
FLASH – NELLA FAMIGLIA ALLARGATA DEI BERLUSCONI, LA DOMANDA È SEMPRE LA STESSA: CHE CE FAMO CON…
DIAVOLO D’UN DIMON: “L’EUROPA STA PERDENDO” – L’AMMINISTRAZIONE DELEGATO DI JPMORGAN CHASE, LA PIÙ GRANDE BANCA DEL MONDO, LE CANTA ALL’UE: “L’EUROPA È PASSATA DAL RAPPRESENTARE IL 90% DEL PIL DEGLI USA AL 65% IN 10-15 ANNI. L’UNIONE DEL MERCATO DEI CAPITALI SARÀ DIFFICILE DA FARE, MA L’ALTERNATIVA È L’IRRILEVANZA. NON SOLO DA UN PUNTO DI VISTA GEOPOLITICO, GIÀ EVIDENTE, BENSÌ ANCHE ECONOMICO” – “TRUMP HA SUONATO LA SVEGLIA PER L’EUROPA: SE NON SI ORGANIZZA E NON AGISCE RAPIDAMENTE, RISCHIA DI INDEBOLIRSI TROPPO E COMPROMETTERE LA SUA SOLIDITÀ NEI PROSSIMO FUTURO…”
1. L'AFFONDO DI JAMIE DIMON ALL'EUROPA "SEMPRE PIÙ DEBOLI, STATE PERDENDO"
Estratto dell'articolo di Fabrizio Goria per “La Stampa”
«L'Europa è passata dal rappresentare il 90% del Pil degli Stati Uniti al 65% in dieci o quindici anni. Non va bene. State perdendo».
Non ha usato giri di parole Jamie Dimon. L'amministratore delegato di JPMorgan Chase ha lanciato un monito diretto ai leader europei, mettendo in luce il crescente ritardo competitivo del continente rispetto a Stati Uniti e Cina.
Intervenuto a Dublino in un evento organizzato dal ministero degli Esteri irlandese, Dimon ha evidenziato le difficoltà strutturali dell'economia europea, richiamando l'urgenza di una nuova strategia industriale e di un profondo rinnovamento del mercato unico.
MARIO DRAGHI - RAPPORTO COMPETITIVITA UE
«Abbiamo un mercato enorme e solido, le nostre aziende sono grandi e di successo, hanno dimensioni globali. Voi avete lo stesso, ma sempre meno», ha affermato, riprendendo in parte le conclusioni del rapporto redatto da Mario Draghi per la Commissione Ue, che ha stimato in 800 miliardi di euro all'anno gli investimenti necessari per potenziare la competitività europea.
[…] Il banchiere statunitense ha ribadito che la crescita economica nel blocco è frenata da rigidità normative, scarsa integrazione dei mercati dei capitali e una governance frammentata. […]
DONALD TRUMP CONTRO L EUROPA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
Secondo il banchiere, rilanciare il progetto del mercato unico e completare l'unione dei mercati dei capitali è fondamentale: «Quando parliamo di Unione del mercato dei capitali, in sostanza tutto dovrebbe essere mercato unico. Sarà difficile da fare», ha ammesso. Ma l'alternativa […] è un'irrilevanza crescente del continente nello scenario globale. Non solo da un punto di vista geopolitico, già evidente, bensì anche economico. Uno scenario che potrebbe danneggiare anche gli Stati Uniti, che sono uno dei maggiori partner commerciali dell'Ue.
Ma Dimon ha anche avvertito che i mercati stanno sottovalutando i rischi legati al secondo mandato di Trump alla Casa Bianca […]. «Purtroppo penso che ci sia troppa compiacenza nei mercati», ha detto. […]
Dimon ha poi avvertito che un eventuale rallentamento dell'economia americana potrebbe cambiare il quadro: «Se l'economia si indebolisce, per lui sarà dura». È per questo che ha esortato l'Ue a un rapido risveglio dal corrente torpore. A partire dal conflitto commerciale in corso.
