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1. FALSO IL PASSAPORTO SIRIANO TROVATO ADDOSSO A UN KAMIKAZE
da “Repubblica.it”
PASSAPORTO SIRIANO FALSO ATTENTATI PARIGI
Come riportato da Repubblica oggi, il passaporto di Ahmad Almohammad, un siriano arrivato in Serbia ad ottobre, è stato trovato sul cadavere di un altro kamikaze. Ma molto probabilmente si tratta di un documento falso. "Il documento non contiene i numeri corretti per un passaporto legittimo e la foto non coincide con il nome", affermano fonti dei servizi segreti alla Cbs. L'uomo, secondo il settimanale serbo Blic, sarebbe transitato in Europa insieme a gruppi di profughi siriani sbarcati sull'isola greca di Leros il 3 ottobre scorso. Poi è passato in Serbia e in Croazia prima di arrivare in Francia. E' invece intestato a uno dei feriti il passaporto egiziano in un primo momento attribuito a un membro del commando.
2. UN KAMIKAZE DALLA SIRIA “ARRIVATO COME PROFUGO”
Giusi Fasano per “Il Corriere della Sera”
Un finto profugo e un francese schedato dai servizi segreti con la lettera S, cioè minaccia per la sicurezza nazionale. Sono due dei terroristi delle stragi francesi di venerdì sera. Uno di loro è arrivato, appunto, con un barcone carico di disperati fino a un' isola greca. Si è nascosto fra la folla dei rifugiati veri e ha raccontato chissà quale storia di persecuzione per riuscire a essere registrato come profugo. Succedeva il 3 ottobre scorso. L' altro ieri questo rifugiato venuto dalla Siria si è fatto esplodere davanti allo Stade de France, a Parigi, assieme ad altri due kamikaze del suo stesso commando.
La pista siriana porta il suo nome (non diffuso) e, più esattamente, è legata all' identità di un passaporto che gli uomini delle forze speciali francesi gli hanno trovato in tasca, anche se la certezza che quel documento appartenga proprio al corpo dilaniato che lo portava addosso ancora non c' è. E' sicuro invece quello che dice il viceministro greco Nikos Toskas: che sia il kamikaze dello stadio oppure no «il titolare del passaporto è stato registrato da noi in base alle regole dell' Unione Europea».
La pista siriana, quindi. Ma anche - o forse si dovrebbe dire soprattutto - quella belga.
Perché fra venerdì sera e oggi gli inquirenti sono riusciti a ricostruire passaggi, incrociare dati, trovare riscontri, recuperare indizi importanti che vanno dritti verso Bruxelles. L' auto grigia parcheggiata davanti al teatro Bataclan, tanto per cominciare. Una Polo affittata e immatricolata in Belgio a partire dalla quale sono state eseguite perquisizioni ed arresti, come ha confermato lo stesso ministro della giustizia belga Koen Geens.
Gli arrestati (alcune fonti parlano di cinque, altre di tre persone fra le quali un francese con residenza belga) sarebbero legati proprio all' auto noleggiata e immatricolata in Belgio.
Che non sarebbe l' unica. Perché un testimone chiave di uno degli attentati parigini ha raccontato agli inquirenti di aver visto scendere tre dei terroristi da una Seat di cui ha annotato parte della targa. L' auto, sembra anche questa di provenienza belga, è stata abbandonata, segno che alcuni degli attentatori sono riusciti a fuggire. Un dettaglio sospetto sull' asse Belgio-Francia è poi il fatto che uno dei fermati di Molenbeek ieri sera fosse a Parigi.
Tutto questo apre la strada all' ipotesi che almeno una parte degli attentatori di venerdì sera venisse direttamente dal Belgio.
Secondo il quotidiano online Dh tre di loro vivevano a Molenbeek, quartiere poverissimo di Bruxelles ad alta densità di immigrati e profughi. Ma gli investigatori non vogliono confermare alcun dettaglio, nemmeno dopo l' annuncio del procuratore belga che in serata ha fatto sapere di aver aperto un fascicolo e di aver arrestato almeno tre persone proprio a Molenbeek in una operazione legata all' auto parcheggiata davanti al Bataclan.
Più smentite che conferme anche per un' altra notizia circolata con insistenza nel pomeriggio, e cioè la presenza di una donna nell' attacco del teatro. Con il passare delle ore è sempre più chiaro il disegno dei terroristi. Quelli che hanno agito allo stadio, per esempio: volevano la strage dai grandi numeri. Erano imbottiti di esplosivo e almeno uno di loro aveva in tasca un biglietto per la partita Francia-Germania. Se fossero entrati e fossero arrivati tutti e tre sugli spalti, fra la folla, la Francia avrebbe contato molte più vittime e allo Stadio non ci sarebbe stato soltanto un morto (a parte gli attentatori).
È stato Zouheir, uno degli addetti ai controlli, a insospettirsi e a capire che l' uomo davanti a lui stava per farsi saltare in aria, come ha raccontato lui stesso al Wall Street Journal . Ha dato l' allarme e il terrorista, scappando, si è fatto esplodere. Subito dopo gli altri due scoppi.
Ieri, in una riunione operativa in procura, gli inquirenti hanno provato una prima ricostruzione della dinamica.
La distanza dei luoghi l' uno dall' altro, il coordinamento dei tempi e le modalità di esecuzione fanno ipotizzare un unico disegno di attacco ma messo a punto con tre commando separati fra loro e organizzati con una tecnica militare che puntava a una sola cosa: seminare più terrore possibile. Il procuratore in serata ha parlato di sette e non otto terroristi (come dice la rivendicazione del Califfato) e ha dato indicazioni soltanto su un identificato: un trentenne francese «noto ai servizi di sicurezza» e condannato otto volte per reati minori ma dal 2010 schedato (come altri attentatori in questi ultimi anni a Parigi) negli elenchi degli 007 per la sua adesione all' Islam radicale.
Ieri sera suo padre e suo fratello sono stati arrestati. La presenza, inedita in Europa, delle cinture esplosive costringe a prendere in considerazione l' idea che gli artificieri - uomini preziosi per i gruppi terroristici perché sono in pochi a saper confezionare le fasce dei kamikaze - non siano fra gli attentatori morti. Un motivo in più per credere che gli attacchi alla Francia non siano finiti venerdì sera.
Gli uomini dell' antiterrorismo stanno rivedendo anche il più piccolo particolare delle indagini sulle stragi recenti di matrice islamica, a partire dai legami dei fratelli Kouachi e del killer dell' Hiper Cacher Ahmedi Koulibaly con jihadisti - guarda caso - ancora una volta belgi. L' inchiesta ha scoperto, per esempio, che con tutta probabilità venivano dal Belgio le armi usate per gli attentati di Charlie Hebdo e del supermercato kosher di Parigi.
Davanti alla pista che adesso lega le stragi di venerdì a Bruxelles è difficile pensare che si trattasse di semplici coincidenze.
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