DAGOREPORT – TOH! S’È APPANNATA L’EMINENZA AZZURRINA - IL VENTO DEL POTERE E' CAMBIATO PER GIANNI…
Daniele Autieri per “la Repubblica”
Il bunker è invisibile. Il bunker è inaccessibile. Il bunker salva le vite dei ragazzi. All' ospedale Bambino Gesù di Roma, una delle eccellenze mondiali nella medicina pediatrica, nessuno lo chiama così, ma tutti sanno che il "reparto di neuropsichiatria infantile e adolescenziale" è un mondo a sé, pensato e costruito per strappare i ragazzi dal rischio di fare del male a se stessi e agli altri.
Nei giorni in cui l' Italia piange la bambina morta a Palermo dopo una presunta challenge ingaggiata su TikTok e si interroga sulla minaccia dei social e sugli effetti che il lockdown avrà sui ragazzi, quella del Bambino Gesù è una storia di speranza e di riscatto.
Una storia scritta prima di tutto dai numeri che fotografano un' emergenza: da ottobre ad oggi, nel reparto dell' ospedale romano, i ricoveri sono aumentati del 30%, con un' occupazione del 100% dei posti letto, contro la media del 70% registrata nei mesi precedenti.
Guardando più indietro nel tempo, i ricoveri di ragazzi che avevano tentato il suicidio sono passati dai 12 del 2011 ai 300 del 2020.
Il disagio esiste e cresce, alimentato dall' isolamento obbligato degli ultimi mesi, ma le cure funzionano, anche quando diventano terapie d' urto. All' inizio è inevitabile la somministrazione di farmaci, necessari per casi così gravi, ai quali si accompagnano gli incontri con gli psichiatri, che tengono in cura i ragazzi anche una volta usciti. «Quando è arrivata qui, Ania si era procurata tagli così profondi da morire dissanguata - racconta Maria Pontillo, una delle dottoresse impegnate nel reparto - ma passo dopo passo ne è uscita. La continuo a vedere una volta alla settimana, per i colloqui; ha un ragazzo e si è rifatta una vita ».
Il ricovero è solo temporaneo, al massimo nove giorni, al termine del quali inizia un percorso di recupero guidato dagli psichiatri dell' ospedale. Ma il viaggio inizia dal "bunker": porte antifuga, letti, armadi e comodini ancorati a terra, soffioni della doccia incassati nel soffitto, sanitari in acciaio. «I sanitari in acciaio sono stati adottati dopo che un paziente ha rotto un lavandino in ceramica e con una scheggia ha minacciato gli infermieri ».
La testimonianza è quella di Stefano Vicari, il medico responsabile del reparto dove si lavora sette giorni su sette, giorno e notte, per evitare che i giovani pazienti si tolgano la vita.
«Ieri pomeriggio - racconta - abbiamo ricoverato due ragazzi che avevano tentato il suicidio. Da quando è iniziata la pandemia il numero di ricoveri è aumentato a dismisura. La prima cosa che facciamo quando i ragazzi arrivano da noi è togliere loro i cellulari».
Farsi del male è facile, più facile di quello che sembra. Ecco perché nel reparto ci sono telecamere in ogni stanza e i battenti delle porte sono tagliati in modo obliquo, evitando che qualcuno possa pensare di incastrarci dentro un lenzuolo e tentare cosi di impiccarsi.
Nessuna fantasia, ma esperienze mutuate su quanto accaduto e sulle indicazioni della Joint Commission International, la commissione internazionale di esperti che riconosce patenti di eccellenza in giro per il mondo. I loro rappresentati hanno visitato anche questo luogo incredibile, dove c' è spazio per 8 posti letto, tutti occupati da minorenni, casi estremi, che arrivano dal pronto soccorso o da una stazione di polizia, ma sempre accompagnati dai genitori.
Al piano terra del Padiglione Ford entra il dolore più fragile: una ragazza che ha decapitato un gatto promettendo che avrebbe fatto lo stesso con un essere umano; un bambino di dieci anni con tendenze suicide; una adolescente che si è tagliata il braccio fino allo svenimento. «Il dolore fisico - spiegava ai medici che l' avevano in cura - mi aiuta a non sentire il dolore che ho dentro».
Il "bunker" non è vita, è sospensione momentanea, parentesi da chiudere in fretta. I ricoveri sono un tuffo nell' acqua gelata, ma il messaggio che arriva è semplice e diretto: una via di fuga esiste, per tutti, anche per i più piccoli. «Appena una settimana fa - racconta Vicari - sono arrivati i genitori di un bambino di 10 che esplodeva in accessi d' ira ogni volta che tentavano di staccarlo dalla consolle elettronica. Era diventato ingestibile per loro ».
Per lui, come per gli altri, oltre agli incontri riservati con gli psicologi si tengono gruppi di ascolto, esercizi teatrali e i giochi di ruolo.
Un giorno i pazienti si sono travestiti da medici e i medici da pazienti.
Uno dei dottori improvvisati allora si è avvicinato a un "paziente", ha indicato un pertugio dietro la cassettiera e gli ha sussurrato all' orecchio: «Se vuoi nascondere bene qualcosa, la devi mettere lì dentro ». E tutti hanno sorriso.
In fondo lo insegnava anche Pirandello: non vestiamo tutti i panni di qualcun altro?
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