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Giuseppe Guastella per “Il Corriere della Sera”
Probabilmente sarebbe stato un puro atto di egoismo, lui stesso definisce l’idea «folle», ma c’è stato un momento in cui Jonathan Franzen, il celebrato, controverso e geniale romanziere americano, ha pensato di adottare con la sua compagna Kathy un orfano di guerra iracheno per avere uno strumento attraverso il quale capire i giovani d’oggi. Fu il suo editore a bloccarlo.
In una lunga intervista al magazine del quotidiano inglese Guardian, Franzen racconta che tutto ciò accadde una ventina di anni fa. «Fu una cosa pazzesca l’idea che portò Kathy e me ad avviarci ad adottare un orfano di guerra iracheno. L’intera cosa durò forse sei settimane», rivela al quotidiano inglese.
Cosa li, e lo, spingeva? «Il senso di alienazione che mi arrivava dai giovani. Politicamente non mi sembravano essere come devono essere, i giovani. Ritenevo che dovessero essere idealisti e arrabbiati», invece «apparivano come cinici e non molto arrabbiarti».
Per trovare una strada che gli facesse superare questa sua condizione di «incomprensione», Henry Finder, il suo editore a New York, lo spinse ad incontrare un gruppo di neolaureati. «Fu ciò che mi curò dalla mia rabbia verso i giovani», racconta Franzen.
Accusato spesso di avere un sorta di idiosincrasia maschilista per le donne, ma nonostante questo osannato dalla critica e dal pubblico, il 56enne autore di bestseller del calibro di Correzioni (pubblicato in Italia nel 2001 da Einaudi), il primo settembre vedrà nelle librerie negli Usa il suo nuovo romanzo (il quinto) Purity (già recensito dalla «Lettura» del Corriere della Sera ). Ma Franzen non cerca giustificazioni, non le vuole proprio perché «non c’è modo perché io non sia un maschio».
jonathan franzen david foster wallace
E ai critichi che arrivano a definirlo nemico delle donne, cosa risponde? «Non c’è realmente nulla che possa fare eccetto morire, oppure, suppongo, andare in pensione e non scrivere mai più», replica con ironia, convinto che tanto c’è sempre chi ha «bisogno di un cattivo» contro il quale puntare.
E comunque, rivendica, «non sono sessista. Non sono uno che gira dicendo che gli uomini sono superiori o che lo sono gli scrittori maschi. Tanto che vado in giro a sostenere il lavoro di donne che ritengo non abbia la giusta attenzione».
JONATHAN FRANZEN E DAVID FOSTER WALLACE
Certo, in Purity non dà questa impressione quando tratteggia il personaggio di una fanatica femminista che obbliga il marito, tra l’altro, a sedersi sulla tazza del bagno anche quando deve urinare, ma che alla fine viene affrontata dal maschio. «C’è un certo grado di gioia nell’aver messo questa cose nel libro», ammette, per poi sostenere che spesso un problema di molti scrittori è l’autocensura: «Per timore degli insulti la gente si fa molto cauta» e se «ti preoccupi di come potresti essere definito, se è giusto o no», allora «diventa molto difficile essere creativi».
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