DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
1. FRANCIA, FURGONE SULLA FOLLA
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Le autorità ripetono che non c’è alcuna rivendicazione religiosa, smentendo le voci che parlavano di un grido «Allah è grande». L’emozione in Francia è comunque enorme, perché per la terza volta in tre giorni degli atti violenti sono sembrati — almeno in un primo momento — essere legati al terrorismo islamico.
Intorno alle 19 Sébastien S., 37 anni, si è gettato con l’auto sulla folla del mercatino di Natale: 17 feriti, dei quali uno in pericolo di vita e quattro gravi. Una drammatica immagine scattata da un passante riprende l’attentatore con le braccia aperte e lo sguardo rivolto al cielo.
L’uomo si è pugnalato per nove volte al petto, ancora dentro al furgoncino bianco Peugeot Expert con il quale pochi istanti prima si era lanciato sui passanti. Nel pomeriggio a Montpellier il primo ministro Manuel Valls aveva evocato il pericolo del terrorismo islamico, dichiarando che «mai ci siamo trovati ad affrontare una minaccia così grande».
Tre azioni violente in tre giorni: sabato Bertrand Nzohabonayo, 20 anni, francese di origini burundesi, è entrato nel commissariato di Joué-lès-Tours (una città del centro della Francia) e ha ferito a coltellate un’agente prima di venire ucciso dagli altri due poliziotti. «Allah Akhbar», gridava.
Domenica sera, a Digione, un uomo di 40 anni, francese di origini algerine e marocchine, ha volutamente investito con la sua auto 13 persone su una strada vicino al commissariato, urlando anche qui «Allah Akhbar» e dicendo poi, in ospedale, di avere agito prima «per i bambini della Palestina» e poi per quelli della Cecenia. Il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve ha parlato dell’aggressore al commissariato di Joué-lès-Tours come di «una persona instabile».
Il procuratore Marie-Christine Tarrare ha poi dichiarato ieri pomeriggio che «a Digione non si è assolutamente trattato di un atto terroristico», perché l’autore del gesto è uno squilibrato conosciuto dai servizi di psichiatria dove era stato visitato per 157 volte negli ultimi anni. Ma molti si chiedono se sia necessaria la perfetta sanità mentale di un attentatore per qualificare le sue azioni come terroristiche.
Quanto a Nantes, il procuratore Brigitte Lamy ha dichiarato che si tratta di «un caso isolato» e che anche qui «non si può parlare di atto di terrorismo». Le autorità hanno aggiunto che l’aggressore, ricoverato in ospedale, è noto alla polizia per piccoli precedenti penali. «È stato ritrovato un quaderno accanto al veicolo, lo stiamo studiando», ha aggiunto il procuratore.
L’uomo alla guida del furgoncino bianco è riuscito a entrare con l’auto nella place Royal che è pedonale e protetta da una barriera. Non è chiaro come si sia procurato il pass. Ha sfiorato lo stand dove si serviva il vino caldo e ha proseguito la sua corsa per circa 10 metri, investendo molti pedoni prima di finire contro un palo.
Il 20 novembre scorso tre terroristi francesi arruolati nell’Isis si sono rivolti in un video ai connazionali musulmani per esortarli a unirsi ai combattenti jihadisti in Siria, o ad attaccare «gli infedeli» in patria, avvelenando l’acqua o lanciando l’auto sulla folla. Il governo francese esorta i cittadini alla vigilanza, e allo stesso tempo cerca di evitare che atti violenti come quello di ieri sera a Nantes vengano automaticamente considerati islamisti .
2. NON SERVE UN ORDINE DALL’ALTO - É IL PIANO DEI “MILLE TAGLI” PER FAR SANGUINARE L’OCCIDENTE
Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Senza un piano particolare e a volte anche senza armi. I più organizzati, come è avvenuto a Ottawa e Sydney, si portano dietro un fucile da caccia. Altri si arrangiano con un’ascia o un coltellaccio. Ma sempre con maggior frequenza si affidano a un’auto con la quale investono passanti inermi. Una vecchia forma di terrorismo spontaneo usato da Hamas e che è tornato d’attualità dopo i suggerimenti del portavoce dell’Isis, al Adnani, in uno dei suoi rari sermoni: «Se non avete una pistola, investiteli con la vostra macchina».
Una minaccia destinata a riprodursi per imitazione anche da chi non ha alcun legame con il movimento jihadista. Ora è la Francia, domani sarà in qualche altro Paese occidentale. Un pericolo da non sottovalutare, così come un fenomeno di grande impatto emotivo. Intanto perché è facile da attuare. Non serve la logistica, non è necessario pensare a vie di fuga. Si agisce e basta, in base alle opportunità e al momento.
L’aggressore prende poi di mira bersagli non protetti. Difficile pensare — almeno fino a pochi giorni fa — che una pasticceria in Australia potesse diventare un obiettivo. E ancora meno i banchetti di un mercatino o un marciapiede affollato di pedoni.
Impossibile proteggerli, anche perché non ve ne sarebbe una ragione. Ma il ripetersi degli episodi spingerà le autorità a pensare a qualcosa. A Gerusalemme hanno blindato le fermate del bus, però questo non ha impedito altri attacchi a bordo di veicoli.
Ed è ancora più complicato individuare il profilo dell’aggressore. C’è lo spostato, l’esaltato, il vendicatore, il militante convinto e quello che lo diventa soltanto nel momento dell’azione. A volte è un evento personale a innescarlo. Non serve un ordine, anche perché non c’è nessuno a darlo. Alla base ci sono volontà, determinazione, odio.
Quanto al movente è ancora lui a trovarlo ed esistono mille pretesti per chi è deciso a colpire. Questo vale tanto per il jihadista solitario che per i cacciatori di poliziotti. E il guaio è che il messaggio, insieme al modus operandi , si sta diffondendo rapidamente sospinto dal clamore suscitato, dalla copertura mediatica e dal rilancio immediato sui social network.
Si sta concretizzando su scala ridotta e rozza il piano dei mille tagli. Ideologi qaedisti avevano pensato a una serie di piccoli attacchi per far sanguinare l’Occidente fino all’ultima goccia. Un progetto che aveva convinto anche l’ultimo Bin Laden, quello del rifugio pachistano con la coperta sulle spalle e lo zuccotto in testa. Pensava che fosse inutile investire in operazioni a lungo termine che assorbivano uomini, costavano molto e non garantivano il successo contro il nemico.
Meglio pensare a qualcosa di più modesto, concreto, attuabile anche da chi ha scarsi mezzi o network di supporto. Un’indicazione accolta in modo indiretto anche dai tattici dell’Isis e adesso da quanti pensano di partecipare a un disegno globale con un gesto individuale in una città del Canada o in una strada della Francia.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI…
DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA”…
C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA…