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Giuliano Balestreri per https://it.businessinsider.com
I dati sull’occupazione mostrano segnali di ripresa, ma la situazione dei giovani resta preoccupante: nella fascia 15-24 anni, il tasso di disoccupazione rimane al 30%. Eppure il lavoro non è l’unico problema dei giovani: “A mancare, troppo spesso, è l’ambizione” dice Stefano Cecconi, amministratore delegato di Aruba.it che confessa come spesso cerchi competenze difficili se non impossibili da trovare.
“E’ impossibile dire a un ragazzo cosa studiare oggi per trovare un’occupazione tra 10 anni, però la mancanza di ambizione, la ricerca di quello che io chiamo il lavorino è una costante preoccupante” prosegue il manager che poi spiega: “Incontriamo un sacco di ragazzi che non ha il fuoco dentro, che cerca un impiego poco impegnativo, di scarsa responsabilità, magari digitale, ma meccanico e facile da imparare. Qualcosa che assorba, ma non troppo”.
Per Cecconi è preoccupante “questa percentuale di ragazzi che si affaccia al mondo del lavoro e non ha l’ambizione di fare qualcosa di veramente complicato e difficile o che magari. Nel nostro settore arrivano ragazzi che non hanno alcuna intenzione di fare altra formazione. Questo è un atteggiamento molto limitante perché non possiamo scommettere su queste persone: certo, in un’azienda servono anche i soldati semplici perché fossero in tutti scienziati, magari, nel concreto, non lavorerebbe nessuno. Però è un atteggiamento fastidioso”.
Il manager, nei colloqui, rivela di essere in qualche modo provocatorio: “Io dico a tutti che i lavorini li abbiamo finiti, che abbiamo solo lavori importanti. Cerco di capire se i candidati vogliono mirare un po’ più in altro. Non pretendo che si vada al di là delle proprie possibilità, ma l’ambizione per me è importante. Per questo non è poi così importante cosa studiare: se uno diventa davvero bravo, lo è a prescindere da quello che fa”.
Se il problema è dei giovani italiani, la responsabilità è tutta culturale: “Si comincia dalle famiglie che spesso indicano ai figli la strada più semplice, quella priva di rischi, per arrivare fino alle aziende che fuggono all’idea del fallimento. Si affermato il concetto che sbagliare sia impossibile è evidente che, allora, nessuno voglia prendersi alcun rischio. Ormai siamo arrivati al paradosso che perfino a scuola non si possa più bocciare. Senza cambiamenti culturali, non usciremo mai da questa situazione”.
Certo anche all’amministratore delegato di Aruba.it piacerebbe non sbagliare mai, ma è consapevole che gli errori “siano fonte di apprendimento. In azienda abbiamo creato un ecosistema che mette in conto l’errore. Sappiamo che sbagliare è possibile, per questo siamo organizzati per gestirlo. Ecco, se l’errore viene preso in considerazione diventa meno critico. In questo modo possiamo coltivare l’ambizione dei giovani spingendoli ad assumersi delle responsabilità”.
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