
DAGOREPORT - SIAMO DAVVERO SICURI CHE L’UNICA GRANDE COLPEVOLE DELLA ''DOCCIA SCOZZESE'' EUROPEA,…
“LA CONDOTTA ISRAELIANA DELLA GUERRA A GAZA È DIVENTATA UMANITARIAMENTE E POLITICAMENTE INACCETTABILE” - L’EX AMBASCIATORE STEFANO STEFANINI SPIEGA PERCHÉ HA FIRMATO LA LETTERA, INSIEME AD ALTRI 39 DIPLOMATICI, PER CHIEDERE ALLA MELONI DI RICONOSCERE LO STATO DI PALESTINA: “CI SONO MOMENTI IN CUI BISOGNA SFIDARE L'IPOCRISIA E MANCANZA DI PRESA DI COSCIENZA. CI SONO REGOLE DI PROPORZIONALITÀ E MISURA DA OSSERVARE. SE IL DISEGNO CUI PUNTA NETANYAHU È L'ANNESSIONE DI GAZA E DEI TERRITORI, ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE NON RESTA CHE RICONOSCERE LO STATO PALESTINESE” - LA DUCETTA FA TRAPELARE “IRRITAZIONE” PER LA MISSIVA IN CUI SI…
1 - GLI EX AMBASCIATORI SCRIVONO ALLA PREMIER: SÌ AL RICONOSCIMENTO
Estratto dell'articolo di Serena Riformato per “la Repubblica”
STRISCIA DI GAZA - PALESTINESI AFFAMATI
Una lettera firmata da quaranta ambasciatori in pensione per chiedere alla presidente del Consiglio un'iniziativa dal forte «significato politico» e «tutt'altro che meramente simbolica»: riconoscere «con urgenza» lo Stato di Palestina.
Governo a dir poco irritato.
La missiva […] è firmata da diplomatici che hanno ricoperto incarichi di primo piano non solo negli uffici di rappresentanza ma anche nelle istituzioni.
Qualcuno in questo stesso governo.
Come l'ambasciatore Pasquale Ferrara, che ha guidato gli Affari politici e di Sicurezza alla Farnesina con delega sul Medio Oriente fino al 1° luglio, quando è andato in pensione.
Proprio da lui sarebbe nato l'appello rivolto agli ex colleghi: tra gli altri Pietro Benassi, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi con Giuseppe Conte, Rocco Cangelosi, ex consigliere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Ferdinando Nelli Feroci, ex Commissario europeo per l'industria e Pasquale Terracciano, con un passato da ambasciatore a Madrid, Londra e Mosca.
Agire con più decisione, questa la spinta dei diplomatici. Perché «ci sono momenti nella storia in cui non sono più possibili ambiguità né collocazioni intermedie». Davanti ai «massacri di civili» e alle «flagranti violazioni dei diritti umani e della dignità delle persone» a Gaza «non servono più le dichiarazioni», ma atti diplomatici concreti.
bambino di 18 mesi denutrito nella striscia di gaza
Gli ex ambasciatori ne indicano tre: la sospensione di «ogni rapporto e cooperazione, di qualunque natura, nel settore militare e della difesa con Israele»; il sostegno in sede Ue di «sanzioni individuali nei confronti dei ministri israeliani come Smotrich e Ben G'vir»; l'interruzione temporanea «dell'accordo di associazione tra Israele e l'Unione Europea».
Senza più esitazioni. Perché «gli esecrabili attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 – le parole nette dei diplomatici – non hanno più alcuna relazione con l'orrore perpetrato nella Striscia da Israele», che «non è affatto improprio qualificare in termini di pulizia etnica».
Mentre la Corte Internazionale di Giustizia esamina persino «gli estremi del genocidio».
GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
La Farnesina e soprattutto Palazzo Chigi, stando a quanto trapela, non hanno gradito l'iniziativa. «Non aiutano la trattativa», è questa la prima reazione condivisa dalla Presidenza del Consiglio e dal ministero degli Esteri. Sorpresa che col passare delle ore, quando le firme da una trentina sono diventate 38 e infine 40, si è trasformata in «delusione».
Anzi di più, spiegano fonti dell'esecutivo: «Irritazione». […] «Un'iniziativa importantissima», commenta la segretaria del Pd Elly Schlein […] Davanti a quella che il leader M5S Giuseppe Conte definisce «una bella testimonianza di dignità e di vero patriottismo». Mentre è più crudo il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «Cara Meloni, qual è il momento in cui riconoscere lo Stato di Palestina. Quando non ci sarà più un palestinese vivo?».
bambino di 18 mesi denutrito nella striscia di gaza
2 - UNA SFIDA ALL'IPOCRISIA DI ISRAELE: ECCO PERCHÉ FIRMO
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “la Stampa”
Ecco perché firmo. […] Perché la condotta israeliana della guerra a Gaza è diventata umanitariamente e politicamente inaccettabile. E quindi il non far niente per porvi fine è altrettanto inaccettabile.
La parte più importante della lettera sta in quello che chiede di fare al governo italiano: alcune misure concrete – sospensione della collaborazione in campo militare e della difesa, sanzioni individuali contro i due ministri che sono, esplicitamente, le anime nere del governo di Gerusalemme, appoggiare la sospensione dell'Accordo di associazione fra Israele e Unione europea – e una simbolica, il riconoscimento dello Stato palestinese. Sono gli unici strumenti di pressione che un Paese come l'Italia ha su Israele. Quindi è ora di adottarli.
Non ho firmato la lettera a cuor leggero. Le misure concrete che chiede vanno contro la mia visione dei rapporti fra Israele e l'Italia, fra Israele e l'Europa.
Ma questa visione è incompatibile con le operazioni militari dell'Idf a Gaza e la catastrofe umanitaria di questi ultimi mesi. La Gaza Humanitarian Foundation si è rivelata un dilettantesco scempio umanitario, tagliando fuori il professionismo delle Nazioni Unite e delle Ong.
Le azioni belliche provocano sempre vittime civili, in tragico gergo tecnico "danni collaterali". Ma ci sono regole di proporzionalità e misura da osservare; nel diritto internazionale esiste anche un "diritto di guerra". Quando invece ospedali e chiese diventano diretto obiettivo di bombardamenti, le perdite inflitte ai resti di Hamas che, vigliaccamente, vi si nascondano diventano "danni collaterali" rispetto a vittime civili, medici, personale sanitario, che subiscono l'ondata offensiva.
Ogni tanto l'Idf riconosce che è stato un errore. Sarà umano, ma perseverare è diabolico. Nella prima lunga fase della guerra, quando Hamas era una forza ben più temibile, le operazioni militari israeliani erano condotte con ben maggiore ritegno.
Non sono cambiati i militari, ma le direttive che ricevono dal governo. La responsabilità è politica. Richiede una risposta politica.
Questo vale anche per il riconoscimento dello Stato palestinese. È un gesto simbolico che però risponde esattamente a quanto Gerusalemme sta facendo nella Striscia, perseguendone l'annessione e l'espulsione forzata dei palestinesi – tutti? In parte? – e in Cisgiordania. Ci sono ministri di governo che lo dicono esplicitamente.
Benjamin Netanyahu scantona ma non sta facendo nulla di quello che ci si attendeva, cioè un piano post-guerra per l'amministrazione palestinese di Gaza senza Hamas.
Intanto, continuano gli atti di violenza dei coloni nei territori. […] se il disegno cui punta è quello del "Grande Israele", cioè dell'annessione, di fatto, di Gaza e dei territori, alla comunità internazionale non resta che riconoscere lo Stato palestinese. Che è quanto annunciato da Emmanuel Macron. Non subito, fra un mese e mezzo all'Assemblea Generale dell'Onu. La lettera chiede al governo italiano di compiere lo stesso passo.
Di qui a settembre Gerusalemme ha tempo per correggere la rotta. Checchè ne dica non è impermeabile alle pressioni internazionali, a meno che non sia in gioco la sopravvivenza di Israele.
Non lo è nella più che semidistrutta Striscia. E infatti, di fronte al loro moltiplicarsi da tutti i fronti – il New York TimesMagazine ha appena pubblicato un lungo servizio che sostiene, e documenta, che la continuazione della guerra a Gaza serviva solo alla sopravvivenza… politica di Netanyahu – Israele ha concesso una pausa umanitaria a Gaza, la prima da marzo.
Ecco perché ho firmato la lettera.[…] ci sono momenti in cui «bisogna sfidare l'ipocrisia e mancanza di presa di coscienza».
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