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L’ITALIA PORTERÀ A GAZA MEDICI E PANE – PALAZZO CHIGI PREVEDE DI CONTRIBUIRE ALLA “FASE 2” PER LA STABILIZZAZIONE DELLA STRISCIA METTENDO IN CAMPO LA PROTEZIONE CIVILE, PRONTA A SCHIERARE OSPEDALI DA CAMPO, IMPIANTI PER RENDERE POTABILE L’ACQUA E FORNI PER IL PANE – L'INFORMATIVA DEL DIRETTORE DEI SERVIZI, VITTORIO RIZZI: “PRIORITÀ ASSOLUTA ALLA SICUREZZA, DEI TEAM MILITARI IN PRIMA BATTUTA E, QUANDO RIUSCIRANNO AD ENTRARE, DI QUELLI CIVILI” – TAJANI NOMINA L’AMBASCIATORE BRUNO ARCHI INVIATO SPECIALE PER LA RICOSTRUZIONE
Estratto dell’articolo di Francesco Malfetano e Ilario Lombardo per "la Stampa"
GIORGIA MELONI E DONALD TRUMP AL VERTICE DI SHARM EL-SHEIKH
Forni per il pane, potabilizzatori, ospedali da campo. Da qui potrebbe partire la presenza italiana nella "fase 2" della Striscia di Gaza. Dopo la tregua di Sharm el-Sheikh, con la cautela di chi sa che nulla è scontato, Roma si prepara alla ricostruzione.
A Palazzo Chigi si sono seduti ministri, generali, vertici dei servizi e capi dipartimento. Ha partecipato anche l'ambasciatore Bruno Archi, prossimo inviato speciale della Farnesina per Gaza. L'incontro è durato quasi due ore, con un mandato chiaro: disegnare la roadmap italiana, coordinando civili e militari.
[…] Sul tavolo, l'informativa del direttore dei Servizi, Vittorio Rizzi: priorità assoluta alla sicurezza, dei team militari in prima battuta e, quando riusciranno ad entrare, di quelli civili. Fino a che Israele non offrirà garanzie concrete, nessuna missione può muoversi.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
Ma la macchina italiana vuole farsi trovare pronta. In prima linea ci sarà la Protezione civile guidata da Fabio Ciciliano, pronta a schierare ospedali da campo, impianti di potabilizzazione e forni campali. «Non abbiamo limiti di uomini né di mezzi», spiegano fonti di governo, «ma serve capire in quale contesto opereremo». Non sono pochi i vincoli imposti da Tel Aviv, che nei mesi scorsi ha bloccato perfino la consegna di protesi perché considerate utilizzabili per fini terzi.
Il piano, ancora in fieri, prevede un approccio a più livelli. Prima l'assistenza umanitaria, con il prosieguo dell'iniziativa Food for Gaza e il trasporto sanitario in Italia di civili feriti gravemente. Poi la presenza sul campo, con strutture mobili e personale misto civile-militare. Anche l'istruzione: scuole e università in moduli prefabbricati, pronti in 2-3 mesi, e - nell'immediato - una missione della ministra Anna Maria Bernini in Giordania per portare altri studenti palestinesi in Italia.
GIORGIA MELONI UNICA DONNA AL VERTICE DI SHARM EL-SHEIKH
[…] Sul versante militare, il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggiore della Difesa, rilancia la disponibilità a formare la polizia locale. Come già anticipato la missione dei Carabinieri a Gerico potrebbe arrivare a 250 unità.
«Prima consegnavi, ora devi restare», sintetizza un partecipante al vertice, ribadendo sostanzialmente quanto spiegato da Tajani nell'informativa alla Camera tenuta in mattinata: «L'Italia è pronta a fare la propria parte» anche a livello militare, ma solo dopo che l'Onu si sarà espressa con una risoluzione.
Ma se la ricostruzione è prioritaria, la prudenza resta la regola a livello diplomatico. Nella notte italiana tra martedì e mercoledì Donald Trump ha infatti raffreddato l'entusiasmo di chi, subito dopo la firma della tregua a Gaza tra Hamas e Israele, immaginava che l'Italia sarebbe stata pronta a seguire la Francia e il Regno Unito, e a riconoscere la Palestina. «Non è ancora il momento» è la risposta che ha dato il presidente
Usa tornato alla Casa Bianca dopo il suo show alla Knesset e a Sharm el-Sheikh, con ancora nelle orecchie l'eco dei complimenti e degli applausi dei leader occidentali. E «non è ancora il momento» è quello che ripetevano ancora ieri fonti di governo, interpellate per spiegare meglio cosa avesse voluto dire in mattinata Tajani, davanti ai parlamentari (pochi della maggioranza in realtà).
miliziani di hamas pattugliano il territorio della striscia di gaza
Nella sua informativa alla Camera, il ministro degli Esteri ha dichiarato che il riconoscimento potrebbe essere «più vicino», grazie ai passi avanti compiuti da Trump, ma ha aggiunto: «Solo con le giuste condizioni», che poi sono quelle fissate da una mozione della destra passata in Parlamento, per cui Pd, Italia viva, Azione e Più Europa valutano il sostegno.
L'estromissione di Hamas resta la prima condizione, utile a Meloni per ribattere alle pressioni che arrivavano dall'opinione pubblica e dai partner internazionali, europei e arabi.
La premier – viene confermato – non prenderà iniziative in contrasto con l'amministrazione Trump. Finché non c'è sicurezza garantita, non c'è integrità territoriale, e un'amministrazione legittima e legittimata, finché, di fatto, - ripetono da Palazzo Chigi e dalla Farnesina – non c'è uno Stato, non può esserci il riconoscimento.
Quello che la premier e il ministro degli Esteri si stanno limitando a fare è cercare di trovare una risposta equilibrata che suoni tale anche all'orecchio dei Paesi più influenti del Medio Oriente: le potenze arabe e islamiche che pretendono il riconoscimento della Palestina e chiedono questo passo all'Italia, come ha fatto il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi durante il colloquio con Meloni a margine del vertice di Sharm.
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