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Luigi Grassia per “La Stampa”
L'Oro del Reno non è solo un sogno della Germania nella saga dei Nibelunghi, è anche una concreta aspirazione tedesca. La Germania è diventata la più grande importatrice d'oro dell' Occidente, e in assoluto la terza al mondo dopo Cina e India. Per i due giganti asiatici la fame di metallo prezioso non ha bisogno di spiegazioni, visto che ne sono grandi acquirenti da sempre; in quei Paesi ci sono famiglie, anche modeste, che fanno sacrifici per comprare gioielli e monili per figli e nipoti, per esempio, in occasione dei matrimoni o di feste religiose.
Ma in Germania la faccenda è diversa, perché qui l'oro viene comprato, e in misura crescente, come prodotto da investimento finanziario, in alternativa ad altre possibili destinazioni, e questo suona un po' strano in uno dei Paesi più evoluti del mondo e con i risparmiatori più sofisticati. Quando eccede quel 5 o 7% del portafoglio che alcuni analisti consigliano, l'oro da investimento finanziario è l'esatto contrario della sofisticazione: acquistarlo in maniera più massiccia significa farne un bene-rifugio da tempi incerti, e da Paesi timorosi del futuro.
DOVE LA BUNDESBANK TIENE IL SUO ORO
Come mai i tedeschi hanno fatto queste scelte? Prima di tutto un po' di numeri. Il World Gold Council (una sorta di Autorità globale che regola e promuove il mercato del metallo giallo) ha appena pubblicato i dati del 2016 secondo cui la bilancia dell'import-export di oro di Cina e India è attiva per 296 e 162 tonnellate, ma la Germania ormai le incalza con 111 tonnellate. Si tenga presente che un Paese paragonabile alla Germania, cioè la Francia, nel 2016 ha avuto una bilancia dell'oro negativa di 4 tonnellate. E la stessa Germania nel 2007, cioè prima che esplodesse la crisi finanziaria globale, era stata in attivo di sole 36 tonnellate.
Attenzione, questi numeri riguardano l'oro fisico, ma a essi va aggiunta la mole degli strumenti finanziari basati sul metallo giallo. Inoltre l' afflusso di oro in Germania è rafforzato dal rientro delle riserve auree che la Bundesbank possiede in vari Paesi stranieri: si trattava in origine di 3374 tonnellate, metà delle quali sono già state fatte rientrare dal 2013 al 2016 e l' altra metà lo farà da qui al 2020.
Perché succede tutto questo? Il fatto è che i tedeschi non hanno della loro economia quell'immagine inossidabile che ne hanno gli stranieri. I tedeschi si sentono insicuri. Il male nazionale, che compare anche nella loro letteratura, si chiama «Angst», cioè ansia, angoscia, come condizione esistenziale che in altre epoche storiche magari era giustificata, ma adesso (forse) è un po' eccessiva.
In Germania sia le famiglie, sia gli investitori istituzionali cercano di collocare i loro capitali in oro per via dei tassi negativi della Bce (però negli altri Paesi dell'euro questo non avviene nella stessa misura) e anche perché, in ricordo degli Anni 20, temono l' iper-inflazione che potrebbe scaturire da tanta moneta stampata in Europa da Mario Draghi. Esagerano, con la loro Angst? A guardare le cose da fuori si direbbe di sì. Ma l' economia non è una scienza esatta, e nelle dinamiche finanziarie la psicologia conta quanto la matematica.
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