Dimon ha sottolineato l'importanza di un accordo commerciale stabile tra Stati Uniti e Unione Europea: «Serve una cornice sui dazi. Va fatta». Non solo. «L'obiettivo dovrebbe essere rafforzare l'Europa e tenere uniti Stati Uniti ed Europa. Il rapporto Draghi lo spiega chiaramente. È tutto lì», ha chiosato. […][
IL PIL DEGLI USA E DELL UE A CONFRONTO
2. DIMON: CON I DAZI TRUMP HA DATO UNA SVEGLIA AGLI EUROPEI ABBIAMO BISOGNO DI UN’EUROPA PIÙ UNITA
Estratto dell’articolo di Isabella Bufacchi per “il Sole 24 Ore”
[…] «Noi, gli Stati Uniti e tutto il mondo libero e democratico, abbiamo bisogno di un’Europa veramente unita e di una difesa europea più forte»: Jamie Dimon, ceo di JPMorganChase, da vent’anni a capo della più grande banca degli Stati Uniti […]
In questa intervista esclusiva con IlSole24Ore, tenuta a Roma durante il suo ultimo viaggio europeo che ha toccato anche Bruxelles, Berlino e Dublino ha parlato come un fervente europeo.
ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina. foto lapresse
Dimon ha lanciato quello che sembrava un appello ai cittadini europei, politici, banchieri, imprenditori: «Auspico un’Europa più unita e forte, un’Europa che, attraverso il completamento delle riforme, una maggiore deregolamentazione e processi decisionali rapidi ed efficaci adeguati ad un mondo in perenne cambiamento, possa continuare a crescere e ad innovare: sarà un bene innanzitutto per i cittadini europei, per le economie europee in tutti i Paesi dell’Ue», ha detto, aggiungendo che «l’Europa si dovrebbe dotare di una difesa unita più forte.
Il mondo democratico ha bisogno di un’alleanza militare tra gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia: questo elemento rappresenta la spina dorsale del mondo libero e democratico».
Le politiche del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sui dazi, sulla Nato e sulla difesa sembrano muoversi nella direzione opposta, indebolendo piuttosto che rafforzando l’Europa, che è il più antico alleato degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti e l’Ue si stanno allontanando sempre di più ora, non pensa?
Il presidente Trump non dovrebbe essere giudicato per ciò che dice, ma per ciò che fa. E se guardo alle azioni piuttosto che alle parole, vedo che Trump non ha lasciato la Nato e continua a fornire armi all’Ucraina, il che è molto importante: non penso che rinuncerà a trovare una soluzione all’Ucraina.
Inoltre, le truppe statunitensi non hanno lasciato l’Europa, sono ancora qui! Il presidente Trump non è irragionevole quando dice che l’Europa dovrebbe fare la sua parte per difendersi, che l’Europa dovrebbe fornire equipaggiamenti migliori ai suoi eserciti, addestrare meglio le sue truppe, e produrre più attrezzature militari: dopotutto, la Russia non è un vicino degli Stati Uniti, è un Paese confinante degli Stati europei.
Mettiamola così: Trump ha suonato la “wake up call” (la sveglia) per l’Europa: se l’Ue non si organizza e non agisce rapidamente, rischia di indebolirsi troppo e compromettere la sua solidità nei prossimo futuro».
Che dire però della specifica minaccia di dazi più alti degli Stati Uniti che stanno per indebolire le economie europee? L’Europa teme che l’obiettivo finale di Trump sia renderci più deboli.
MARIO DRAGHI - RAPPORTO COMPETITIVITA UE
Il commercio è solo una componente di relazioni economiche molto vaste e complesse tra Paesi. L’Europa dovrebbe abbandonare le sue paure e concentrarsi su ciò che può fare meglio e potrebbe fare di più. Il commercio non è a senso unico: quindi gli Stati Uniti e l’Ue dovrebbero discutere ciò che funziona bene e ciò che è andato storto e risolvere insieme qualsiasi problema: gli Stati Uniti vorrebbero che l’Europa diventi più forte, anche nel commercio.
Questa non è una guerra commerciale. Gli Stati Uniti non sono certo perfetti!
Anche noi abbiamo commesso errori: nell’istruzione, nella gestione dell’immigrazione illegale, per citarne alcuni. Dobbiamo lavorare molto per far funzionare meglio le cose per i cittadini americani.
Eppure il protezionismo è ancora uno sport nazionale molto popolare in Europa. Gli interessi nazionali vengono prima dell’unione del mercato dei capitali. Ogni Paese vuole la propria borsa valori, le proprie banche, la propria liquidità, le proprie grandi aziende... e il debito comune europeo è un miraggio: anche se gli europei sanno che hanno bisogno di un mercato profondo e liquido di asset sicuri europei, come i titoli di stato statunitensi.
Non sto dicendo che sarà facile completare l’Unione europea e fare riforme quali l’unione del mercato dei capitali. Sarà difficile. Capisco bene la frustrazione degli europei. Ogni Paese vorrebbe avere la propria borsa valori, i propri campioni nazionali. Ma questo non sarà sempre possibile.
guerra commerciale tra usa e ue
Ogni Paese europeo deve essere preparato a fare compromessi: questo sarà per il bene comune, per il bene dell’Europa e, soprattutto, di tutti i suoi cittadini, non soltanto per le aziende europee.
Ad esempio, in un contesto di difesa unita, un Paese potrebbe essere il numero 1 nella produzione di droni, un altro potrebbe essere il campione nei carri armati, e così via. È auspicabile completare l’Unione europea, e farlo rapidamente, affinché l’Europa sia in grado di competere a livello globale contro potenze quali Cina e India, non contro gli Stati Uniti. E per quanto riguarda la gestione di un eventuale debito comune europeo, esistono modalità tecniche per emettere obbligazioni che non costringerebbero un Paese a pagare per il debito di un altro Paese.
L’Europa deve essere in grado di competere con la Cina: sta dicendo che la Cina è la minaccia più grande per l’Europa e che l’Europa dovrebbe preoccuparsi di più della Cina e meno dell’amministrazione Trump?
La Cina ha fatto un ottimo lavoro negli ultimi 15 anni. Sta diventando un leader nei settori della farmaceutica, delle automobili, della tecnologie verdi, nella ricerca e sviluppo e un giorno potrebbe diventare un leader anche nei chip.
La Cina ha investito in molte zone dell’Africa, e in America Latina. E noi - leggi l’Occidente - abbiamo solo guardato: il mondo libero e democratico dovrebbe muoversi più rapidamente in risposta alle mosse della Cina. Dobbiamo organizzarci e lavorare efficacemente, come la Cina ha lavorato efficacemente per se stessa.
[…] Torniamo allo spread. Il restringimento dello spread tra BTp e Bund è stato guidato dai grandi flussi di capitale in uscita dagli Stati Uniti verso l’Europa, da parte di investitori europei e americani in fuga verso la qualità, lontano da Trump?
Ho sentito storie di grandi flussi di capitale usciti fuori dagli Stati Uniti. Ma non li ho visti. I dati mostrano che non ci sono grandi flussi di denaro che lasciano gli Stati Uniti. Le partecipazioni in titoli di stato statunitensi nei portafogli non americani sono lentamente diminuite, ma da un po’ di tempo, non è nulla di nuovo.
E gli investimenti diretti esteri negli Stati Uniti sono stabili, non stanno diminuendo, questo è confermato dalle statistiche ufficiali settimanali e mensili. Abbiamo visto piccoli movimenti in uscita dagli Stati Uniti, da parte di alcuni fondi sovrani, ma nulla di particolarmente rilevante.
[…] Stiamo assistendo a un cambiamento duraturo nella struttura del sistema monetario internazionale? Il dollaro statunitense potrebbe perdere il suo ruolo dominante come valuta di riserva e valuta di fatturazione commerciale?
Gli Stati Uniti sono il rifugio sicuro (safe haven) per eccellenza per il mondo intero. E continueranno ad esserlo. Gli Stati Uniti sono sicuri: non dipendiamo da altri Paesi per la nostra energia, abbiamo uno stato di diritto solido, siamo una potenza militare.
Dove altro nel mondo gli investitori possono mettere i loro soldi in sicurezza? Quello che vediamo ora è una riduzione moderata nei portafogli internazionali dell’eccessiva esposizione in asset statunitensi, cioè azioni, obbligazioni, titoli di stato: non più di questo.
[…] Le stablecoin non diventeranno una minaccia rilevante per l’Europa e l’euro. I sistemi di pagamento statunitensi sono enormemente efficienti: se lo avessero voluto, avrebbero potuto sospendere i loro servizi in Europa negli ultimi vent’anni: ma non l’hanno fatto. E non vedo alcun motivo per cui possano decidere di farlo: credo nello stato di diritto negli Stati Uniti.
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