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Estratto dell’articolo di Matteo Macor per "La Repubblica"
Sarà che «la forma è sostanza» per principio, figuriamoci se c’è di mezzo la politica, ma a movimentare l’avvio della nuova legislatura della Regione Liguria di questi giorni c’è (anche) «una questione di guardaroba».
Così viene definita, negli uffici regionali, l’intenzione dichiarata del neo governatore Marco Bucci di chiedere al ministero della Difesa il via libera formale necessario per permettere di lavorare in divisa militare al suo nuovo capo di gabinetto, il contro ammiraglio della Marina militare Massimiliano Nannini.
Un passaggio appeso soltanto al «parere tecnico dei funzionari», – fa sapere lo stesso Nannini, in aspettativa dalle Forze armate da pochi giorni – che pare però un riassunto inedito della storia politica (e giudiziaria) recente della regione.
MARCO BUCCI - ELEZIONI REGIONALI IN LIGURIA
Se il neo governatore Bucci arriverà a inviare una nota ufficiale al ministro Guido Crosetto per chiedergli espressamente che il suo nuovo capo di gabinetto possa lavorare in Regione in uniforme, del resto, un motivo c’è. E riporta la Liguria alla primavera scorsa, quando lo scandalo giudiziario che ha travolto l’ex governatore Giovanni Toti e la maggioranza di centrodestra è partito proprio dalle accuse per corruzione all’allora capo di gabinetto dell’ente, il fedelissimo totiano Matteo Cozzani.
«Chi mi ha preceduto forse anche volutamente non aveva compiti assegnati, io li definirò con precisione: con me non succederà più che incontri privati avvengano in uffici pubblici», fa sapere così Nannini. Che sul caso della sua divisa sospesa, spiega: «Io l’uniforme l’ho indossata tutti i giorni per 38 anni, mi va bene anche lavorare in giacca e cravatta, ma capisco bene potrebbe aiutare a passare il messaggio di discontinuità che si vuole mandare».
[…] Nannini tiene a precisare di «non aver incarico politico, ma amministrativo»: di politica «non capisco niente», e «guai a chi mi paragona a Vannacci, avessi voluto mi sarei candidato», dice. Ma ammettendo di sentirsi «garante», con «la responsabilità di lavorare dopo un terremoto».
«Quando mi hanno portato in giro per la sede, – racconta – nel mostrarmi il nuovo ufficio mi è stato detto gli ultimi due che ci hanno lavorato hanno avuto guai con la giustizia. Da marinaio e scaramantico, ho chiesto di farmene assegnare un altro».
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