DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera”
FUNERALI DI SERENA MOLLICONE NEL 2001
«Numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio». E questo «impone» alla corte d’Assise di Cassino l’assoluzione di Marco, Franco e Anna Maria Mottola dall’accusa di aver ucciso Serena Mollicone.
Lo scrivono i giudici nelle 236 pagine di motivazioni depositate a ben 206 giorni dalla sentenza del 15 luglio. Più del doppio del tempo impiegato a svolgere l’intero processo nel quale i familiari della 18enne, sparita ad Arce l’1 giugno 2001 e ritrovata cadavere in un bosco due giorni dopo, avevano riposto forse le ultime speranze di avere la verità.
Per i giudici va messa in dubbio la ricostruzione per la quale Serena entrò nella caserma dei carabinieri quella mattina. L’unica testimonianza certa sui suoi spostamenti permette di collocarla a Isola Liri mentre fa l’autostop per tornare in paese dopo una visita dentistica intorno alle 9.30. Quanto accaduto dopo resta avvolto nel mistero di tante versioni non concordanti.
È «inverosimile» che Serena si sia recata in caserma per denunciare per spaccio Marco Mottola, «proprio lì dove suo padre era comandante», scrivono i giudici (la procura aveva offerto in extremis una motivazione alternativa nel recupero dei libri di scuola lasciati nell’auto di Marco dopo un passaggio ricevuto). E non ci sono elementi per sostenere che vi sia davvero mai entrata, data che la decisiva testimonianza del brigadiere Santino Tuzi, poi morto suicida nel 2008, è «contraddittoria, incerta, confusa o mutevole, frutto di suggestioni e ricostruzioni dal medesimo effettuate sul momento, alla luce degli elementi e che gli venivano via via offerti».
[…]
Secondo i giudici ci sono inoltre elementi (inesplorati) per individuare altri colpevoli, oltre che per ridisegnare la dinamica dell’omicidio. Scrive la corte: «Dall’istruttoria sono emersi consistenti e gravi elementi indiziari dei quali si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto di soggetti terzi rimasti ignoti». La corte si riferisce alle impronte digitali trovate «all’interno dei nastri adesivi che legavano le mani e le gambe di Serena» che non appartengono agli imputati.
Su una di queste «è stato rivenuto un profilo genetico misto con contribuente maschile, di cui è stata esclusa la paternità degli imputati». Sui pantaloni e sulle scarpe ci sono poi tracce di sostanze chimiche impiegate «per la lucidatura di marmi, vetri o specchi e delle carrozzerie» con cui Serena dovrebbe essere venuta in contatto quando era già «in posizione supina». Il pool difensivo, incassato il successo, sostiene di aver individuato il nome del «vero» colpevole. Una persona gia deceduta.
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