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Lady Coratella per Dagospia
Troppe cose bisognerebbe insegnare agli italiani, così magari smettono di vergognarsi di esserlo. Non sarebbe male educarli a mangiare meglio, ad esempio, scegliere le materie prime di cui siamo riconosciuti produttori di punta in tutto il mondo. Corsi di palato, altro che pilates!
Americani, giapponesi, brasiliani e non solo, sono spesso ottimi conoscitori della nostra tradizione a tavola. Dal vino, all'olio, al pane, fino ai formaggi e alle ricette regionali e, invece, mangiamo quello che capita. L'importante è riempire la panza. Non sappiamo distinguere un ghiacciolo scongelato al microonde da un gambero rosso di Mazara del Vallo. Ci riempiamo la bocca di "lievito madre" e non distinguiamo una pasta per pizza surgelata da una Margherita dei fratelli Salvo.
Siamo pervasi da una malsana voglia di asparagi a luglio, pomodori a Natale e frutti esotici raccolti acerbi e stivati per un mese in una nave da carico prima di raggiungere il banco delle offerte al supermercato. In compenso non ci caghiamo le mele dell'Alto Adige che consideriamo un alimento per porci e forse non abbiamo nemmeno digerito il fatto che l'Alto Adige sia un pezzo d'Italia. Mangiamo quello che capita e siamo i primi a mancare di rispetto alla cucina regionale. Però pubblicizziamo in TV il nostro yogurt "alla greca": bell' idea!
Un tempo per inquadrare un ristorante come posto scadente si usava definirlo "locale per turisti". Oggi un ristorante frequentato da stranieri offre maggiori garanzie di qualità, proprio perché gli stranieri conoscono materie prime e cucina italiana molto meglio di noi. E poi pagano il conto senza spacciarsi per ambasciatori di qualche guida o blog di borgata che attribuisce punteggi diversamente utili per la reputazione futura dell'attività.
olio extravergine d oliva all estero
Parliamo di olio, ad esempio, visto che lo produciamo sull'intera penisola con una varietà e un livello qualitativo unici al mondo.
Il termine extravergine di oliva non significa granché, non chiarisce al consumatore cosa stia scegliendo e quel che consumerà. D'altronde anche la normativa europea sul biologico non brilla per precisione.
VADEMECUM DELL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA ITALIANO
- La dicitura extravergine si riferisce ai soli parametri chimici, ed è per questo che la grande industria non vuole il panel test che con molta probabilità ne boccerebbe parecchi.
- L'ossigeno è nemico dell'olio che, a differenza di alcuni vini, non migliora invecchiando.
- Mai lasciare la bottiglia aperta senza tappo.
- Vietate le latte di capacità superiore a 1 lt. Se non c'é un forte consumo la confezione resta aperta troppo tempo e si ossida. Se acquistate olio in latta da 5 lt, travasatelo sempre in bottiglie più piccole scure, ben pulite e verificare che non vi siano residui olfattivi di saponi o altro
- L'olio assorbe gli odori come una spugna.
- Se avete poco consumo di olio comprate bottiglie di piccolo formato. Non gli darete il tempo di alterarsi qualitativamente né sotto il profilo organolettico
- Fate sparire per sempre le oliere trasparenti dalle vostre tavole. Oppure utilizzatele come vasetti per le margherite
- Non comprate olio dal contadino senza assaggiarlo e mai in bottiglia di plastica trasparente
- Un olio eccellente si ottiene solo da olive sane spremute entro le 12 ore, max 24 se la temperatura è fresca e il raccolto eccellente. Il frantoio deve essere vicino perché le olive ammassate e trasportate si deteriorano facilmente e sviluppano muffe e marciume
- Nelle bottiglie di olii DOP sono indicati la provenienza delle olive, la cultivar e l'anno di raccolta. Negli extravergine solo la scadenza dopo 18 mesi che non partono dalla raccolta delle olive, ma dall'imbottigliamento
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- Ricordatevi, in fine, che un olio buono è un ottimo antiossidante naturale, ricco di vitamine e proprietà nutritive.
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