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Sandro De Riccardis e Emilio Randacio per “la Repubblica”
Non c’è stato alcun falso tesserino, nessun metal detector mal funzionante. Né, tantomeno, un addetto alla vigilanza distratto, convinto dall’aspetto distinto di un uomo sulla sessantina, apparentemente innocuo.
La mattina del 9 aprile scorso, per entrare indisturbato nel palazzo di giustizia di Milano, Claudio Giardiello, il cinquantasettenne imprenditore immobiliare fallito, sembra aver utilizzato semplicemente uno stratagemma. Una precauzione che dimostra una preparazione minuziosa alla sparatoria che avrebbe scatenato poche ore dopo il suo ingresso dall’accesso secondario di via San Barnaba.
Prima aprendo il fuoco della sua Beretta automatica 7,65, nell’aula dove si stava celebrando il processo alla bancarotta della sua “creatura”, la Magenta immobiliare — andata a ramengo a colpi di soldi in nero e spese folli — uccidendo il suo ex avvocato, Lorenzo Loris Appiani e l’ex socio Giorgio Erba, e ferendo il nipote Davide Limongelli, infine, cercando e sparando due colpi nel suo ufficio contro quel giudice, Ferdinando Ciampi, che della Magenta aveva sancito il definitivo crac.
METAL DETECTOR - TRIBUNALE DI MILANO
Giardiello, l’ex “conte Tacchia” della finanza Brianzola, ha semplicemente nascosto la sua pistola all’interno di una ventiquattr’ore in pelle, sotto un portatile. Lo ha raccontato lui stesso nel verbale fiume — durato in tutto sette ore — reso mercoledì scorso ai magistrati di Brescia nel carcere di Monza. E la dinamica è stata verificata sabato mattina all’ingresso del Tribunale di via San Barnaba. Una sorta di simulazione degli attimi precedenti la strage.
spari al tribunale di milano 4
Gli uomini del nucleo investigativo dei carabinieri, su delega del procuratore capo bresciano, Tommaso Bonanno e del pm Isabella Samek Federici, si sono presentati all’ingresso e hanno ripercorso il passaggio della pistola esattamente nei modi indicati nel suo interrogatorio dal pluriomicida. Effettivamente, la luce in alto all’apparecchiatura, si accende, ma nel monitor dei vigilantes addetti alla sicurezza, appare solamente l’ingombro del personal computer, e della pistola non vi è traccia. L’allarme suona regolarmente, ma i raggi X non mettono in evidenza corpi estranei sospetti.
Così, il killer del Palazzo di giustizia di Milano, ha potuto mettere in atto indisturbato la sua vendetta contro quelle persone che considerava, ha detto lui, “la causa di tutte le mie disgrazie”. In aula, al terzo piano del Tribunale, è bastata una lite con il suo avvocato — che ha platealmente rinunciato al mandato in udienza — a scatenare la sua furia omicida, che comunque era già stata premeditata.
LA FUGA IN SCOOTER DI CLAUDIO GIARDIELLO
Forse, quello compiuto sabato scorso, potrebbe essere uno degli ultimi atti dell’indagine bresciana, prima della richiesta del processo immediato. Le dichiarazioni di Giardiello, verificate e confermate, potrebbero escludere una leggerezza della guardia giurata in servizio la mattina della strage che ha dato il via libera al passaggio dell’ex immobiliarista, senza chiedergli di aprire la sua borsa. Negli aeroporti, gli addetti ai controlli invitano i passeggeri al momento dell’imbarco, a estrarre i personal computer dalle custodie, proprio per evitare che possano nascondere qualcosa.
Al tribunale di Milano, fino al 9 aprile, non era mai successo. Il nuovo regolamento che sta definendo la Commissione sicurezza, ora, dovrà tener presente anche questa variabile per garantire che certi episodi si riescano a prevenire nel palazzo disegnato dal Piacentini.
CLAUDIO GIARDIELLO ARRESTATO A VIMERCATE
Giardiello, ora, sembra sempre più essere l’unico futuro imputato di un processo per omicidio plurimo, tentato omicidio e porto abusivo d’armi. Anche se, il suo legale, l’avvocato Andrea Dondè, chiederà di poter far incontrare il suo assistito con un perito psichiatrico che possa valutare le condizioni del pluriomicida.
2. DAGONOTA
Chi scrive è entrato a Palazzo di Giustizia di Milano regolarmente per cinque anni dallo stesso ingresso di Giardiello. Mediamente una volta su due mi è stato richiesto di estrarre il computer dalla borsa. Ma soprattutto ogni singola volta è stato ravvisato “un corpo misterioso” che ho dovuto tirare fuori e mostrare ai vigilantes: il caricabatterie quadrato della Apple, ben più piccolo di una pistola ma egualmente sospetto. A saperlo, potevo sostituirlo con una pistola (F.B.)
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