere misurate da un Tribunale con il metro del comune senso del pudore; ma, secondo una parte della società marocchina, da giorni schierata in difesa delle imputate, forse basteranno a far riscrivere l’articolo 483 del codice penale marocchino che regola la bilancia dello scandalo e sanziona chi osa oltrepassarne i limiti con un paio d’anni di carcere.
Il 16 giugno le due ragazze entrano nel mercato di Inezgane con un abbigliamento non molto diverso da quello delle turiste della vicina Agadir. Ma Sanaa e Siham sono marocchine, il 16 giugno è appena iniziato il mese sacro del Ramadan e le loro gambe in vista fanno sentire alcuni venditori ambulanti autorizzati ad apprezzamenti, avances, insulti, spintoni, in un crescendo di aggressività.
Le due ragazze si rifugiano in un negozio, qualcuno chiama la polizia denunciando il clima di linciaggio. Ma quando gli agenti intervengono, sono Sanaa e Siham a finire in commissariato, per giustificarsi della loro mise «provocante». Quel che i tutori della pubblica verecondia non si sarebbero aspettati però è la mobilitazione online e di piazza che in poche ore si è attivata in Marocco attorno al caso.
Davanti al comando della polizia di Agadir, ma anche per le strade di Rabat e Casablanca, si sono dati appuntamento giovani in shorts e ragazze in minigonna, mentre una petizione indirizzata via Internet al ministro della Giustizia sotto il titolo «Indossare un vestito non è un reato» si moltiplicano le firme: più di 26 mila fino a ieri sera. E una pagina su Facebook sulla vicenda ha raccolto in poche ore 13 mila «amici» della minigonna.
Lunedì, in occasione della prima udienza del processo contro Sanaa e Siham, è stata proclamata la «prima giornata per le libertà individuali» con manifestazioni organizzate a Rabat, Casablanca e Marrakech.
Davanti all’aula giudiziaria si sono affrontati un centinaio di attivisti e militanti per i diritti umani e gli oltraggiati mercanti del suk, ma il processo è stato rinviato di una settimana, dopo che 18 dei trecento avvocati pronti a difendere le due ragazze e ad accusare di molestie i commercianti avevano sfoderato le loro arringhe contro «la misoginia del codice penale»: «Se le condannate, date ragione a integralisti e retrogradi».
Il procuratore del re sembra poco propenso a dare battaglia e s’intravvede un lieto fine. Ma i manifestanti vogliono di più: la modifica dell’articolo 483, come avvenne l’anno scorso con il 427, quello che perdonava uno stupratore se avesse sposato la sua vittima. Ne segnò la fine tre anni fa il suicidio di Amina Filali, una sedicenne costretta al matrimonio con il suo violentatore, ripulito così dalla legge.
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